1660 FORMAZIONE PROFESSIONALE ALL'ESTERO: IL PENDOLO DEL MINISTERO DEL LAVORO

20060623 17:57:00 webmaster

Con frequenza pluriennale il Ministero del Lavoro pubblica il bando per gli interventi di formazione destinati ai connazionali all’estero nei paesi extracomunitari; a distanza di anni, pubblica la graduatoria dei progetti approvati e il decreto di finanziamento; alcuni giorni fa è stato pubblicato l’ultimo decreto a distanza di circa 6 mesi dall’approntamento della graduatoria del comitato di valutazione; sono però trascorsi 6 anni dall’ultimo bando emesso (del 2000) e quattro anni dall’ultimo decreto di finanziamento che era del 2002.

La frequenza – scandalosa – di emanazione dei bandi fa sì che si siano accumulate 5 annualità di mancata spesa per questi interventi che dovevano provvedere a sostenere la qualificazione e riqualificazione finalizzata all’occupazione dei nostri giovani connazionali in emigrazione, in particolare nei paesi in cui i sistemi formativi locali non forniscono adeguate opportunità, o in quelle aree del mondo in cui la marginalità sociale tra le nostre collettività è crescente.

L’accumulo di risorse dovrebbe aggirarsi intorno ai 100 milioni di euro, forse 110, se è vero che nel 2001 il Min-Lavoro aveva a disposizione un residuo mai utilizzato (a meno che non sia stato utilizzato per altre finalità) che derivava da fondi relativi all’esercizio FSE 1996-2000, durante il quale tali interventi erano possibili anche in paesi UE.

Detratti i fondi stanziati con il decreto interministeriale relativo all’Avviso 1/2004, pari a 26 milioni di Euro, restano dai 75 agli 85 milioni euro che l’amministrazione del Ministero del Lavoro continua a tenersi in cassa e che invece andavano spesi nel periodo del quinquennale governo di centro destra.

Il Governo Berlusconi, con un Ministro Tremaglia interamente dedicato agli italiani nel mondo, ha investito in questo settore una cifra pari a zero.
Il precedente Bando 2002, si avvaleva infatti di fondi relativi all’annualità 2000, stanziati cioè dal precedente governo Amato.
Viste le difficoltà finanziarie dell’attuale Governo, non vorremmo che qualcuno stia pensando che tali fondi, che spettano alle collettività italiane nel mondo, possano essere ricompresi nella politica di tagli e risparmi che il Ministro Padoa-Schioppa si appresta a formulare: sarebbe un vero e proprio scippo continuato dopo quello operato da Maroni e dai suoi sottosegretari.

Quindi occorre acquisire subito da parte dell’attuale Ministro del Lavoro, Damiano e da parte del Viceministro Danieli, l’impegno che tali fondi per ora accantonati, siano spesi a partire dall’anno in corso per le finalità previste.

Nel frattempo occorre ricordare che la gestione di quest’ultimo bando che va ora a finanziamento per 26 milioni di Euro, è stata indecente; nell’autunno scorso avevamo già fatto presente (e il CGIE le aveva fatte proprie) tutte le perplessità derivanti da una serie di incongruenze ed incoerenze nel modo in cui la Direzione Generale per le politiche per l’orientamento e la formazione aveva agito, nominando un comitato di valutazione i cui membri risultavano essere completamente all’oscuro delle specifiche situazioni del mercato del lavoro nei diversi paesi, un comitato di valutazione che aveva del tutto ignorato i pareri, pur non vincolanti, dei Comites e dei Consolati, come peraltro esplicitamente si ammette nella graduatoria pubblicata a dicembre (Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 Dicembre 2005), quando si dice che i pareri consolari sono stati presi in considerazione solo dopo la valutazione effettuata dal Comitato di valutazione e che da essi non sono “risultati elementi obiettivi idonei a sovvertire le conclusioni cui è pervenuto l’organo collegiale tecnico incaricato da questa Amministrazione (Min-Lavoro) della valutazione”. E’ quindi un dato che la valutazione dei progetti ora finanziati è stata effettuata prescindendo del tutto dal parere dei Consoli i quali però sono gli unici –almeno potenzialmente- in grado di dire se un progetto è o meno adeguato alle esigenze di una singola circoscrizione consolare, dei cittadini italiani che vi vivono e delle prospettive di sviluppo dei mercati del lavoro locali.
I pareri cioè, non erano stati visti per niente; solo dopo la tumultuosa audizione della Dott.ssa Marincioni presso il CGIE, erano stati velocemente recuperati, deducendone però, appunto, che dalla loro posteriore lettura “non erano risultati elementi obiettivi idonei a sovvertire le conclusioni cui è (era già) pervenuto l’organo collegiale tecnico incaricato da questa Amministrazione (Min-Lavoro) della valutazione”.
Ovvero, non c’erano più i tempi, o la disponibilità del Presidente della Commissione di Valutazione e degli altri componenti, di riprendere in mano le carte e ragionarci sopra con più attenzione soprattutto rispetto al contesto in cui questi interventi dovevano realizzarsi e alla natura degli enti attuatori.
Era stata fatta cioè una valutazione essenzialmente “estetica”, analogamente a quanto avviene per le opere letterarie.

A gennaio ricordavamo che la questione appare di una certa delicatezza poiché, sulla base del Protocollo d’Intesa tra Ministero del Lavoro e Ministero degli Affari Esteri del 24/07/2000, i singoli Consoli sono responsabili del monitoraggio e del controllo del reale svolgimento dei progetti, ed appare alquanto singolare che solo per tali funzioni siano ritenuti “obiettivi ed idonei”, mentre i loro pareri sui progetti, siano ritenuti “non in grado di sovvertire” valutazioni già effettuate, quindi non degne di considerazione (seppure non vincolante).
Nelle silenziose strade delle relazioni interministeriali non ci è dato sapere (e supponiamo che neanche il CGIE ne sia al corrente) quali reazioni e a che tipo di nuovo accordo (se mai ci si è arrivati) si sia approdato tra MAE e Min-Lavoro. Ed anche questo dà un’idea di quale attenzione si presti ai processi di partecipazione nelle scelte (previste per legge) e alla trasparenza.
Magari sarà accaduto che il MAE, strutturalmente a corto di mezzi, ha acquisito una risorsa ad hoc per il monitoraggio e per l’attività di controllo amministrativo-contabile. E con ciò si è acquietato. E’ solo un’ipotesi, ma potrebbe spiegarne il prolungato e inopportuno silenzio.

Tornando alla valutazione bisogna anche ricordare che neanche è stata tenuto nella minima considerazione il notevole e costoso lavoro di valutazione ex-post fatto dell’OIL per conto del Ministero del Lavoro sugli ultimi progetti realizzati. Solo uno dei soggetti che comparivano tra i migliori attuatori dell’ultima serie di progetti (quelli del 2002-2003) riceverà una nuova convenzione di affidamento in quest’ultimo bando.

Quindi il risultato finale è che tra gli enti che godranno delle convenzioni di affidamento, non c’è quasi traccia di organizzazioni e strutture realmente insediate all’estero o che possano vantare consistenti e positivi curricula storici di attività a favore dei connazionali, piuttosto la grande maggioranza è costituita da nuove organizzazioni che paiono più specializzati nel fornire sostegno alla delocalizzazione di medie imprese o di pezzi di distretti industriali che agiscono sulla base di accordi ed obiettivi precostituiti e che perciò necessitavano di finanziamenti ad hoc.
Ma per tali necessità, non ci sono i finanziamenti del Mincomes, o quelli –annuali- alle Camere di Commercio, o le garanzie della Sace ?

Verrebbe da dire che la risorsa emigrazione si sta rapidamente trasformando in risorsa per altri e non per se stessa, e questo sarebbe uno dei peggiori esiti per la storia e l’impegno di decenni dell’emigrazione organizzata. La quale invece, ed è un paradosso, viene riconosciuta sempre più nei paesi di residenza, dove diversi enti e strutture di servizio in questo settore hanno acquisito riconoscimenti e i cui interventi costituiscono modello di buone prassi da replicare nelle politiche attive di integrazione sociale e lavorativa non solo per gli italiani ma per tutte le collettività migranti.
In Italia, invece, si corre il rischio che la recente ascesa all’onore delle cronache degli italiani nel mondo, favorisca la proliferazione molto strumentale di soggetti con finalità diverse da quelle auspicabili.
Tra queste anche diverse strutture pubbliche (nazionali, regionali e anche internazionali) la cui urgenza è più che altro quella di finanziare parte dei loro organigrammi interni.

Ad onor del vero bisogna dire che una situazione simile a quella di cui si parla si era già creata 8 anni or sono; fu solo a fronte di una forte denuncia politica che alla fine del precedente quinquennio il pendolo del Ministero del Lavoro si riposizionò su un equilibrio apprezzabile.
Sarà il caso che stavolta lo si fermi, definitivamente, nella posizione giusta: quella che discende da una discussione davvero partecipata con i rappresentanti delle comunità, con gli enti, con chi esprime saperi e competenze reali, con quelle istituzioni che possono garantire, sulla base di un’ampia consultazione sulle caratteristiche delle realtà locali e dei fabbisogni dei giovani e dei lavoratori , oggettività di valutazione e giudizio.

Come si vede, c’è dell’interessante materiale di lavoro per i nostri neo parlamentari e per il neo Viceministro.

Rodolfo Ricci
(Segretario gen. FIEI)

Roma, 22.06.2006

 

 

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