1685 Messico al voto: la chance della sinistra, l'ombra di Bush

20060702 13:16:00 webmaster

Maurizio Chierici (da l’Unità)

Il Messico vota il nuovo presidente, scelta che può cambiare la geografica politica latino americana. Se sul giardino di casa dovesse sventolare una bandiera rosso-rosa la solitudine potrebbe trasformare alleanze e politica della Casa Bianca. Wall Street sembra rassegnata ma non rinuncia alla speranza. Rassegnata che Lopez Obrador, 53 anni, ex governatore di Città del Messico diventi presidente con la sua sinistra rivoluzionaria sciogliendo la devozione che la destra di Fox ha recitato senza veli:

quell’appiattrisi sulla politica della Casa Bianca con appena qualche ritrosia a proposito del muro lungo 3180 chilometri, sogno reganiano resuscitato da Bush figlio per contenere l’emigrazione clandestina. 500 mila messicani ogni anno attraversano il Rio Grande metà con le carte a posto; metà rischia la vita pur di diventare cicanos, sempre braccia senza diritti ma l’illusione di una vita normale sembra a portata di mano. Gli Usa si difendono militarizzando il confine e non è tutto: stanno dando via libera a rangers volontari organizzati nella caccia ai clandestini.

A dispetto della sigla del Partito Democratico Rivoluzionario, André Manuel Lopez Obrador ( nell’incanto popolare, Amlo ) non promette traumi. Il suo movimento ripiega su un nome consolatorio: Per il Bene di Tutti. E la semplicità dello slogan che distribuisce alle piazze raccoglie l’entusiasmo di chi si era rassegnato a non votare: «Non mentire, non rubare, non tradire». Per capire com’è ridotto il Messico, la giaculatoria sembra un’esplosione. E l’astensione che tre anni fa aveva superato il 58,32%, si sta riducendo a favore di Amlo. Contadini senza contratto, minatori con vita da anime morte, taxisti abusivi ( 23 mila maggioloni verdi solo nella capitale ) e insegnanti mescolati agli scioperi di ragazzi disoccupati e intellettuali vergognosi del disfacimento dello stato, insomma, più di metà del Paese fa sapere di voler credere per l’ultima volta alle ultime promesse.

Ecco che Lopez Obrador guida con 5 punti di vantaggio, previsioni fragili fino all’ultimo minuto, proprio perché i grandi capitali fino all’ultimo minuto non si daranno pace anche se Wall Street annuncia un futuro senza traumi: Amlo al potere non cambierà i buoni rapporti tra i due Paesi. Gli investitori non devono temere. Ma la speranza che la destra di Felipe Calderon continui l’obbedienza di Fox allungando di altri 6 anni il governo di destra del Pan, è tutt’altro che trascurata. Cascate selvagge di spot: nessun Paese al mondo ha mai speso tanto per la propaganda elettorale. Per convincere 71 milioni di elettori, i partiti messicani hanno versato 52 milioni di dollari nelle più importanti catene televisive, Tv Azteca e Televisa mentre il governo Fox sotto la voce misteriosa di «comunicazione elettorale» mette a bilancio 1 miliardo e 200 milioni di dollari.

Cinque mesi fa mentre la campagna si stava accendendo, il presidente Fox ha sbadatamente firmato una legge («letta in fretta, mancando il tempo» ) con la quale si attribuisce a Televisa il quasi monopolio delle sequenze radio Tv. Non solo Televisa gli è vicina politicamente, ma fra i soci figura una bella signora, regina della birra, da poco sposata all’ambasciatore Usa, texano, compagno di scuola e di partito di Bush. Quasi una storia dell’ ex Italia di Gasparri- Berlusconi.

Una certa parte dei 20761 annunci tv e dei 108 867 ritornelli radiofonici trascura i programmi preferendo gli insulti. E l’insulto degli insulti é la trasformazione di Lopez Obrador in Chavez. La destra non si arrende alla censura del comitato elettorale, non cancella e insiste fino allo scadere della campagna nell’impastare le parole di pace di Amlo con «le promesse di guerra» di Chavez ormai spaventapasseri di ogni campagna presidenziale del continente. Appare nei montaggi televisivi mentre distribuisce «armi al popolo, invitandolo ad attaccare gli Usa». Voce di sottofondo ammonisce: « volete che il Messico torni in guerra contro gli Usa?».

A questo punto i discorsi pratici di Lopez Obrador impegnati a programmare «contratti regolari ai lavoratori dipendenti», distribuire energia, far leva su educazione e sanità pubblica ed assicurare «una giustizia imparziale e non ripiegata sui notabili di turno»; questa concretezza, lascia spazio agli insulti di risposta. Destra fascista al guinzaglio dei grandi capitali nazionali e internazionali. Il contrattacco coinvolge il cognato scomodo di Calderòn. Quand’era ministro dell’energia del governo Fox, questo avvocato di 44 anni, sconosciuto fino a un anno fa, fa le prove di come può governare un presidente: assegna al cognato appalti miliardari dribblando le normali procedure, ma il cognato esagera nell’impunità. Non denuncia il guadagno di milioni di dollari e taglia le gambe alla campagna presidenziale di Calderòn.

Corruzione, abuso di potere, evasione fiscale. In un lampo Lopez Obrador riguadagna la testa nei sondaggi. Borsa e grandi imprese cominciano a rassegnarsi anche se i giochi di prestigio delle elezioni messicane improvvisano strane sorprese.

 

 

1685-messico-al-voto-la-chance-della-sinistra-lombra-di-bush

2470

2006-2

Views: 2

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.