2018 TOSCANI NEL MONDO: Numeri e curiosità sui lucchesi nel mondo

20060908 17:29:00 webmaster

L’emigrazione raccontata dagli storici e con i versi e le foto di Pascoli
Due mostre: una a Castelnuovo Garfagnana e l’altra a Castelvecchio

BAGNI DI LUCCA (LU) Contarli non è facile. Gli italiani nel mondo sono tra i tre e i quattro milioni e decine di milioni quelli che hanno nel sangue radici italiane: almeno cento mila sono invece toscani nel mondo ed un milione e 200 mila quelli emigrati tra il 1870 ed il 1970. L’emigrazione dei lucchesi, in particolare, inizia nel Quattro e Seicento: emigranti allora soprattutto stagionali. Ma è dagli ultimi decenni dell’Ottocento fino al 1970, con fasi alterne, – raccontano a Bagni di Lucca – che ci fu qui come in Toscana e in Italia il grande esodo.

E proprio di emigranti – dei figurinai di Coreglia, Bagni di Lucca e Barga, della balie della Garfagnana emigrate soprattutto in Corsica e Francia, dei ristoratori, commercianti ed imprenditori che hanno trovato fortuna all’estero – parlerà la mostra "Giovanni Pascoli e l’emigrazione dalla Valle del Serchio" che si apre domenica a Casa Pascoli a Castelvecchio: una mostra, visitabile fino al 15 ottobre, a cura della Fondazione Pascoli e della Fondazione Cresci, originale perché proprio attraverso le opere e le fotografie di Giovanni Pascoli si racconterà l’emigrazione della Lucchesia e della Garfagnana. A cominciare dal famoso "Valentino vestito di nuovo come le brocche dei biancospini", che era il figlio del contadino del poeta a Castelvecchio e che dal Colle di Caprona, dove scalzo giocava con le caprette di Maria Pascoli, emigrò in America in cerca di fortuna. Il suo nome era Valente Arrighi. Oppure di Isabella Caproni, cresciuta in America e tornata in Italia per essere curata, che ispirò i versi struggenti del poemetto "Italy". Di emigrazione parlerà anche la mostra "Quando i Toscani scoprirono la Merica", a cura della Fondazione Paolo Cresci, allestita domenica al Teatro Alfieri di Castelnuovo Garfagnana. Tredicesimi in Italia per emigrazione. Centomila toscani nel mondo fanno qualcosa come tre o quattro emigrati ogni cento residenti. In rapporto alla popolazione siamo confinati nella parte bassa della classifica italiana, in compagnia dell’Emilia Romagna e del Piemonte: la media nazionale è di 7 italiani all’estero ogni 100 residenti, il Molise ne conta quasi 27. Ma in valori assoluti siamo tredicesimi fra tutte le regioni d’Italia, sia pur molto lontani dalla Sicilia che conta oltre 600 mila emigrati con cittadinanza italiana. Lucca comunque, già nel 1881, era insieme a Genova, Palermo e Cosenza già una delle quattro province in cui si emigrava di più: in 350 mila, dal 1876 al 1925, emigrarono in terre più o meno lontane. Le comunità toscane più numerose all’estero, oltre che in Europa, si trovano nell’America Meridionale, nell’America del Nord e in Australia. Da Lucca nel mondo. Da Lucca, si racconta in uno dei quaderni sull’emigrazione pubblicato negli anni scorsi dalla Regione Toscana, molti partirono per il Canada e gli Stati Uniti (non la costa orientale però, ma San Francisco, Detroit e Chicago). Già dal 1874 esisteva a San Francisco una società di mutuo soccorso dei Cavalleggeri di Lucca. Anche Inghilterra e Scozia figurano tra le mete preferite. E naturalmente il Sudamerica: Brasile ed Argentina in testa. Emigrano carbonai, boscaioli ed agricoltori ma anche balie e figurinai, i celebri maestri che soprattutto dalla Media valle del Serchio e dalla Valle della Lima hanno portato in Europa e nel mondo l’arte del gesso. Paolo Gabrielli, nato a Pieve di Monti di Villa nel 1832, raggiunse a soli sette anni Londra, naturalmente a piedi, con una compagnia di stampatori e venditori di statuine. Qualche anno più tardi raggiunse Buenos Aires in Argentina e le grosse sculture in gesso in cui si specializzò adornano ancora le facciate di alcuni palazzi del centro storico. Il grande esodo dei lucchesi (e dei toscani e degli italiani) inizia a metà dell’Ottocento, tocca il suo massimo tra il 1870 e la prima guerra mondiale e termina con gli anni Settanta del Novecento. Il 1913 fu l’anno in cui partì il maggior numero di italiani, 873 mila persone, ma già nel 1906 la provincia di Lucca aveva raggiunto la punta più alta: su 326 mila abitanti, esclusa la Garfagnana, se ne andarono in 10.272. Tra il 1876 ed il 1910 la meta fu soprattutto la Francia e l’Inghilterra, poi, a partire dal 1890, le due Americhe: Argentina e Brasile per lo più all’inizio, poi dagli inizi del secolo prevalentemente Stati Uniti. Nel 1921 la politica immigratoria degli Stati Uniti si fa però più rigida (vengono istituite le quote), in Argentina la congiuntura economica si fa sfavorevole. E così il flusso si sposta verso il Canada e l’Australia, finora poco considerata per la lontananza e la mancanza di un collegamento marittimo diretto. L’emigrazione, che si interrompe alla fine degli anni Venti, riprende poi, a Lucca come in Italia, nel 1946: tra il 1946 ed il 1970 altri 8 milioni di italiani abbandonarono la penisola e molti emigrarono in Svizzera. L’11 settembre 1968 nasce l’Associazione dei lucchesi nel mondo: a San Francisco il primo circolo, a Londra il secondo. Brasile, terra di lucchesi. Si emigrava per fame o per migliorare la propria condizione economica. E tornare senza aver fatto fortuna era considerato un fallimento. Ma si emigrava anche per esplorare terre lontane. Come Adamo Lucchesi, della media valle del Serchio, che nell’Ottocento esplorò varie regione del Brasile, Argentina, Bolivia e Paraguay. In Brasile in particolare, dopo l’abolizione della schiavitù nel 1890, c’era un grande bisogno di manodopera. E l’immigrazione prepagata – ovvero l’anticipo sui soldi del viaggio, attuata prima dallo Stato di San Paolo e poi dagli altri – assieme alla promessa, non sempre vera, di terre in regalo attirò molti poveri. Anche dalla Lucchesi e dalla Garfagnana. In Brasile, piccola curiosità, c’è una città, Jacutinga, dove il cinquanta per cento della popolazione è italiana e, all’interno di questa, una buona metà lucchese. Due garfagnini invece, Pietro Pocai e Angelo Guazzelli, fondarono sempre in Brasile, alla fine dell’Ottocento, la città di Salto Grande e di Bury. (wf)

 

 

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