1774 CITTA' DEL MESSICO: IN OLTRE UN MILIONE GRIDANO "NO ALLA MALEDETTA FRODE!"

20060717 21:56:00 webmaster

NO ALLA MALEDETTA FRODE!

Città del Messico, 16 luglio. È la manifestazione politica più grande della storia del Messico: un milione e mezzo di persone secondo gli organizzatori, un milione secondo la polizia. Come ai tempi della rivoluzione, quando le truppe di Villa e Zapata celebrarono a Città del Messico la vittoria contro l’usurpatore Vittoriano Huerta, un esercito di dimostranti (alcuni a cavallo) provenienti dai 31 stati della repubblica invade pacificamente la capitale del paese.

NO ALLA MALEDETTA FRODE!

Città del Messico, 16 luglio. È la manifestazione politica più grande
della storia del Messico: un milione e mezzo di persone secondo gli
organizzatori, un milione secondo la polizia. Come ai tempi della
rivoluzione, quando le truppe di Villa e Zapata celebrarono a Città
del Messico la vittoria contro l’usurpatore Vittoriano Huerta, un
esercito di dimostranti (alcuni a cavallo) provenienti dai 31 stati
della repubblica invade pacificamente la capitale del paese.
Verso mezzogiorno, la testa del corteo entra trionfante in Piazza
della Costituzione, mentre, una decina chilometri più indietro, la
coda aspetta pazientemente il proprio turno sulla avenida Reforma,
all’altezza del Museo di Antropologia. Alla fine, solo "pochi"
privilegiati –circa 300,000- riescono ad arrivare alla meta. Gli altri
occupano gran parte del centro di città del Messico, sedendosi
disciplinatamente per terra, oppure sopportando in piedi il caldo sole
di luglio (l’immancabile temporale si scatena solo a fine
manifestazione) ed accontentandosi di seguire gli avvenimenti su
enormi schermi che trasmettono i discorsi degli oratori. Non importa.
Tutti si sentono partecipi di questa II Assemblea informativa [la
prima si è celebrata sabato 8 luglio con la partecipazione di 500,000
persone].
Primo obiettivo raggiunto: è più che superata la fatidica cifra del
milione raggiunta nell’ormai lontano aprile 2005. Già allora, un
blocco formato dal partito di governo (il PAN), le banche, le
multinazionali, i trust della comunicazione, gli imprenditori, la
chiesa cattolica, i proprietari terrieri, ed il governo americano
aveva cercato di eliminare Andrés Manuel López Obrador per la via
degli impedimenti legali. La manovra fallì grazie alla mobilitazione
popolare, ma era solo l’inizio. Cominciò così la sporca guerra
radio-televisiva, il balletto delle inchieste truccate, le centinaia
di milioni di dollari investiti in spot pubblicitari calunniosi ed
infine una dichiarazione del presidente Fox che faceva presagire il
peggio: "non lo lasceremo vincere. AMLO è un pericolo per il Messico"
(La Jornada, 18 maggio 2006).
Ed il peggio venne sotto forma di una frode elettorale subdola e
spudorata. Non più (o non solo) i metodi artigianali del passato, ma
quelli, molto più efficaci, della manipolazione informatica e
dell’inganno cibernetico. Non più (o non solo) i cacicchi che
trafficano con le urne, ma rispettabili ingegneri che dallo schermo di
un computer fanno sparire centinaia di migliaia di voti a base di
prodezze algoritmiche.
Oggi è il solito, insopprimibile, fastidioso fattore umano che torna a
irrompere. "Non sei solo" tuona la moltitudine elettrizzata. "No alla
maledetta frode".
"Vogliono privatizzare tutto, anche l’abisso verso il quale sta
scivolando il popolo messicano", esordisce la presentatrice, l’attrice
comica Jesusa Rodriguez. Poi interviene donna Rosario Ibarra de
Pietra, la madre coraggio messicana, protagonista di mille battaglie
contro gli assassini di stato che esige all’esercito di non macchiarsi
con nuovi crimini. "Non dimentichiamo i massacri del passato," grida
con la voce rotta dall’emozione: Tlatelolco, Acteal, Aguas Blancas, El
Bosque, El Charco e, sotto questo governo, Atenco. Sono trent’anni che
lotto, non smetterò adesso."
La folla tace ed Eugenia León intona La Paloma, la vecchia canzone
rivoluzionaria delle guerriglie di Benito Juárez contro l’invasore
Massimiliano.
Carlos Monsiváis, la voce critica del Messico colto, se la prende in
primo luogo con i ritratti di Stalin che una setta marxista-leninista
(la stessa che accompagna Marcos e l’altra campagna) inalbera senza
vergogna. "Avete sbagliato piazza. Avete sbagliato secolo". E viene al
grano: "la destra vuole collocare la democrazia in borsa. Hanno
investito cifre inaudite nell’intento di preservare il potere. Hanno
seminato l’odio. Se vincono così, come governeranno? Calderón [il
candidato della destra] sottostima milioni di messicani. Neanche tutto
l’oro del mondo comprerà la nostra dignità. Non seppelliremo i nostri
voti nella fossa comune dell’apatia".
Infine arriva il turno di AMLO il cui primo saluto si dirige a
"imprenditori e professionisti", una concessione intempestiva ai
moderati di sempre. Poi rettifica: "il nostro è un movimento
includente, ma è, in primo luogo, un movimento degli umili e della
povera gente.
Riassume la situazione: "Hanno falsificato il 60 per cento degli atti
di scrutinio. Lo dimostreremo. Esigiamo che i voti si ricontino urna
per urna."
Ed ecco le prossime iniziative: 1) fare accampamenti di protesta
presso ognuna delle 300 sedi provinciali dell’Instituto Federal
Electoral, il principale responsabile della frode; 2) avviare azioni
di resistenza civile a carico di un comitato cittadino; 3) realizzare
la III Assemblea informativa domenica 30 luglio con l’obiettivo di
convocare il doppio di persone. E conclude: "viviamo il tempo delle
definizioni. Non tradirò le aspettative del popolo messicano."
Sono le ore 14. La manifestazione sta per concludersi. Percepisco
nella folla che si dilegua lentamente una energia immensa, un
potenziale incredibile che tuttavia svanisce rapidamente. Come
conservarlo? Riuscirà la gente a conquistare la parola? Ad
appropriarsi del futuro? E mi rispondo con le parole conclusive di
Monsiváis: colui che solo conosce lo sconforto non è degno del
pessimismo.

 

 

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