1888 SOTTO UN CIELO SEMPRE PIÙ SERENO

20060803 15:19:00 webmaster

di Tito Pulsinelli

Il XXX vertice del Mercosur, conclusosi da poco nella città argentina di Cordoba, giungeva immediatamente dopo i sussulti e gli scossoni causati dalla nazionalizzazione del gas boliviano. Non erano pochi quelli che, sicuramente non disinteressati, diagnosticarono discordie interne e paralisi motoria dell’integrazione del blocco regionale.

Queste voci del malaugurio abbondano non solo tra le fila delle elites locali e dei loro portavoce mediatici o politici, ma anche sulla sponda europea da dove –in modo “bipartisan”- salgono in cattedra e fingono di ignorare i costanti contrasti esistenti tra Europa continentale e Gran Bretagna, tra quella occidentale e quella orientale.

A Cordoba, alla presenza dei capi di Stato invitati della Bolivia, Cile, Messico, Pakistan e Sudafrica, il Mercosur ha accolto il Venezuela come membro permanente.

Non si tratta di un generico rafforzamento, è un consolidamento significativo del progetto di integrazione, articolato ora anche all’autonomia energetica, garantita per un secolo.

Il Gran Gasodotto del Sud che unirà il Venezuela con l’Argentina, attraverso il Brasile, e che allaccerà anche il Paraguay, Bolivia e Uruguay, ora è progettualità concreta.

La Bolivia non solo entra nel grande gioco strategico del
gas, ma sorprende tutti mostrando la disponibilità a far parte a tappe acellerate del Mercosur.
Il destino della Comunità Andina di Nazioni (CAN), già
segnato dall’accettazione del TLC con gli USA da parte della Colombia e del Perù, è ormai deciso: manca solo il certificato ufficiale di defunzione.

Infatti a Bogotà, contemporaneamente, Alan Garcia visitava Alvaro Uribe, e chiamava velleitariamente in causa il Cile per assegnargli il ruolo di salvatore della CAN, da cui disertò sin dai tempi di Pinochet.

La Colombia, invece, subito dopo il vertice di Cordoba, ha messo in chiaro che guarda solo a nord, e punta tutte le sue carte per inserirsi nel Plan Puebla Panama (PPP). Uribe vuole sintonizzarsi e inserirsi nel TLC del nord (Canada, USA e Messico) e in quello dei micro-Stati dell’America centrale.

Gli evidenti passi in avanti del blocco sudamericano sono stati possibili grazie alla stretta collaborazione esistente tra Brasilia, Buenos Aires e Caracas.
Da più parti è stato sottolineato che la presenza venezuelana nel Mercosur, determinerà moficazioni non solo quantitative o macroeconomiche. Si fa riferimento al maggior peso che potrebbe assumere la “agenda social”, e all’influenza complessiva irradiata da un Paese in cui l’ economia pubblica è l’attore principale.

Questo è causa di timori per le elites rioplatensi e pauliste che non occultano il loro disagio, e di speranza per le classi subalterne e –a ragione o a torto- soprattutto per i movimenti sociali.

Uruguayani e Paraguay sperano che Caracas possa riequilibrare le “asimmetrie” finora vigenti all’interno del Mercosur, che inclinano l’ago della bilancia a favore dei mercati più grandi.

Sul terreno della captazione finanziaria, Buenos Aires e Caracas hanno deliberato l’emissione congiunta di un titolo di credito (Buoni del sud), per un totale di 2 miliardi di dollari. E’ la prima pietra di quella Banca del Sud, che dovrà favorire un maggiore svincolo dai centri finanziari mondiali.

Ignorata da tutti mezzi di comunicazione la riunione dei ministri dell’economia dell’Argentina e del Brasile, dove hanno messo a punto il meccanismo per eliminare il dollaro dal commercio bilaterale.

Questa mossa non si limita a ridurre i costi di intermediazione finanziaria ma –secondo il ministro Guido Mantega- anche ad avvicinare i tempi per “creare una moneta unica”.

Questo attacco pubblico al decadente dollaro ha ricevuto come risposta dal Wall Street Journal (28/7/2006), bordate infuocate ad alzo zero contro Kirchner, accusato –per la prima volta- di dirigere un governo in cui sono presenti “alcuni terroristi degli anni 70”.

La veemenza del contrattacco neoliberista indica l’importanza che gli Stati Uniti attribuiscono alla materia monetaria, e come la debolezza inoccultabile del dollaro è un nervo pericolosamente scoperto. Per il reato di leso egemonismo del dollaro, Washington ha anticipato che d’ora in avanti concentrerà l’attacco frontale contro Kirchner, e assimilerà l’Argentina all’asse del male L’Avana-Caracas-La Paz.

La presenza di Fidel Castro al vertice di Cordoba, oltre a mettere in risalto l’impossibilità dell’isolamento di Cuba dal contesto regionale, dice anche che si sono rinsaldati i legami per gli scambi commerciali e gli investimenti comuni.

E’ stato firmato un accordo in cui Cuba e il Mercosur si impegnano a non aumentare le rispettive barriere doganali.

Cuba guarda al futuro, scruta e si avvicina al Mercosur. Mentre a Miami la diaspora cubano-bushista (1)ha pronti da tempo i certificati catastali per le privatizzazioni e gli espropri massivi del dopo-Fidel, il governo sembra orientato all’apertura progressiva e selettiva nell’orbita del blocco regionale sudamericano.

Le contromosse di Washington – dopo aver incassato il precario controllo del Perù attraverso Alan Garcia- si concentrano sul Paraguay e l’Uruguay, cui propone un Accordo di Promozione Commerciale.

E’ un surrogato di TLC tendente a trascinarli fuori dal Mercosur, o a trasformarli in piattaforme per penetrare quelle economie con la “triangolazione”.

Come in Perù, i sindacati, i movimenti sociali e il Frente Amplio vi si oppongono, mentre il settore agropecuario e i partiti tradizionali lo appoggiano.

Alla fine deciderà il Presidente Tabarè Vazquez, sulla base di valutazioni complessive, che riguardano anche la questione delle “papeleras” e delle concessioni che le economie giganti del Mercosur dovranno accordare
–come fecero gli europei con Grecia, Spagna, Portogallo ecc- ai Paesi meno competitivi.

A tal fine, l’Accordo proposto da Washington è anche un’arma di pressione che Montevideo utilizza a suo favore.

In questa fase è scontato il rifiuto alla richiesta messicana di far parte del Mercosur: sarebbe la mano sabotatrice della Casa Bianca. Il cucciolo trasformato in cavallo (di Troia) imperiale.

Rimane in bilico fino alle elezioni, invece, la situazione
in Ecuador, dove il governo non può firmare il TLC senza correre il rischio di essere travolto da un ennesimo “levantamiento” popolare.

Il quadro regionale emergente conferma che l’egemonismo assoluto degli Stati Uniti si ferma a Panama. Più a sud
può contare sull’equidistanza cilena, sull’instabilità peruviana, e sull’oligarchia colombiana puntellata -più che con il libero commercio- con la forza determinate della tecnologia bellica, delle arti marziali e della narco-economia.

A questo punto della partita strategica, il dato sorprendente è che il Pentagono sia in affanno anche lungo la dorsale delle Ande. Si conferma la condizione di manifesta difensiva negli spazi sociali tra i Caraibi, le grandi arterie fluviali dell’Orinoco, della Plata e delle Amazzoni, e cominciano ad affiorare preoccupanti crepe politiche nel retroterra
dell’altipiano messicano. Il Plan Puebla Panama è un progetto cui mancano artigli finanziari perchè possa essere anche un operante piano politico. Se ne riparlerà dopo l’avventura in Mesopotamia e dipenderà dal suo esito.

31/7/2006

(1) In questo stesso momento, sulle strade di Miami costoro esultano, folli di gioia ballano e cantano. I cultori della morte brindano alla morte biologica, certi che sarà anche l’automatica sepoltura di un sistema sociale. E’ un’equazione un pò ardita, che tradisce impazienza ed ignora il fattore evoluzione: il sistema cubano è sopravvissuto all’estinzione dell’Unione Sovietica.

 

 

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