1991 Dall’Ires Cgil una ricerca sulle condizioni e le aspettative dei lavoratori italiani

20060906 14:34:00 webmaster

In uno scenario occupazionale dominato dalla flessibilità crescono le preoccupazioni per il futuro lavorativo e pensionistico

Damiano: "In Italia la precarietà dura di più e non riguarda solo i giovani, ma l’intero arco delle generazioni che lavorano"
Epifani: "I redditi dei lavoratori italiani sono notevolmente più bassi di quelli degli altri Paesi europei"

ROMA- Percepiscono mediamente 1.300 euro al mese; vorrebbero accrescere il loro reddito e la professionalità; chiedono straordinari meglio retribuiti; apprezzano il proprio lavoro ma temono di perderlo; sono preoccupati per la pensione; dicono sì alla flessibilità tutelata; immaginano la propria condizione futura peggiore di quella dei genitori. E’ questo in sintesi il quadro che emerge dalla ricerca "L’Italia del lavoro oggi.

Condizioni e aspettative dei lavoratori" che è stata presentata a Roma presso la sede della Cgil di Corso d’Italia.
L’indagine, realizzata dall’Ires Cgil su di un campione di 6.015 lavoratori dipendenti e con contratti atipici, ha inoltre evidenziato come buona parte degli intervistatati non siano contrari ad una fattiva cooperazione fra mondo lavoro e dell’impresa, vogliano un sindacato più autonomo dalla politica, auspichino l’estensione delle protezioni sociali nel nostro Paese e presentino, nonostante una forte propensione europeista, riserve sulla capacità di regolare i flussi migratori da parte dell’Europa.
La presentazione è stata introdotta da Giuseppe Casadio, presidente Associazione Centenario CGIL, che ha ricordato come questa indagine, che fa parte delle iniziative per i cento anni del sindacato, consenta di comprendere meglio l’oggi e quindi di preparare il futuro. "Fra le questioni che vengono poste dalla ricerca – ha detto il presidente dell’Ires-Cgil Agostino Megale dopo aver ricordato che gli approfondimenti su scala regionale verranno presentati entro la fine dell’anno – riguardano in primo luogo la richiesta di una maggiore unità sindacale e la riconquista di una contrattazione che sappia raggiungere tutte le periferie del mondo del lavoro". La necessità di ampliare gli ambiti della contrattazione è stata sottolineata anche da Mimmo Carrieri, pro-rettore dell’Università di Teramo, che ha spiegato anche come al momento le categorie più propense all’iscrizione al sindacato siano quelle degli insegnanti e gli operai. Giovanna Altieri, direttore dell’Ires Cgil, ha evidenziato come dalla ricerca si evinca il tramonto del mito della carriera unica, una crescente instabilità occupazionale, una non corretta utilizzazione del capitale umano e l’inadeguatezza degli stipendi, soprattutto per quanto riguarda i giovani e le donne del meridione.
Oltre all’intervento del sociologo dell’Università "La Sapienza" Aris Accornero, che ha espresso preoccupazione per l’eccessivo senso di precarietà diffuso fra i lavoratori e per la crescita dei contenuti qualitativi del lavoro e la riduzione delle garanzie degli occupati, segnaliamo la riflessione del vice presidente della Confindustria Andrea Pininfarina, che ha ricordato come la valorizzazione delle competenze sia fondamentale e rappresenti una garanzia per il lavoratore in flessibilità e per le stesse imprese che sono impegnate sul fronte della competizione. Secondo Pininifarina l’inadeguatezza dei salari va imputata alla scarsa specializzazione della nostra macchina produttiva che impedisce alle aziende di competere con i prodotti di alta qualità degli altri Paesi. "L’indicazione più problematica che emerge dalla ricerca – ha spiegato il vice presidente di Confindustria dopo aver auspicato una riforma che dia più spazio alla meritocrazia nella Pubblica Amministrazione – è la preoccupazione dei giovani di non riuscire a mantenere lo status sociale raggiunto, una atteggiamento che ha effetti distruttivi sulla fiducia nel futuro".
Il problema dei salari troppo bassi dei giovani e delle donne è stato sottolineato anche da Cesare Damiano, ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, che ha inoltre sostenuto l’esigenza di tutelare e regolare la flessibilità occupazionale. Una realtà lavorativa che dovrebbe essere di transito verso l’assunzione a tempo indeterminato, ma che invece molto spesso diviene regola di vita. "A differenza dell’Europa – ha spiegato il ministro- in Italia la precarietà e la flessibilità durano di più e non riguardano solo i giovani, ma l’intero arco delle generazioni che lavorano. Da alcuni anni inoltre diminuisce il tasso di conversione del lavoro precario verso quello stabile. Una tendenza preoccupante -nel 2006 il 46% delle nuove assunzioni sarà a tempo indeterminato – che cercheremo di invertire per rimanere in linea con il mercato del lavoro europeo". A tale scopo, secondo Damiano, le risorse ricavate dalla riduzione del cuneo fiscale potrebbero essere utilizzate, oltre che per abbassare le aliquote dei redditi medio bassi, per premiare quelle imprese, attraverso specifici incentivi fiscali, che assumono lavoratori a tempo indeterminato.
A conclusione dei lavori Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, ha auspicato la realizzazione di una grande inchiesta nazionale sulle trasformazioni del mondo del lavoro "A tutt’oggi – ha aggiunto Epifani – i redditi dei lavoratori italiani sono notevolmente inferiori a quelli degli altri Paesi europei. In questi anni sono cresciute anche le distanze fra gli stipendi più alti e quelli più bassi erogati dalle imprese e nel pubblico. Oggi ad esempio nel privato lo stipendio di un dirigente può essere mille volte superiore a quello di un dipendente… Nella nostra società – ha proseguito Epifani – il sentimento della precarietà è più esteso di quello reale e tende a crescere. Questo atteggiamento verso il futuro danneggia lo sviluppo del nostro Paese e va affrontato con strumenti che agiscano sulla condizione sociale e sulla percezione".
Il segretario della Cgil, dopo aver evidenziato i positivi segnali di ripresa della nostra economia, ha chiesto una valutazione razionale degli attuali problemi che consenta di superare senza inutili allarmismi l’attuale crisi, ed un’iniziativa legislativa che dia, al fine di combattere la precarietà e la frammentazione del mondo del lavoro, maggiore spazio alla contrattazione. (Goffredo Morgia-Inform/EMINOTIZIE)

 

 

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