1665 ENNIO BISPURI (IIC BUENOS AIRES): PER L'INSEGNAMENTO DELL'ITALIANO CI VUOLE UNA RIVOLUZIONE

20060624 10:04:00 webmaster

BUENOS AIRES Tribuna ItalianaEminotizie

L’Istituto Italiano di Cultura di Buenso Aires deve impegnarsi di più sul fronte dell’insegnamento della lingua italiana. È quanto dichiarato dal direttore dell’IIC, Ennio Bispuri alla Tribuna italiana, settimanale edito a Buenos Aires diretto da Marco Basti. Da esperto qual è, visto che negli ultimi anni è passato per gli IIC di Mosca, Santiago del Cile, Stoccarda, Algeri e Colonia, Bispuri parla delle potenzialità dell’Istituto nonostante la scarsità delle risorse e di quali strade può percorrere la promozione della nostra cultura all’estero a cominciare dal cinema e dal fatto che la capitale argentina ospiterà presto Sophia Loren.

"D. Il cinema italiano di oggi sembra attraversare una crisi. Fuori dall’Italia non si vende e poi non riesce a vincere nemmeno i premi nei festival internazionali, come avveniva una volta.
R. È un discorso molto complesso, sul quale varrebbe la pena quasi di organizzare un convegno. Intanto c’è un problema di mercato dominato dagli americani. E poi effettivamente bisogna riconoscere che il grande cinema italiano degli anni ‘60 è stato un momento straordinario, ora, invece, siamo in una fase storica in cui il cinema italiano è meno importante anche se abbiamo dei grandi registi come Mazzacurati, Virzì, Emilio Chiesa e i big come Scola.
D. Perché non ci sono iniziative per fare coproduzioni con l’Argentina, o di altro tipo di collaborazione tra i due Paesi in campo cinematografico?
R. C’è l’iniziativa del festival di Pesaro di quest’anno, che sarà dedicato al cinema argentino, il che è un grande sintomo di interesse, di apertura di dialogo. Purtroppo quel che ci manca è uno statuto. Anche da parte italiana c’è interesse a questa apertura. Bisogna vedere se si riesce a far decollare questa collaborazione, che tra l’altro, è un campo che riguarda forse più specificamente l’ICE. Noi naturalmente diamo supporto dal punto di vista culturale. È un argomento sul quale l’Ambasciatore è molto interessato e sul quale abbiamo parlato a lungo. Inoltre stiamo cercando di far inserire nei programmi del canale Europa Europa, oltre ai classici italiani, anche film del nuovo cinema italiano. Intanto il 24 ottobre Sophia Loren sarà nella nostra città in occasione della firma ufficiale del gemellaggio tra la provincia di Roma e quella di Buenos Aires. Al Centro Cultural Recoleta sarà allestita una mostra che racconta la storia di questa donna così ammirata in tutto il mondo e che dimostra anche quanto è amata in tutti i Paesi. Attraverso la sua storia viene ricostruita la storia degli italiani dal dopoguerra ad oggi. La sua presenza qui ci riempirà di gioia.
D. Quali altre iniziative ha in programma per quest’anno l’IIC?
R. Insieme ai colleghi (due addetti e sette contrattisti tutti molto bravi, tengo a sottolineare che siamo un’equipe che lavora insieme con grande impegno), organizzeremo la Settimana della Lingua Italiana a ottobre, che quest’anno sarà dedicata alla gastronomia – secondo il taglio che ha dato il Ministero – con una bella mostra, degustazione di cibi italiani. Sappiamo tutti come italiani, che dalla Val d’Aosta alla Sicilia siamo imbattibili e tutto il mondo ci invidia la nostra cucina. Poi ad ottobre avremo il Festival dei Diritti umani, cui seguirà la visita del regista Mario Monicelli. A settembre, invece, Salta ospiterà il convegno annuale sul restauro organizzato insieme al Governo della Città di Buenos Aires.
D. L’IIC ha come missione la diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero. Lei è stato a Barcellona, ad Algeri, a Mosca e in altre sedi. Che differenza c’è fra l’azione che deve svolgere l’IIC qui a Buenos Aires dove c’è una grandissima comunità italiana e mettiamo Mosca dove credo che non ci siano tanti italiani?
R. È chiaro che è diverso. Noi ci troviamo in una città che ha delle radici italiane incalcolabili, lo si vede bene camminando per le strade. I primi mesi li ho dedicati con grande energia a camminare per la città, a metabolizzare la città, a capire i centri forti di elaborazione culturale. La presenza degli italiani, così massiccia, è stata portatrice della nostra cultura. Quando proponiamo una iniziativa, ci ringraziano, ci abbracciano, si emozionano. Qui ci sono delle persone che non sono più tornate in Italia e quindi hanno una idea anche approssimativa dell’Italia, idealizzata. Quindi quando noi facciamo una mostra ad esempio sul cinema, vedono un’Italia che non conoscono. Così, la nostra funzione di operatori culturali è quella di far ritornare queste radici a contatto con l’Italia di oggi.
D. E come fa l’IIC in una città come Buenos Aires che ha una offerta culturale molto vasta a farsi notare o a far notare il suo prodotto che è la cultura italiana?
R. Ecco, la sfida è enorme. Io non voglio piangere, però i mezzi economici di cui disponiamo non sono adeguati. Potremmo fare molto di più se avessimo un sostegno economico più serio.
D. Si può fare un confronto tra quanto assegna l’Italia a questo settore e quanto assegnano altri Paesi?
R. Io faccio il confronto con francesi e tedeschi che dedicano molte più risorse. L’Italia è il Paese che ha il maggiore bacino culturale. Il sessantacinque, settanta per cento del patrimonio culturale dell’umanità è depositato in Italia. Dagli etruschi ad oggi, sono tremila anni che produciamo cultura. Altri popoli hanno avuto momenti di grande splendore e si sono spenti. Noi produciamo cultura ininterrottamente da tremila anni. Allora qual è il problema? Siamo il più grande Paese, a livello culturale, del mondo. Ma la gestione economica di questo patrimonio è rachitica. Mentre altri paesi che non hanno neanche un centesimo del nostro patrimonio culturale, hanno invece una visione politica straordinaria, hanno mezzi finanziari. Se noi avessimo lo stesso sostegno economico che ha la Francia, per la lingua, la cultura… Ricordo che quando ero in Spagna organizzavo corsi di lingua italiana e avevo quasi mille studenti in un semestre e pagavano 330 euro per fare le lezioni di italiano. L’Istituto incassava quasi ottocentomila euro. Con questi fondi, quante cose si potevano fare!
D. Ma qui trecento trenta euro a testa per i corsi di italiano se li sogna…
R. Appunto, sono arrivato qui dove il tenore di vita è diverso e certo si può immaginare che per fare un corso bisognerebbe riscuotere molto meno. Tra l’altro quello economico è un discorso tecnico. Ma qui abbiamo la Dante Alighieri, ci sono le Università, anche se manca una istituzione di base che promuove l’italiano. È una situazione che va risolta. Stiamo tentando di rilanciare i corsi di italiano. So benissimo che non ci ricaviamo niente dal punto di vista economico, ma m’interessa che sia chiaro che è l’Istituto che promuove i corsi di italiano. Questo è il punto.
D. Ma qual è l’obiettivo? Perché c’è già la Dante, ci sono altre strutture dove viene insegnato l’italiano…
R. Il problema, devo dirlo, è che l’Istituto in tutto il mondo è l’istituzione numero uno. C’è il Ministero degli Esteri che fornisce professori madrelingua, laureati, che sono in grado di dare insegnamento vero della lingua italiana. Io non critico nessuno, ma ci sono insegnanti che non sono laureati, saranno anche bravi, ma garanzie non ne abbiamo. Questa è una rivoluzione complicata, ci vogliono anni, non pretendo tanto, ma qualcosa vorrei fare. Se l’Istituto, che è l’ente numero uno, che è una emanazione del Ministero degli Esteri, fornisce un servizio altamente qualificato di corsi di lingua, con professori madrelingua laureati, con l’esperienza contrastiva delle due lingue, allora chi si scrive sa che apprenderà l’italiano senza errori. In sostanza, è una lotta enorme, richiede sforzi, ma prendere coscienza di questo è già qualcosa. Insisto: non voglio denigrare nessuno né tanto meno la Dante Alighieri che fa benissimoil suo lavoro. Però trovare che qui l’Istituto, che in tutto il mondo è considerato come il British per l’inglese, un punto di richiamo per l’insegnamento della lingua, non è protagonista sul fronte dei corsi mi sembra un problema molto serio. Ripeto, è un problema che non può essere risolto immediatamente, anche perché si tratta anche di un problema economico, perché non ci sono soldi.
D. La struttura edilizia è sufficiente?
R. Purtroppo ha degli inconvenienti, a cominciare dal fatto che si trova al terzo piano, con un ascensore piccolo. Ci sono bellissime sedi dell’IIC a New York, a Colonia, a Budapest. Questo francamente è proprio modesta e mi stupisce perché è la città più importante del mondo come presenza italiana".

 

 

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