1995 Il fiume silenzioso e possente della migrazione al femminile

20060906 16:28:00 webmaster

Sono 95 milioni le donne migranti nel mondo (49,6%); su di loro fa luce il rapporto dell’Unfpa, che evidenzia il gettito economico del lavoro, il prosciugamento delle figure professionali nei Paesi di origine, gli abusi

ROMA – Sono 95 milioni le donne migranti nel mondo, pari al 49,6 per cento del totale dei migranti. Un fiume silenzioso ma possente, i cui connotati sono tracciati nel Rapporto 2006 del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), presentato oggi in diverse città del mondo e la cui edizione italiana è curata da Aidos, Associazione italiana donne per lo sviluppo.

Non solo cifre, ma problemi e prospettive su aspetti del fenomeno migratorio fino ad ora non presi nella dovuta considerazione. Il rapporto fa luce sulla portata del gettito economico del lavoro femminile, sul prosciugamento delle figure professionali nei Paesi di provenienza (specie per il settore sanitario, a fronte di realtà tragiche, si pensi solo che l´Africa subsahariana ha il 25% del carico mondiale di malattie infettive e conta su appena l´1,3 % del personale sanitario mondiale), sul lavoro domestico, sugli abusi e la tratta, sulla non-voce delle donne che esistono soltanto in quanto ´mogli´, su codici atavici maschili e patriarcali, che spesso non hanno nulla a che fare con religioni, che le vogliono schiave e dipendenti. Il Rapporto mostra anche come la migrazione femminile rappresenti anche una straordinaria opportunità di emancipazione e uno strumento di "risveglio" per le comunità di origine.

Le donne migrano per sposarsi, per raggiungere i mariti e/o la famiglia, per lavorare: sono collaboratrici domestiche, fanno le pulizie e badano a malati, anziani e bambini. Sono anche contadine, cameriere, operaie supersfruttate, professioniste qualificate, insegnanti, infermiere, lavorano nei locali notturni, si prostituiscono, ma sono anche rifugiate e richiedenti asilo. Possono essere giovani, anziane, sposate, single,

divorziate o vedove. Molte emigrano con i figli, altre sono costrette a lasciarli nel paese d’origine.

Eppure solo di recente la comunità internazionale ha cominciato a comprendere quanto queste donne contribuiscono all´economia e al benessere sociale sia dei Paesi di origine che in quelli di accoglienza.

Rimesse economiche e rimesse sociali. Ogni anno milioni di donne che lavorano all ’estero mandano centinaia di migliaia di dollari di rimesse alle proprie famiglie e comunità. Questi fondi vengono utilizzati per nutrire ed educare bambini, assicurare assistenza medica, costruire case, promuovere piccole imprese, insomma per migliorare le condizioni di vita delle persone care che sono rimaste a casa. Il denaro che le donne fanno rientrare nei propri Paesi d´origine è minore complessivamente rispetto a quello inviato dagli uomini (l´ammontare complessivo delle rimesse è di 232 miliardi di dollari l´anno, cifra che supera il totale mondiale dell´aiuto pubblico allo sviluppo) ma, considerando che le donne di norma vengono pagate di meno a parità di lavoro, in proporzione mandano a casa una parte maggiore dei loro guadagni e in modo regolare. E le donne impiegano le rimesse in salute e istruzione: al di là di quelle economiche, sono le "rimesse sociali" (idee, competenze, atteggiamenti, conoscenze) il fattore che può dare nuovo impulso alle comunità di origine. Nei paesi d ’accoglienza, l´Italia fra tutti, il lavoro delle immigrate è così radicato nell ’andamento sociale da passare virtualmente inosservato. Le donne migranti faticano nelle case di persone che lavorano, leniscono le sofferenze degli ammalati e confortano gli anziani. Portano il contributo delle loro conoscenze tecniche e professionali,pagano le tasse e in silenzio rendono possibile una qualità della vita che molti danno per scontata.

Delle potenzialità della migrazione femminile si è parlato oggi a Roma, alla presentazione del Rapporto presso l´Associazione Stampa Estera. Claudia Galimberti, saggista e curatrice del Rapporto, ha parlato delle famiglie transnazionali che connotano la vita di queste donne, in particolare di colore che lavorano in casa per lavori di cura: "La collaboratrice domestica migrante aiuta due famiglie: danno amore ai figli dei datori di lavoro e permettono alle donne di queste famiglie di proseguire la carriera, e migliorano la qualità della vita della famiglia di origine. Quando tornano nel proprio Paese, hanno maturato l´autostima, sono rispettate, portano la loro testimonianza ed esperienza. Dall´indagine emerge che le donne impiegano le rimesse in salute e istruzione, fondamentali per innalzare la qualità di vita, mentre gli uomini investono di più in beni materiali. Per questo possiamo parlare di rimesse ´sociali´. Le donne che nel loro lavoro all´estero hanno avuto fortuna, portano nei paesi d´origine i semi di un possibile risveglio sociale e culturale. Questo, quando l´immigrazione riesce, ma purtroppo non sempre è così". (ep)

http://www.redattoresociale.it/

 

 

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