1859 Libano, 600 morti tra i civili: l'Onu ritira gli osservatori

20060728 17:37:00 webmaster

D’Alema a Israele: appelli ignorati
Seicento civili uccisi in due settimane. E Israele richiama altri 30mila riservisti per ventuali "emergenze". Gli Usa bloccano la condanna del bombardamento sulle postazioni Unifil nel Libano del Sud (4 caschi blu morti). Ma l’Onu ritira gli osservatori dalla regione. Dopo le proteste per il transito di missili Usa a guida laser dalla Gran Bretagna, Amnesty chiede l’embargo delle armi per Israele e Hezbollah.

Seicento civili uccisi dalle bombe di Israele dall´inizio dell´offensiva sul Libano. L´ultimo bilancio diffuso dal ministero della Salute libanese praticamente raddoppia la stima delle vittime della guerra. Fino ad oggi si era parlato di circa 377 morti ma a questi, come precisa il ministro della Sanità Muhammed Jawad Khalifeh, vanno adesso aggiunti i dispersi: almeno 150-200 persone rimaste sotto le macerie dei bombardamenti e che i soccorsi non sono riusciti a recuperare. Un bilancio drammatico che, tra l´altro, non comprende le vittime non civili: i 20 soldati libanesi e i 35 miliziani Hezbollah uccisi nel corso dell’offensiva dell’esercito Tsahal.

Bombe sull´Onu, nessuna condanna ma ritiro degli osservatori
Intanto il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una dichiarazione "annacquata" dopo la morte sotto i bombardamenti israeliani di 4 osservatori della missione Unifil. Il Segretario Generale dell’Onu Kofi Annan aveva addirittura definito «apparentemente deliberato» l´attacco israeliano dato che i bombardamenti nei pressi della postazione Onu nel Libano del Sud erano proseguiti ininterrottamente per 6 ore e gli osservatori avevano ripetutamente chiesto a Israele (per 10 volte) di fermare l´attacco. Le Nazioni Unite hanno però deciso di ritirare gli osservatori Unifil dalle loro postazioni sul territorio libanese. «È stata una decisione presa dopo i ripetuti bombardamenti degli ultimi giorni» recita un comunicato dell’esercito danese. «Il personale Onu, compresi gli osservatori, sono stati temporaneamente convogliati nel quartier generale Onu di Naqoura» si legge nella nota.

Nel documento approvato dal Consiglio di Sicurezza non c´è niente di tutto questo. Il governo degli Stati Uniti si è fermamente opposto all’ipotesi di arrivare a una dichiarazione di condanna esplicita. Così nel testo si esprime semplicemente «shock e preoccupazione» per il bombardamento israeliano costato la vita ai quattro caschi blu.

Intanto mentre il segretario di Stato Usa Condoleezza Rice torna sui suoi passi, anticipa la partenza dalla Malaysia e riprende la missione in Medio Oriente, da Washington le "istruzioni" restano le stesse. Il presidente George W. Bush non cambia rotta: dice d’essere «turbato» dall’ampiezza delle distruzioni subite dal Libano ad opera di Israele, ma ribadisce il suo no a una pace che definisce «ingannevole», perché non eliminerebbe alla radice le cause del conflitto.

L´offensiva continua
Intanto l´offensiva di Tel Aviv non si ferma. Nonostante la decisione del gabinetto di sicurezza israeliano (presieduto da Olmert) di non lanciare una più vasta offensiva di terra nel sud del Libano, è stato dato il ‘via liberà al richiamo di riservisti per poter prolungare la campagna contro Hezbollah. Si parla di almeno 30mila riservisti che si vanno ad aggiungere ai 9mila già richiamati alle armi.

Per tutta la notte le forze armate con la stella di David hanno bombardato ampie zone del Libano -soprattutto la valle della Bekaa e la zona di Tiro dove sono state distrutte decine di abitazioni. La radio israeliana ha riferito che, da giovedì gli aerei israeliani hanno colpito 130 «obiettivi» in Libano, inclusa una roccaforte degli Hezbollah nella valle della Bekaa, dove erano immagazzinati razzi a lunga gittata.

Ma continua anche l´offensiva sulla Striscia di Gaza: aerei israeliani hanno colpito un laboratorio siderurgico nella località di Khan Yunis (sud di Gaza), causando il ferimento di nove persone, tra cui due bambini. Pare però che nella notte, truppe e carri armati israeliani si siano ritirati dal nord della Striscia.

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D’Alema vola in Israele: appelli alla moderazione ignorati

Il vertice di Roma è stato solo l´inizio. Ed è inutile nascondere che sul cessate il fuoco «sono rimaste le differenze più nette». Con gli Stati Uniti e Israele ( secondo cui dal summit è arrivato un avallo all’offensiva) da una parte, il resto del mondo dall´altra, la Francia che accusa Condoleeza Rice di aver rinviato, ancora una volta, l´appello per una tregua urgente.

Ma di questo inizio Massimo D´Alema sembra voler fare buon uso, subito. Rilanciando l’offensiva diplomatica italiana all´indomani della conferenza internazionale sul Libano. Già nel pomeriggio di giovedì 27 luglio l´incontro, a Roma, con il presidente palestinese Abu Mazen. Ma al centro dell’agenda c’è un altro appuntamento: «Domenica prossima sarò a Gerusalemme per discutere con le autorità israeliane».

Una discussione che si annuncia non facile. Il punto di partenza è critico: «Purtroppo gli appelli alla moderazione di Israele non hanno sin qui raccolto un’eco concreta», osserva D´Alema di fronte alle Commissioni esteri di Camera e Senato riunite a palazzo Madama. Gli esempi più recenti sono il bombardamento israeliano in cui sono morti uomini della missione Onu in Libano e «l’uccisione di civili a Gaza». La priorità, ora, è l’emergenza umanitaria: «È essenziale che la comunità internazionale continui a premere per evitare che la morta di vittime innocenti cresca a dismisura».

D´altro canto il vertice di Roma ha segnato passi avanti importanti. Per il ministro degli esteri «nessuno poteva illudersi che si poteva fare la pace», anche perché «mancavano i belligeranti». Principale elemento di novità è il «formarsi di una coalizione che può e vuole agire per la pace». L´inizio, al di là delle evidenti divergenze con Washington, di una nuova politica. Perché, spiega, «solo una stretta collaborazione tra l’Europa tutta, gli Stati Uniti, una larga parte del mondo arabo, con il contributo delle istituzioni internazionali e in particolare con il contributo delle Nazioni Unite, può portare a dei passi in avanti e uscire da una situazione creata da una politica unilaterale».

Uno sforzo diplomatico che da Gerusalemme e Beirut deve estendersi a tutta la Regione. Fino ad un passo indispensabile: «Coinvolgere la Siria e l’Iran nello sforzo di pacificazione». Successivamente D’Alema pensa all’impegno di una forza internazionale con mandato Onu da impegnare nella Regione, in Libano ma anche a Gaza. «Non una forza solo di osservatori» né «una forza combattente» ma «una forza di sicurezza consistente che impegni molti paesi in modo significativo e «che possa installarsi sul territorio». Stop invece all’ipotesi di un comando Nato: «Probabilmente non verrebbe accolto dagli arabi. Si deve pensare a qualcosa di diverso»

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Armi dall’Europa verso Israele e Libano, Amnesty chiede l’embargo

Stop ai trasferimenti di armi destinate a Israele ed Hezbollah. L´appello al rispetto dell´embargo è stato fatto dall´organizzazione per i diritti umani Amnesty International dopo le polemiche scoppiate in Gran Bretagna per l’utilizzo di un aeroporto come punto di transito di armamenti partiti dagli Stati Uniti con destinazione Israele. «I governi che forniscono armi a Israele e a Hezbollah alimentano la capacità di questi ultimi di commettere crimini di guerra come prendere di mira i civili e le infrastrutture e lanciare attacchi indiscriminati e sproporzionati – ha spiegato Irene Khan, segretario generale di Amnesty – Tutti i governi dovrebbero imporre un embargo alle armi destinate a entrambe le parti e rifiutarsi di concedere l’uso dei propri territori per il trasferimento di armamenti e forniture militari».

Nei giorni scorsi due aerei da carico che trasportavano 28 missili a guida laser Gbu28 progettati per la distruzione di bunker sotterranei e destinati a Israele hanno fatto scalo nell’aeroporto nell’aeroporto di Prestwich, vicino Glasgow (in Scozia) per fare rifornimento e lasciar riposare l’equipaggio. Il ministro degli Esteri britannico Margaret Beckett ha parlato della questione con il Segretario di Stato americano Condoleezza Rice nel corso della Conferenza internazionale di Roma sul Medio Oriente e ha dichiarato che Londra presenterà una protesta formale se le notizie riportate dalla stampa britannica verranno confermate dell’inchiesta in corso.

Anche in Italia ci sono state delle proteste per il presunto transito di quello stesso tipo di bombe all’interno della base militare Usa di Camp Darby vicino a Pisa. «Vogliamo che l’ esecutivo si rifiuti di mettere a disposizione qualsiasi struttura militare e civile per il trasporto delle armi americane dalla basi presenti sul nostro territorio verso i luoghi di conflitto – hanno chiesto i pacifisti durant euna manifestazione davanti alla base – e chiediamo la messa in discussione dell’ accordo militare Italia-Israele firmato da Berlusconi che istituzionalizza la cooperazione tra i ministeri della difesa e le forze armate di Italia e Israele prevedendo anche esportazione, importazione e transito di materiale militare».

Uno degli otto ordini del giorno presentati in Senato dai "dissidenti" durante la discussione sul rifinanziamento delle missioni militari italiane all´estero riguardava anche la richiesta di un «organismo di monitoraggio sul transito di materiale bellico su territorio nazionale» proprio in riferimento alle voci sullo stoccaggio a Camp Darby delle superbombe ‘bunker buster’.
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Armi proibite, Human Right Watch: Israele smetta di usare le cluster bomb contro i civili

Cluster bomb, bombe a grappolo, bomb-bomblets: in qualsiasi modo le si voglia chiamare, le armi a grappolo contengono centinaia di submunizioni (le bomblets appunto) ideati per spargersi quando vengono rilasciati. L´effetto: frammenti di proiettili che penetrano il corpo, mutilando o provocando letali emorragie interne provocando la morte di circa il 30% delle vittime.

Queste armi, contro le quali sono state fatte numerose campagne per vietarne l´uso, vengono usate da Israele nell´offensiva contro il Libano. La denuncia arriva dal Human Rights Watch che in particolare accusa Tel Aviv di avere usato granate cluster contro un villaggio libanese la settimana scorsa durante il suo attacco contro Hezbollah. Gli attivisti per i diritti umani hanno comunicato di aver scattato delle foto di granate cluster presenti tra i rifornimenti dell’esercito dell’artiglieria israeliana sul confine tra lo stato ebraico e il Libano e che un attacco con granate cluster ha ucciso mercoledì scorso una persona, ferendo almeno 12 civili (fra cui sette bambini) nel villaggio di Blida. «Le cluster sono armi inaffidabili e inaccurate che sono inaccettabili quando vengono usate contro civili – ha sottolineato il direttore di Human Rights Watch Kenneth Roth in una nota – Non dovrebbero mai venire usate in aree popolate».

Da parte loro le autorità militari israeliane non smentiscono la notizia. Anzi. In un comunicato hanno sottolineato che che l’uso di proiettili di questo tipo «è conforme al diritto internazionale» e che le forze armate dello stato ebraico impiegano questo tipo di armi «nel rispetto degli standard internazionali».

www.unita.it

 

 

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