1938 SCHIAVONE (CGIE): E' URGENTE MIGLIORARE I SERVIZI CONSOLARI

20060901 10:52:00 webmaster

Michele Schiavone (CGIE): “Lavorare affinché con questo nuovo governo cambi rapporto e sensibilità del MAE nei confronti dei cittadini italiani all’estero”

SAN GALLO – E’ di questi giorni la notizia che, a pochissimi giorni dall’introduzione del nuovo passaporto biometrico, in Svizzera le richieste per il rilascio di un passaporto rossocrociato ordinario (modello 03), sono aumentate del 15- 20%. L’incremento delle richieste è dovuto al prezzo elevato del nuovo documento d’indentità biometrico, che entrerà in vigore il 4 settembre.

A partire dal 26 ottobre di quest’anno i possessori di un passaporto ordinario, che intendono recarsi negli USA, dovranno richiedere un visto. La spesa del nuovo passaporto svizzero (120 franchi) e il visto sarà più o meno equivalente al prezzo del passaporto biometrico (250 franchi).

Questo, inoltre, è indispensabile solo per i viaggiatori che non intendono chiedere un visto di entrata o di transito negli Stati Uniti e che non dispongono del passaporto ordinario rilasciato prima del 26 ottobre. Il passaporto ordinario potrà essere richiesto fino all’entrata in vigore degli accordi di Schengen in Svizzera, vale a dire fino al 2008.

L’introduzione di documenti d’identità sensibili, in questo caso dei passaporti biometrici, quali strumenti di identificazione personale corredati di maggiori informazioni rispetto ai dati generici rilevati sui documenti ordinari, é in parte dettata dalla necessità di adeguamento dell’amministrazione dello Stato agli standard tecnologici e quindi a snellire le procedure burocratiche degli uffici pubblici, ma soprattutto muove dall’urgenza di uniformare le procedure di riconoscimento per fronteggiare la stridente urgenza di sicurezza, verificatasi in seguito agli attentati terroristici dell’11 settembre ed i continui atti di terrorismo ai quali assistiamo inermi da alcuni anni.

E’ ovvio che nell’opinione pubblica ogni fase di trasformazione di pratiche, usi e abitudini spesso porti con se valutazioni, idee e opinioni contrastanti sulle procedure e sulle modalità per mettere a regime i processi sistemici. Di fronte all’evidenza diventa, tuttavia, difficile capire o giustificare atti e comportamenti fuorvianti e contraddittori quando questi tendono ad incrinare i rapporti tra utenza e istituzioni. Questo è quanto è successo in Italia con le liberalizzazioni degli ordini proposte dal ministro Pierluigi Bersani.

Nel nostro Paese é notorio che numerosi atti amministrativi hanno una ingiustificabile lungaggine e che per risolverli lo stesso neo ministro alle riforme e innovazioni nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais, è sollecitato a prendere provvedimenti concreti di profonda trasformazione, in discontinuità con la pratica vigente. Nella passata legislatura le riforme introdotte tempo addietro dal ministro Franco Bassanini hanno subito una forte frenata, con ripercussioni anche all’estero, perché le sedi diplomatiche consolari sono state invitate ad assumere più una fisionomia di agenzie commerciali quasi a voler svolgere un ruolo di merchant banks, chiamate a ricercare valori aggiunti all’economia nazionale, ma venendo meno a tanti altri compiti che giustificano la loro presenza extraterritoriale.

Purtroppo, in molti uffici consolari italiani all’estero continuano a persistere forme di lassismo, superficialità e disorganizzazione che stridono con la volontà riformatrice dell’attuale governo, con le tutele dei diritti della categoria dei funzionari del MAE, che non sempre si giustificano con l’insufficiente dotazione finanziaria, assunta a motivazione per la precaria qualità di molti servizi. Tra questi, l’erogazione dei passaporti, che è una delle pratiche più frequenti e più delicate in seguito all’introduzione di più stringenti norme internazionali, e che giustifica un maggiore impiego di risorse umane, mostra ancora grandi limiti e richiederà un attento intervento del vice ministro per gli italiani nel mondo.

In seguito all’abolizione dei visti di transito per i cittadini di paesi extracomunitari residenti in Svizzera, nella Confederazione elvetica si sono liberate maggiori energie umane, che potrebbero colmare i ritardi accumulati da alcuni uffici. A fronte di servizi eccellenti forniti da alcune sedi consolari, ci sono rappresentanze dove per il rinnovo del passaporto si aspetta ancora dei mesi. Questi ritardi potrebbero essere risolti con l’apertura di sportelli unici e polifunzionali. Oltre ciò nella rete consolare svizzera il servizio é sottoposto ad una disparità di trattamento e in alcune sedi a costi aggiuntivi. Ci sono alcuni Consolati in cui l’emissione di passaporti a vista avviene senza difficoltà e senza costi aggiuntivi, in altri invece, come ad esempio al Consolato Generale di Basilea, vengono adottate procedure che comportano tempi di attesa di qualche mese, salvo il pagamento di una tassa supplementare di quasi Fr. 50 per l’urgenza. E’ ovvio che un balzello fiscale aggiuntivo di questo tipo è discutibile ed ingiustificabile in quanto non solo mostra una mancanza di armonizzazione ed una difformità di servizi nella rete consolare, ma anche un’evidente arbitraria gestione amministrativa da parte dei titolari degli uffici consolari.

Dare una risposta plausibile alle migliaia di cittadini italiani che si recano agli sportelli dei nostri consolati, invece, è davvero difficile, come è improbo trovare delle spiegazioni quando lo stesso servizio in altri consolati è gratuito. La gente si ribella perché è stanca di subire ingiustizie! La legge italiana sui passaporti è oramai superata, obsoleta e necessita di una riforma urgente perché fa ancora riferimento, per quanto riguarda la qualifica di “lavoratore emigrato”, ad un regio decreto del 1919, ad un mondo che non esiste più! I parlamentari eletti nella circoscrizione estera, nelle aule di rappresentanza popolare, hanno incominciato a sollevare tutte le contraddizioni insite in questa normativa. Lo hanno fatto nelle forme usuali: interrogazioni, mozioni, domande con risposta obbligatoria. In risposta il MAE ha inviato ai Consolati macchinette fotografiche digitali e documenti che nessuno sa ancora usare, una situazione che già oggi lascia presagire file, code e arrabbiature davanti agli sportelli pubblici.

Il passaporto biometrico serve a chi vive in Italia e deve recarsi all’estero e non necessariamente a chi è già residente all’estero in forma stabile. La scelta compiuta dalla Confederazione elvetica induce a pensare che, anche in questa materia, è opportuno introdurre elementi di gradualità e permettere all’utenza di far richiesta espressamente della tipologia di documenti di cui ha bisogno. Anche perché i costi per i passaporti biometrici sono davvero eccessivi. Oggi tra i cittadini italiani all’estero sussiste ancora una disparità di trattamento inaccettabile tra chi è esente e chi invece deve pagare la tassa annuale sul passaporto, contribuendo ad alimentare le casse del fisco italiano, contraddicendo coloro che insistono a mettere in discussione la legittimità del principio “no taxation without representation”.

In Europa oggi si può viaggiare con una semplice carta d’identità utilizzabile anche dai cittadini residenti all’estero. Perché non si prende in seria considerazione una riforma della normativa sui passaporti e si avvia un periodo di prova, autorizzando i consolati italiani in Europa ad emettere i due modelli di passaporti prima dell’entrata a regime di quello biometrico e nel frattempo dare alle sedi consolari la possibilità di organizzarsi.

Nel Ministero degli esteri italiano spesso dimenticano che l’amministrazione italiana all’estero non può usare gli stessi metri di misura degli uffici della penisola e che, invece, dovrebbero tener conto anche dell’ambiente e delle condizioni in cui operano i funzionari fuori sede. La riforma avviata dal Ministro Bersani va in questa direzione ed introduce elementi di flessibilità e di liberalizzazione anche nell’ordine dei diplomatici. Nella auspicata riforma sarebbe opportuno inserire uno spirito normativo rivolto al futuro prossimo prevedendo anche una diretta assunzione di funzionari reclutati in loco.

C’é da lavorare affinché con questo nuovo governo cambi il rapporto e la sensibilità del Ministero degli affari esteri nei confronti dei cittadini italiani residenti fuori dai confini nazionali e che, come é avvenuto con l’elezione dei parlamentari nella circoscrizione estera, si arrivi a coinvolgere nelle dovute proporzioni anche significative e indispensabili figure professionali reclutate in loco che possono arricchire e portare nuova linfa alla nostra rete diplomatica in giro per il mondo. Sarà questo uno degli impegni più urgenti che dovranno assumere il CGIE e i parlamentari eletti all’estero.

(Michele Schiavone)

 

 

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