2002 "Vita buona, vita felice": IL CONVEGNO ANNUALE DELLE ACLI AD ORVIETO

20060907 10:44:00 webmaster

LE TESI E IL PROGRAMMA DEL CONVEGNO

INTRODUZIONE

FELICITA’. ESERCIZI DI APPROSSIMAZIONE
di Maria Grazia Fasoli
Responsabile Funzione Studi e ricerche
Presidenza Acli nazionali

Raccogliere le energie del pensiero attorno alla felicità, farne un oggetto di analisi e di studio, addirittura dedicare al tema l’incontro nazionale di studi. Si direbbe che questa volta le ACLI abbiano voluto esagerare.
Il tema è arduo, ma non per la distanza e la conseguente necessità di affilare gli strumenti di concettualizzazione e di astrazione…Al contrario, si tratta di un oggetto così intuitivamente familiare, così banalmente ricorrente nei desideri, nei sogni, nelle aspirazioni di tutti e di ciascuno da risultare imprendibile per eccesso di vicinanza. Qualcosa di più vicino ad un istinto originario che non ad un sistema di pensiero, ad una visione del mondo.
Tema legato all’esperienza – magari di una mancanza – e al vissuto quotidiano, orizzonte verso il quale tutti noi, donne e uomini che hanno una vita da vivere, ci muoviamo costantemente, come raccontano le fiabe e i film, all’inizio e alla fine. Motore delle storie e loro conclusione, ultima scena prima che la realtà successiva la venga a complicare o turbare.
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L’insostenibile leggerezza della felicità: abbiamo la pretesa di coniugarla con un’indagine ancorata alle condizioni di fattibilità. Pensiamo che la felicità si possa fare, fiduciosi in quel primato dell’azione che ispira la vita associativa, in ogni luogo e territorio dove si vive e si opera.
Se abbiamo avuto un approccio sociale ai temi della bioetica, là dove più oscura e inedita si presentava la novità impressa alla vita – dal nascere al morire, dalle origini alla conclusione- dallo sviluppo scientifico e tecnologico, non è certamente stato per semplificarne indebitamente gli interrogativi di senso più radicali e decisivi, quanto piuttosto per restare fedeli alla specificità del nostro dna, originario e originale. Analogamente, sulle frontiere della vita buona e felice le ACLI vogliono esplorare la fecondità del medesimo approccio.
Ci vogliamo interrogare sulla sostenibilità del desiderio di felicità. Questo ci impone anzitutto di imboccare con decisione la strada della relazionalità e della concretezza. In altri termini, siamo convinti che la felicità è domanda di senso che non rimane nei cieli della speculazione filosofica (che pure ne è all’origine e alla fine motivata) ma passa attraverso gli assetti di vita, i contesti interpersonali, le strutture dell’economia, il ben-essere e la sicurezza, la progettualità di lunga durata, la vitalità delle istituzioni partecipative e democratiche.
Calandosi in questo territorio, il tema della felicità perde le euforie da altitudine ma acquista in corposità, reclama le energie del senso comune non meno delle più aristocratiche risorse di pensiero.
Anzi: smette proprio di essere un tema, magari da svolgere con enfasi retorica e appassionata. Diventa un esercizio di approssimazione, un percorso induttivo, una ricerca indiziaria.
Diventa, soprattutto, la volontà condivisa di chiedersi come sia possibile e con quali limiti e condizioni una felicità tangibile, nel doppio significato: che ci tocchi e che possiamo toccare, che si porti certamente appresso la smisuratezza di una gioia piena e indefettibile che è la nostra grande nostalgia, ma che sia declinata come arte e artigianato del vivere quotidiano e comune, opera paziente di tutti e di ciascuno.
In questo modo, la felicità si avvicina, riparte dal basso, e la domanda che la riguarda si rivela perfino più legittimata da un desiderio che fa i conti con questo mondo, quale esso è e quale può diventare. L’esperienza ha dunque titolo a dirsi compiutamente in questo percorso, precede la riflessione e la rende possibile.
Per queste ragioni, riteniamo che mai come nella scelta dell’oggetto per l’incontro di studio di quest’anno, le ACLI hanno rivelato la loro vocazione popolare. Sempre coniugato con il fare quotidiano, il pensiero aclista è rifuggito dalle divagazioni accademiche e ha avanzato una speciale pretesa di cogliere il cuore della realtà, anche quando si è trattato di avventurarsi su terreni inesplorati e impervii.In questo caso, però, è l’oggetto stesso- la felicità- ad appartenere di diritto alla sfera della comune esperienza, del sentire diffuso, confondendosi con il sentimento della vita che tutti ci accomuna e ci accompagna.
“Popolare” dunque è proprio l’interrogativo sulla felicità. Non tanto su che cosa essa sia, in un assillo definitorio e concettuale, ma su quale tipo di mondo, quali configurazioni della vita personale e interpersonale, quali modalità democratico-partecipative ed economico-produttive, quali forme codificate di relazioni e tutele sociali la rendano praticabile e agibile, immaginabile ed esigibile. Tutto questo intendiamo evocare ed indicare con il nostro appuntamento di Orvieto 2006.
Pure così ravvicinato, l’oggetto felicità non abolisce la fatica del trovare queste risposte, o almeno della corretta impostazione delle domande attorno ad esso.
Le fughe in avanti o le proiezioni all’indietro male si accordano con questa dimensione quotidiana e pratica (nel senso forte) della questione della felicità, che è quella che ci interessa.
Piuttosto, l’ancoraggio all’esperienza comune individua in questa tematica non un corollario ma il nocciolo sostanziale della vita e ci aiuta a intendere la saggezza sottintesa, quasi proverbiale della nostra umana, comprensibile richiesta di una vita buona e felice.
Forse si tratterrà proprio di analizzare con cura quella congiunzione (“e”) che tante volte nel vissuto viene contraddetta. Troppe volte ad una prima lettura della quotidianità si assegna la felicità alla distribuzione capricciosa dei privilegi e dei vantaggi, quando non si arriva addirittura alla negazione del valore delle virtù, in un campo e in una battaglia in cui sembrano soccombere o intralciare. E’ allora che lo sguardo sull’insieme aiuta, se non altro a prendere le distanze dalla babele dei desideri di felicità reciprocamente sordi e irriducibili.
Allo stesso modo ci apre a soluzioni inedite, rispetto alle utopie implose del passato, la prospettiva di una socialità capace di darsi vincoli e criteri condivisi, ovvero che preveda una felicità sostenibile a partire dalle relazioni positive tra gli umani. Ci sembra infatti che la misura individuale di felicità non è mai colma, e che questo faccia in un certo senso parte del desiderio che ci porta sempre oltre e altrove. Questo d’altra parte è il suo compito.
Cercando invece la felicità tra gli esseri umani, nello spazio in cui prendono vita le loro relazioni, nei legami che nascono per essere felici, o nelle forme – politiche, istituzionali, sociali – della città dell’uomo possiamo acquisire una prospettiva più vasta, nella quale la felicità si distribuisce e si stempera, o meglio si con-tempera.
Avvicinandosi in questi esercizi di approssimazione, la felicità così si ridisegna, perde la sua nativa onnipotenza, fa i conti con quanto sempre manca alla sua compiuta realizzazione. Individua i suoi compagni di strada e gli strumenti della sua praticabilità. Impara perfino altri nomi possibili con cui essere chiamata e invocata.

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PRESENTAZIONE
PER UNA FELICITA’ FERIALE

di Antonio Nanni
Coordinatore dell’Ufficio studi delle Acli nazionali

“Ma come non vedere pure che la gioia è sempre imperfetta, fragile, minacciata? Per uno strano paradosso, la coscienza stessa di ciò che costituirebbe, al di là di tutti i piaceri transitori, la vera felicità, include anche la certezza che non esiste felicità perfetta.
L’esperienza della finitudine, che ogni generazione ricomincia per proprio conto, obbliga a costatare e a scandagliare lo iato immenso che sempre sussiste tra la realtà e il desiderio di infinito”
(Paolo VI, Esortazione apostolica “Gaudete in Domino”, 1975).

Diversamente dagli anni precedenti si è ritenuto di alleggerire il volume dei materiali per l’approfondimento, favorendo soprattutto una “selezione qualitativa”, rinunciando a ciò che appariva meno essenziale.
La felicità non è un’idea cristiana ma senz’altro tranculturale e pre-cristiana e in qualche modo ancestrale e mitologica. Si potrebbe dire che il luogo della felicità sia stato collocato temporalmente o alle origini, nella notte dei tempi, nella mitica età dell’oro, in un paradiso perduto, oppure alla fine dei tempi, nell’eschaton, in quella venuta del Regno di Dio che tutto rinnova in una palingenesi eterna.
La felicità prima, la felicità dopo. Alle origini o alla fine.
Non è a questa felicità metastorica ed astratta che le Acli intendono riferirsi ma appunto ad una felicità durante le opere e i giorni della vita dell’uomo oggi qui. Ecco allora il significato ambizioso del tema di Orvieto 2006: “Vita buona, vita felice. Oltre l’utopia per una storia nuova”.
Se la vita, come abbiamo affermato lo scorso anno, è la nuova frontiera della questione sociale, questa coraggiosa scelta associativa non ha soltanto conseguenze di ordine bioetico e biopolitico ma anche di natura economica, di etica sociale, di welfare, ossia di tutte quelle scelte che attengono al ben-essere delle persone e alla convivenza democratica.
Il filo rosso della “vita buona” (Aristotele) con l’altro e per l’altro all’interno di “istituzioni giuste” (Ricoeur): è questo l’orizzonte etico-politico entro cui le Acli avanzano una proposta di “felicità pubblica” da costruire nelle comunità locali con l’esercizio della cittadinanza attiva e responsabile.
Al di là di questa dimensione sociale, laica e democratica della felicità per tutti, le Acli sono consapevoli di dover rendere ragione della speranza che non delude, Gesù Cristo, attraverso la testimonianza dell’amore fraterno che è fonte di gioia piena e di beatitudine.
Nell’attuale condizione storica che Bauman caratterizza come “liquido-moderna” appare quasi velleitario avanzare ipotesi di “vita felice” anche se non utopistica, ma socialmente e economicamente sostenibile. Dopo il tempo delle utopie la via da intraprendere passa attraverso la stessa “vita” del soggetto.
Solo ripartendo dalle virtù (vita buona) e andando oltre l’utopia – senza però rinunciare alla corrente calda e alla tensione che sempre si accompagnano allo spirito dell’utopia – sarà possibile imprimere un nuovo impulso al nostro futuro.
Da alcuni decenni il disincanto è diventato riflusso, conservazione, egoismo corporativo, narcisismo individuale. L’unico sogno consentito sembra rimasto quello dell’edonismo, del consumismo, del rampatismo, ossia di quelle forme di patologia sociale che vengono però percepite come fattori di successo e di felicità in una società dello spettacolo e della videocrazia.
Non c’è dubbio che anche oggi gli uomini esprimano una ricerca di significato che certamente è dentro una cultura del progetto, ma si tratta di un progetto che non è affatto totalizzante come quello della modernità e neppure proiettato in un tempo indefinito. Nella nostra epoca stiamo imparando un po’ tutti a convivere con la precarietà delle decisioni, accogliendo il rischio di doverci rinnovare ogni giorno in quella libertà responsabile che è più impegnativa e faticosa dell’anarchia o dell’obbedienza.
Potremmo dire in sintesi: dall’utopia al progetto, dal “sogno” di felicità (individuale e collettiva) alla paziente tessitura di “buone pratiche” relazionali e sociali, in cui la felicità si ri-compone e si condivide secondo parametri di reciprocità.
La felicità è legata a doppio filo alla vita buona e virtuosa delle persone. Essa prende le mosse dallo svolgere al meglio il proprio lavoro e si nutre dei legami di appartenenza alla propria comunità locale e ai valori identitari.
Ma non c’è felicità senza prossimità, ossia senza uno sforzo generoso per diffondere “ben-essere” negli altri, producendo e condividendo beni relazionali e servizi.
In questo senso la felicità che le ACLI intendono promuovere si concretizza nel saper donare attraverso uno stile di vita improntato alla sobrietà come virtù civile.

L’articolazione interna

Ogni pagina di questi “materiali” è frutto di una scelta ponderata. Le poesie, i brani estrapolati dai “classici”, i saggi di approfondimento, la bibliografia.
Nella prima parte, “Mappa di orientamento”, offriamo tre letture di Salvatore Natoli, Jurgen Habermas ed Angelo Cozzi.
Natoli è il pensatore che più di altri ha coltivato e ricostruito i nessi filosofici e culturali che ruotano intorno al nostro tema.
Habermas viene a scrivere la parola fine sulla parabola dell’utopia moderna. Infine Cozzi ci riassume le ragioni e le forme dell’esperienza cristiana della felicità (Agostino, Tommaso, Francesco).
Nella seconda parte il tema unitario del convegno si snoda in tre approfondimenti:
a) I luoghi della relazione (persona, famiglia, comunità): qui proponiamo un testo di Bauman sull’avvento della società liquido-moderna che “ha segnato la fine delle utopie incentrate sulla società e, più in generale, il tramonto dell’idea di società buona”. Ad esso segue un testo di Ricoeur sulla struttura ternaria dell’etica ed uno di Alici che ci consente di “ricavare da un’idea di reciprocità come forma originaria della relazione interpersonale un circolo virtuoso tra legame comunitario, mediazione istituzionale, ethos condiviso”, indicandoci la strada del riferimento ad un “noi come origine e come compito” nella costruzione delle relazioni interpersonali.
b) La società del benessere: è in questo ambito che mettiamo a confronto felicità ed economia proponendo testi di Bruni, Becchetti e Kahneman (ma avremmo potuto aggiungere l’intera teoria di Zamagni sull’economia civile). Proprio il noto economista Kahneman (premio Nobel dell’economia nel 2002) – ci mostra come oltre un certo livello di ricchezza, la felicità prodotta dai beni materiali tenda a diminuire. In ambito economico stanno emergendo infatti numerose esperienze – dalla microfinanza alla responsabilità sociale d’impresa, dal consumo responsabile al commercio equo e solidale – dove imprese e società civile cooperano insieme alle istituzioni per la definizione di regole e prassi tese al perseguimento di una felicità economicamente sostenibile, in grado di re-introdurre in quest’ambito, valori come quello della gratuità e della reciprocità, e di promuovere nuovi stili di vita.
c) La città felice: è l’ultimo approfondimento che si fa carico di pensare la “felicità pubblica” nel cuore della città offrendo pagine di Giuliano Amato, Francesco Viola e quelle profetiche di Giorgio la Pira.
Lungi dall’essere il “paese dei balocchi”, la città felice è quella a misura d’uomo e di comunità, dove la vita feriale trascorre serena ed è partecipata da tutti i cittadini. Certo la micro-conflittualità urbana non mancherà, ma si potrà sempre contare su quegli anticorpi che assicurano la gestione evolutiva del conflitto.
Come si vede, continua l’impegno delle Acli per costruire un rinnovato alfabeto sociale più corrispondente alle res novae di questo mondo che cambia.
In sintesi indagando il prisma della felicità le Acli si assumono il compito di diffondere nel tessuto sociale un messaggio di speranza e una fiducia nel futuro che si traduca in relazioni di reciprocità, in esperienza di ben-essere condiviso, in forme democratiche di partecipazione diretta.
Proprio perché la felicità è una scelta accattivante, dovrà apparire ben chiara la nostra visione relazionale della felicità e dunque orientata ad esaltare la sua dimensione sociale, associativa e comunitaria. In ciò risiede anche il principale nesso con la Conferenza Organizzativa e Programmatica di dicembre per la quale l’incontro di Orvieto 2006 viene ad offrire una tappa importante di avvicinamento attraverso l’elaborazione di un pensiero condiviso.

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IL PROGRAMMA

Vita nuova, vita felice
Oltre l’utopia, per una storia nuova
Orvieto, 8 – 9 settembre, Palazzo del Popolo.

Venerdi 8 settembre 2006

ore 10,00 Momento dello spirito

Don Giuseppe Masiero
Accompagnatore spirituale Acli

ore 10,30 Saluti delle autorità

Maria Rita Lorenzetti
Presidente Regione Umbria
Andrea Cavicchioli
Presidente della Provincia di Terni

Stefano Mocio
Sindaco di Orvieto

ore 11,00 Relazione introduttiva

Andrea Olivero
Presidente nazionale Acli

Interventi

Mons. Vincenzo Paglia
Vescovo di Terni, Narni ed Amelia
“La felicità alla luce del vangelo”

Paola Ricci Sindoni
Università di Messina
“Sulla "vita felice" dopo il tramonto delle utopie”

ore 15,30
I luoghi della relazione
"Persona famiglia comunità"
Interviene il Ministro per la famiglia
ROSY BINDI

Mauro Magatti
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
“I legami sociali nel tempo della vita liquida”

Manuela Trinci
Psicologa, direttivo nazionale Aepea
“Il dialogo tra generazioni nella società contemporanea ”

Andrea Riccardi
Università Roma Tre, fondatore Comunità di Sant’Egidio
“Un mondo multiculturale: coesione sociale e rischi di esclusione”

Luigi Alici
Università di Macerata, Presidente Nazionale dell’Azione Cattolica
“L’orizzonte della reciprocità nelle relazioni interpersonali”

ore 21,30 Concerto di Antonella Ruggiero
(Teatro Mancinelli. Ingresso libero)

Sabato 9 settembre

ore 9,30 Momento dello spirito

Don Armando Matteo
Assistente Nazionale Fuci

ore 10,00 Approfondimento
"La società del ben-essere"
Leonardo Becchetti
Università Tor Vergata di Roma
“La felicità economicamente sostenibile: teoria e prassi”

Simone Morandini
Fondazione Lanza
“La sobrietà come stile di vita e virtù civile”

Confronto

Raffaele Bonanni
Segretario generale Cisl

Guglielmo Epifani
Segretario generale Cgil

Luigi Angeletti
Segretario generale Uil

Matteo Colaninno
Presidente Giovani Imprenditori

Tiziano Treu
Presidente della Commissione lavoro del Senato

ore 15,00 Attualità
"La società felice.
Partecipazione e democrazia "
Giacomo Marramao
Università Roma Tre

Michele Nicoletti
Università degli studi di Trento
“Quale etica pubblica nella città plurale”

Interviene il Ministro dell’Interno
GIULIANO AMATO

Conclusioni Maria Grazia Fasoli
Presidenza Nazionale Acli
Funzione Studi e Ricerche

Nota Nel corso dei lavori è stato invitato ad intervenire il Presidente del Consiglio
ROMANO PRODI

ore 18,00 S. Messa presieduta da S.E. Mons. Giovanni Scanalino, Vescovo di Orvieto-Todi

 

 

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