1799 Intervista all’on Francesco Caruso di PRC

20060725 12:36:00 webmaster

di Salvatore Viglia

La Costituzione non si cambierà, lo ha decretato il refendum

C’è una tendenza a preservare, conservare quelli che sono i valori comuni e condivisi della Costituzione malgrado le tentazioni di qualche gruppo come la Lega nord che pensa di anteporre l’interesse particolare all’interesse generale.

E’ d’accordo con la posizione del governo sulla politica estera, per esempio Iraq ed Afganistan?

La politica estera è qualcosa di molto complesso. Circoscrivere il problema all’Iraq ed all’Afganistan, significa non accorgersi che nel mondo ci sono 132 conflitti che insanguinano ogni giorno la terra, dalla striscia di Gaza passando per la Columbia. In ballo c’è la vita di milioni di persone. E’ chiaro che sull’Iraq si è trovato un accordo decente. Sulla questione dell’Afganistan, credo che l’ipotesi della riduzione del danno che avanza il governo, sia un compromesso accettabile per la gran parte delle forze del centrosinistra. Vi è un problema morale. Io ho sempre manifestato contro la guerra. Per quanto mi riguarda, dal mio punto di vista etico e morale, nemmeno questo accordo della riduzione del danno, può essere convincente.

Questo silenzio è colpevole?

Sicuramente. C’è una forte responsabilità da parte dell’Occidente a porre l’attenzione solo dove ci sono gli interessi di geopolitica: petrolio, gasdotti. Dove questo non c’è o addirittura c’è addirittura in termini di saccheggio come avviene da secoli nei Paesi dell’America Latina e dell’Africa, grandi responsabilità sono da attribuirsi anche alla comunità internazionale. Con il silenzio e l’indifferenza, nonostante che ogni giorno si registrino centinaia di morti, nessuno se ne preoccupa minimamente. Anche questo è sintomatico del dibattito politico. Muovo un’autocritica estendendola anche alle forze della sinistra radicale che stanno lì a discutere su 300 soldati in più o in meno da tenere in Afganistan, mentre ogni giorno si consumano tragedie umanitarie sparse in tutto il mondo.

Quali saranno i motivi di disaccordo, secondo lei, con il resto della compagine del centrosinistra per il prossimo futuro?

Già dai primi giorni, in queste prime settimane di legislatura, si avverte la sensazione di riscrivere, in corsa, gli accordi sui programmi stilati invece durante la campagna elettorale. Ci sono alcuni temi, vedi l’amnistia, la legge 30 sulla precarietà, la questione della guerra, sui quali i tentennamenti della parte moderata dell’Unione, non sembrano rispettare quello che, invece, era uno schema di lavoro condiviso e pacifico di una vera svolta rispetto a cinque anni fa del governo Berlusconi. Se si pensa di affrontare in questo modo queste problematiche, con tentennamenti ed ambiguità, credo che non andremo molto lontano.

In quali campi si sente decisamente distante dal programma del centrosinistra anche se lei lo ha sottoscritto?

Sulle scelte di fondo soprattutto per la incapacità di autocritica, per esempio sull’immigrazione. Si critica la Bossi-Fini ma non si ha il coraggio di criticare la Turco-Napolitano che è l’architrave delle politica segregazionista. Allo stesso modo, sulla legge 30 sulla precarietà, la si critica ma non si fa autocritica rispetto al pacchetto Treu che è quello che ha aperto le porte alla precarietà, alle forme di lavoro atipico. Avverto questo elemento di incapacità di fare autocritica che, secondo me, è lo scoglio maggiore da superare.

Trova che le istanze della gente siano sufficientemente rappresentate in Parlamento? Oppure il “palazzo” è solo una sorta di privilegi, del potere di pochi?

Sì, io ho paura che ci sia una discrepanza, uno scarto tra il Paese reale ed i disagi, i problemi di chi non riesce ad arrivare alla fine del mese, di chi non riesce a trovare un lavoro, di chi vive una condizione di precarietà, di disoccupazione, di devastazione ambientale, di disagio sociale ed un altro mondo separato, edulcorato, dorato che è quello dei palazzi del potere. Esiste questa differenza, è evidente ed è sotto gli occhi di tutti, basta fare una passeggiata per il Transatlantico per accorgersi di come la composizione sociale, il mondo e le problematiche non rispecchino la complessità del quadro sociale del nostro Paese.

E allora che si fa qua dentro?

Il problema è appunto cercare di ridurre questo scarto. Cercare di dare voce ai senza voce, cercare di eliminare questa dicotomia. E’ un compito difficile, non si risolve con la presenza di una o più persone. Credo che sia un lavoro che debba coinvolgere dall’ultimo quartiere dimenticato di Scampia della periferia di Napoli, fino alla Presidenza della Camera dei deputati. Schifo la disaffezione e la lontananza di quella che oggi è la politica, odio questa degenerazione. Bisogna rimettere al centro dell’attenzione, la partecipazione popolare, il protagonismo sociale diffuso, non certamente le alchimie dei palazzi, degli inciuci, dei compromessi. Questa è la strada. Essere agenti della trasformazione, dello stravolgimento delle forme tradizionali della partecipazione e della rappresentanza.

Si tratta di morale, etica, coscienza, politica, come mai i parlamentari, entrando qui dentro disconoscono, sapendo di disconoscere, tutto questo complesso di problematiche?

Non credo che si tratti di disconoscimento, se no non starei qui. Il processo che ha caratterizzato gli ultimi decenni, di autonomia del politico, ovverosia di una logica, di una dimensione della politica che autonomizza rispetto alle dinamiche reali, è il vero punto fondamentale su cui lavorare. Come riagganciare il sociale alla politica. In questo senso il tentativo di Rifondazione Comunista di reimmaginare il meccanismo di selezione anche nelle forme della rappresentatività e delle forme della rappresentanza politiche ed istituzionali. Credo che questa sia una sperimentazione avvincente. Oggi, per entrare in Parlamento o devi fare il portaborse, il lecca culo per anni, oppure, addirittura, qualcuno insinua che bisogna avere intraprendenza sessuale, o che ci sia una sorta di compravendita. La sfida è avvincente di mettere degli elementi di innovazione, persone che provengano dalle esperienze dei movimenti, dell’associazionismo, di chi, appunto, ha lavorato a volte anche contro le logiche dei partiti, delle segreterie, dei palazzi. E’ una sfida interessante con un punto interrogativo, non è che chi viene dalle esperienze dal basso, dal sociale, poi, non rimanga risucchiato e non diventi un ennesimo ulteriore professionista della politica. Questo non è dato per scontato, però, quanto meno si può provare a fare una sperimentazione, a vedere se si riesce a ricollegare la politica alla società.

Sembra che lei abbia avuto questo tipo di preoccupazione appena messo piede in Parlamento, la paura del contatto col denaro, la lusinga di questo tipo nuovo di vita.

Come mantenere non una integrità morale, ma la capacità di rimanere con i piedi per terra, non sganciato dalla realtà e, contemporaneamente, fare anche un lavoro politico istituzionale. Da questo punto di vista è ovvio che se tu, nella tua città, ti muovi correndo con la sirena e l’auto blu da una parte all’altra della città, ci impieghi 10 minuti, io preferisco muovermi lentamente, ci metterò anche un’ora prendendo l’autobus e la metropolitana e camminando a piedi. Anche la scelta di questa forma di mobilità urbana mi aiuta a mantenere i piedi per terra. Nell’autobus c’è dibattito politico e quindi ti accorgi dei disagi della gente, del problema di chi ogni giorno alle 7.00 del mattino deve stare stipato nella folla per andare a lavorare. Tutto ciò ti aiuta a percepire non solo il disagio del treno che non arriva, dello sporco, ma anche della vita sociale. Nella metropolitana ti trovi di fronte alla signora che si lamenta del caro spesa, perché, per esempio, il prezzo delle melanzane è raddoppiato ecc. Cose di cui i miei colleghi che, giustamente, non fanno la spesa, correndo da una parte all’altra della città con l’auto blu, non hanno la minima idea.

Ha avuto dei problemi appena entrato in Parlamento a causa della sua provenienza politica militante, radicale e di sinistra?

C’è stata una campagna di speculazione, di strumentalizzazione politica ai miei danni. Hanno cercato di costruirmi su misura l’aureola del mostro che, venendo qui, avrebbe lanciato la molotov e tirato fuori il passa montagna come diceva in ogni suo comizio Berlusconi. Tutte queste nomee si sono squagliate come neve al sole dimostrandosi per quelle che erano, squallide campagne di speculazione con l’intento unico di criminalizzarmi. Ma io li comprendo anche perché capisco chi vive in quella dimensione tra un’auto blu ed una suite. Ma anche il suo sottobosco, il fatto che dei giovani rampanti burocrati in carriera dicono di me: « ma guarda un po’, è mai possibile che viene questo. Che ha fatto nella vita? Ha sfasciato, bruciato ed ora diventa parlamentare?». La vedo anche come insofferenza personale perché io non ho mai sfasciato né bruciato città. Questo credo dipenda anche dalla incapacità di cogliere il mondo reale.

Molti aspettano che lei faccia una delle sua per far saltare il governo, darà questa soddisfazione?

Aspettano, che ne so, che lanci il regolamento in faccia a non so chi. Purtroppo, è dimostrato che sono molto più irresponsabili, irriverenti ed anche un po’ squallidi negli atteggiamenti quelli come i Malan, i senatori in giacca e cravatta per 24 ore che sembrano tanto delle brave persone. Invece, si rivelano per quello che sono: veramente degli irresponsabili.

Molti cominciano ad apprezzare la sua intelligenza.

Molti altri si ricrederanno. Mi succede anche con le persone “normali”. La campagna di criminalizzazione contro di me è stata capillare. Lo si vede anche sul treno, per esempio, una signora che ho incontrato in viaggio l’altro giorno mi ha detto: «Mamma mia! Io chi sa che pensavo…che mangiavi i bambini, ma tu sei proprio un bravo ragazzo, tu sembri proprio mio figlio, hai anche studiato, ma che vogliono da te?». Questa normale condotta umana, smaschera ulteriormente la mala fede.

Per smitizzare. Bertinotti vi denomina deputati, lo sa che Gerardo Bianco ha fatto una interrogazione parlamentare pretendendo che si continui ad usare l’appellativo di onorevole?

Veramente sono stato un giorno intero a discutere di questo, mi sono detto: «mamma mia, come stiamo messi male!». Ma veramente pensano che, con l’etichetta di onorevole, diventano per davvero persone onorevoli? L’onorabilità te la devi conquistare, non basta avere il titolo. Tanta gente si gratifica così, poi, magari, nei fatti, si è dimostrata niente affatto onorevole. Parlo di gente collusa, condannata per mafia, gente corrotta, c’è di tutto, altro che onorevoli. Io userei con molta parsimonia questo aggettivo. Non perché uno è deputato diventa necessariamente onorevole.

http://www.lideale.it/

 

 

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