1727 PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI: sui metodi e sulle priorità del governo per gli italiani all’estero

20060709 15:36:00 webmaster

PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI: sui metodi e sulle priorità dell’azione di governo per gli italiani all’estero.

Sono trascorsi tre mesi dalle elezioni politiche. L’elezione dei Presidenti delle Camere, del Presidente della Repubblica, la consultazione sul referendum costituzionale, la rimodulazione degli assetti ministeriali, hanno certamente prolungato l’iter e i tempi di insediamento del Governo e l’approntamento delle prime misure di attuazione del programma.
Per quanto riguarda la definizione di deleghe e funzioni di governo relative agli italiani all’estero, i tempi sono stati ancora più lunghi per diverse ragioni.

Tuttavia sono ormai trascorsi i 100 giorni e ci troviamo ancora alla elencazione di alcune priorità, in un contesto politico reso estremamente difficile dalla necessità di rientrare nei vincoli di bilancio imposti dalla nostra appartenenza alla UE che il governo Berlusconi ha pericolosamente intaccato.

Nel frattempo, l’opzione per il Viceministro “con deleghe forti” al posto del Ministro senza portafoglio, che Prodi ha suggerito ed è riuscito ad imporre, non sembra aver prodotto particolari risultati innovativi: le deleghe del Viceministro Danieli risultano essere le stesse che egli gestiva nella funzione di Sottosegretario nell’ultimo governo di centrosinistra Amato, nel 1999-2000.

Nessun risultato è ancora stato raggiunto sulla questione fondamentale del coordinamento interministeriale che dovrebbe consentire l’armonizzazione e l’allargamento necessari ad una azione di governo realmente innovativa per gli italiani nel mondo, in grado di affermarne i diritti sostanziali e di valorizzare la risorsa che rappresentano sia sul versante culturale, sociale ed economico per l’Italia e per le nuove opportunità di cooperazione globale.

Il fronte dell’Unione, che aveva gestito per la verità in modo molto referenziale, la fase finale della campagna elettorale pur con ottimi risultati, ma con scarsissima considerazione per le rappresentanze sociali che quel risultato hanno determinato, appare abbastanza disgregato, non tanto per mancanza di volontà dei rappresentanti dei partiti che vi sedevano, quanto per le direzioni centrali dei diversi partiti, che, sia a sinistra che a destra, hanno dimenticato rapidamente le loro stesse affermazioni fatte sull’importanza degli italiani all’estero per il Paese Italia; la cosa appare ancora più preoccupante quando questo oblìo prende piede nel centrosinistra, che dal voto degli italiani all’estero è stato legittimato come coalizione di maggioranza.

In questa situazione resa opprimente dal caldo tropicale o sahariano che ha invaso lo stivale, le estemporanee ed improvvisate uscite di diversi esponenti politici e di governo, sulle presunte priorità e sui presunti impegni decisivi per gli italiani nel mondo, lasciano un po’ di stucco:

nessuna occasione di discussione e di serio approfondimento è stata ancora messa in agenda dal Governo. La consultazione con i parlamentari eletti (che da molti viene indicata –erroneamente- come un toccasana risolutivo della strutturale carenza di partecipazione attiva e di controllo sulle scelte da fare) è stata e continua ad essere saltuaria e viene attivata solo quando emergono problemi.

In realtà i parlamentari sono ancora alle prese con un presumibile lungo iter di costruzione e riconoscimento della propria soggettività dentro il Parlamento e in mancanza di un’azione di sostegno effettivo delle forze sociali di riferimento, rischiano di vagare in un limbo intricato come un labirinto.

Verso queste forze (associative, si servizio, ecc.), non è ancora emersa nessuna azione propositiva di concertazione da parte governativa. L’errore continua ad essere quello di ritenere l’associazionismo come una cinghia di trasmissione di qualcosa che non c’è più.

E l’altro errore è quello di considerare che le forze che si sono battute per il cambiamento e per l’affermazione del centrosinistra all’estero, siano per forza di cose comprensive ed ancellari.

Ma l’ultimo e più grave errore consiste nel ritenere che nella ristretta configurazione dell’organigramma di governo sul questo versante (composto essenzialmente da funzionari del MAE) siano presenti le risorse e le competenze sufficienti a costruire programmi, percorsi e a risolvere i problemi.

Lo staff dei funzionari è lì da tempo immemorabile e si riperpetua in tutte le configurazioni di governo. Ed è evidente che l’obiettivo precipuo che accomuna i suoi componenti è, più che altro, il mantenimento di uno status che riconduca all’Amministrazione degli Affari Esteri tutto lo scibile sugli italiani all’estero. Anche in questa chiave va letta la cancellazione –orientata- della figura del Ministro degli Italiani nel Mondo.

Nelle priorità indicate dal Viceministro Danieli nella sua audizione al Senato sono presenti alcune cose importanti e sono assenti decine di cose importantissime: queste ultime sono assenti anche perché i funzionari degli esteri (ma evidentemente non solo loro), nel migliore dei casi le ignorano, nel peggiore operano una prassi di spostamento lacaniano.

Il fatto poi, di non poter spendere, anzi di dover risparmiare su tutto, rendo il quadro complessivo molto rischioso.
Così che quel minimo di discussione a cui si assiste è imperniato ed interno agli stessi temi su cui il CGIE (peraltro ancora inattivo) discute da anni senza cavare un ragno dal buco.
Cioè, siamo indietro nel tempo, ancora dietro la non encomiabile demagogia su cui Tremaglia ha costruito il suo quinquennio.
Ma nel frattempo c’è stato il voto, la vittoria dell’Unione e una maggioranza che poggia sul risultato del voto all’estero.

Chi pensa di avere in mano tutte le chiavi e di poter agire tranquillamente in uno scenario silente, sbaglia. C’è chi ha lavorato intensamente e messo in gioco la propria faccia per la vittoria dell’Unione. La comunità attendono di vedere e di apprezzare i risultati visibili del Governo di centrosinistra e chiederanno conto a coloro per cui hanno votato e alle forze sociali che hanno sostenuto l’Unione. Alle collettività interessa molto relativamente il funzionamento o la riforma del CGIE o dei Comites. Ed anche la questione, pur importante delle modalità del voto, rientrano in una fascia di problemi istituzionali o paraistituzionali che interessano più l’Italia che gli italiani all’estero. In modo analogo la questione degli Istituti di Cultura, che peraltro esula dalle competenze del Viceministro.
E’ bene chiedersi nuovamente: quali sono state e quali sono le rivendicazioni e i fabbisogni dei 4 milioni di italiani nel mondo, cioè delle persone in carne ed ossa ?

Prima che sia troppo tardi, è bene che si inauguri –senza attendere l’autunno- una pratica di concreta, sostanziale e continua concertazione con le forze sociali e di reciproco approfondimento dei problemi, delle opportunità, delle priorità.
Il segnale (molto negativo) del voto referendario è inequivocabile; ove non si sarà in grado di dimostrare risultati effettivi, non solo le collettività genericamente intese, ma soprattutto le espressioni democratiche dell’emigrazione organizzata avranno scarso entusiasmo ed oggettive difficoltà ad attivarsi.

Rodolfo Ricci
(Segretario generale FIEI)

 

 

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