2056 L’ASSEGNO SOCIALE AGLI EMIGRATI INDIGENTI UN DOVERE COSTITUZIONALE

20060912 15:26:00 webmaster

DI VITALIANO VITA da "PAGINE" (VENEZUELA)

"Sarebbe irriverente parlare di estendere l’assegno sociale anche ai cittadini italiani residenti all’estero, senza fare riferimento alla proposta Legge presentata il mese scorso dal deputato DS Mariza Bafile, eletto nella ripartizione di AM e senza rispondere alle autorevoli critiche sollevate dalla proposta. Personalmente, apprezzo la tenacia che ha accompagnato sino ad oggi Mariza Bafile, che le ha consentito di crescere e prosperare come giornalista e politico. E sono fiducioso che con un altro "pizzico di fortuna" anche l’iniziativa contenuta nella proposta, potrà avere successo".

Sul tema dell’assegno sociale per gli italiani indigenti residenti all’estero è tornato Vitaliano Vita in un articolo scritto per Pagine, periodico che dirige a Caracas.
"Nel corso del dibattito in Parlamento, chiederemo di apportare delle modifiche e che si faccia riferimento ai principi contenuti negli artt 2-3-28-32 e 35 della Costituzione, alle norme vigenti nel nostro Ordinamento che prevedono l’assegnazione dell’assegno sociale agli indigenti ultra sessantacinquenni, italiani o immigrati, purché residenti in Italia. Il problema dunque è quello di estendere una legge già esistente ai cittadini italiani residenti all’estero e rimuovere le limitazioni poste per convenienza da una legge ordinaria che, in un passato non lontano, limitò la estensione di alcuni diritti (come la pensione sociale) agli italiani all’estero.
Con questa impostazione, oltretutto, non si dovrebbe inventare il numero degli aventi diritto, né le risorse per provvedere alla spesa prevista dalla proposta Bafile (80 milioni di euro) basando il suo finanziamento sull’ipotesi che venga approvata una legge fiscale che, peraltro, vede l’opinione pubblica già fortemente divisa (come si legge nell’art. 2 della proposta che afferma: all’onere della spesa si provvede mediante quota parte del gettito derivante dall’imposta sulle successioni, donazioni e sui grandi patrimoni!). Si impedirebbe di interpretare l’assegno sociale in favore dei connazionali all’estero come una "spesa – pretesa" da scaricare sui contribuenti italiani rendendolo cosi un peso fiscale necessario a fronteggiare l’esigenze di cittadini che non pagano le tasse.
Vale la pena di chiarire che non si vuole inventare nulla di nuovo, perchè l’assegno sociale già esiste, perchè l’assistenza all’indigenza e la solidarietà sono i capisaldi dello Stato Sociale, fanno parte dei doveri che la Repubblica ha verso il cittadino, principi peraltro accettati e condivisi da tutti i paesi dell’Unione. Non vogliamo che si inventi nulla! Vogliamo che finalmente prenda corpo un problema che dal 1975 è stato discusso e ridiscusso, che è stato rivendicato come esigenza sociale da tutte le forze politiche e sindacali; che gli italiani all’estero considerano espressione di uguaglianza e parità. Durante la Conferenza del Cgie sull’assegno sociale, indetta nel 1992 (alla quale partecipai come relatore del CdP ) tutti confermarono ampio consenso alla nostra proposta, che invece fu rinviata per la mancata conoscenza del numero degli assistendi, ritenuto dal Ministro Fini requisito indispensabile per la presentazione di una proposta di legge contenente un impegno di spesa per lo Stato.
Dopo la crisi economica che colpì le nostre comunità in America Meridionale, il problema fu nuovamente riproposto, tanto che il Ministro degli esteri Fini, anche in veste di presidente del Cgie, manifestandosi favorevole alla richiesta, invitò le associazioni italiane dell’America Latina a fare una rapida indagine per la individuazione dei connazionali ultra sessantacinquenni in stato di bisogno (dati indispensabili per un seguito positivo). L’invito fu raccolto dall’Odici di Venezuela, che realizzò una complicata e lunga ricerca i cui risultati furono rimessi al Mae, al Ministro degli italiani nel Mondo, al Segretario Generale del Cgie per America Latina.
Si trattò di una ricerca statistica effettuata, sulla base dei dati anagrafici degli elenchi (Aire) e che consentì di fissare in 30mila il numero dei connazionali, ultra sessanta cinquenni, indigenti, residenti nel Continente. Lo studio, peraltro, riferendosi alle attuali competenze sull’assistenza assegnate ai Comuni, Province Regioni e Mae, raggruppava gli indigenti per comune di provenienza e consolato di residenza con la finalità di facilitare alle sedi consolari il lavoro di verifica dei requisiti, fornendo poi ai rispettivi comuni, province e regioni italiane di provenienza il numero dei corregionali bisognosi residenti all’estero. Furono in questo modo fissate le basi per la redazione di un programma d’interventi razionale ed utile, anche a prevenire o contenere i "rientri in Italia" degli anziani che oggi costituiscono una spesa consistente. Si riuscì finalmente a realizzare una ricerca giudicata indispensabile che, però pur riscuotendo l’apprezzamento dei destinatari, non ebbe seguito a causa del successivo cambio di Governo.
Talché, viene fatto di chiedersi: perché non confrontare questi dati con quelli impiegati nella formulazione della proposta Bafile? In ogni modo, bene ha fatto Mariza ad andare avanti, a (ri)proporre l’assegno sociale, anche se per evitare confusioni e fraintendimenti, una volta chiariti i punti sui quali fondare la proposta, sarebbe meglio apportare alcune modifiche ed integrazioni come per esempio: a) legare l’ammontare del sussidio sociale (123 euro) ai minimi salariali esistenti nei paesi ove risiede l’indigente, stabilendo che l’accertamento del redditi, previsto dall’art. 49 della L. 27.12.2002 n. 289, nella fase di presentazione della domanda possa effettuarsi per autocertificazione dell’indigente, facoltà oggi riservata al Mae; b) slegare il finanziamento, previsto (nell’art. 2 della proposta di legge) da provvedimenti fiscali che, nel caso in specie, si aggiusterebbero all’ipotesi che venga approvata una legge che preveda il parziale ripristino dell’imposta di successione…insistendo perché secondo le nuove competenze affidate ai comuni si provveda alla spesa con i fondi del bilancio che lo Stato destina all’assistenza sociale e con le maggiori entrate che provenienti dalla riscossione dei tributi fiscali e dalla rivalutazione degli estimi dei 30 milioni di immobili esistenti nel paese. Diversamente sarebbe come dire, agli italiani che incapperanno nei tagli fiscali previsti, che le maggiori imposte sono dovute per pagare il sussidio ai connazionali indigenti residenti all’estero. E converrà l’On. Mariza, che dopo i commenti sfavorevoli che hanno accompagnato i risultati elettorali delle nostre votazioni è preferibile evitare malintesi ed altre dubbie interpretazioni; c) impostare la richiesta sull’estensione del diritto all’assistenza sociale sugli artt.2-3-28-32-35- della Costituzione posto che senza discriminazioni di sorta e limiti territoriali, assicurano anche agli italiani residenti all’estero la pari estensione dei diritti e delle leggi in vigore nello Stato, come rilevasi nel caso delle normative applicate alla concessione dell’assegno sociale agli anziani indigenti (italiani e stranieri) residenti in Italia; d) evitare di confondere e coinvolgere l’estensione del sussidio ai connazionali indigenti che vivono all’estero (stimato dalla Bafile in poche decine di milioni di euro) con i problemi odierni riguardanti le pensioni erogate in Italia che questo anno vedono, per l’aumento dei pensionati, una maggiore spesa di 8.000 milioni di euro. Ben sapendo che per provvedere alle nuove esigenze saranno richiesti ai contribuenti sacrifici di vario genere. Perciò è necessario ed opportuno che la richiesta dell’estensione dell’assegno sociale agli italiani all’estero sia formulata in termini chiari e che non sia in alcun modo collegata con i problemi degli aumenti delle pensioni e con i sistemi per la raccolta dei fondi necessari a sanare le difficoltà di spesa ricorrenti; e) arricchire la presentazione della proposta Bafile con dati certi e convincenti, quali: il numero degli ultra sessantacinquenni residenti all’estero, dei percettori di pensioni italiane, la stima dei potenziali indigenti, per ripartizione geografica e paese di residenza.
Dati, questi, utili per ottenere il consenso degli enti locali, per valutare i fondi necessari all’assistenza, l’incidenza dei rientri ed eventuale risparmio.
Insomma, fornire dati attendibili che chiariscano come dietro questo atto di Giustizia e Solidarietà sociale, vi sia anche una convenienza obiettiva, ma anche tanta umanità, posto che non si può negare che tornare a vivere nel proprio paese, dopo cinquanta anni di emigrazione, non voglia dire sempre tornare allegramente in famiglia e tra gli amici d’infanzia, ma, in molti casi, purtroppo può significare, come accadde per l’esodo, un trasferimento per sopravvivere.
L’assegno sociale esteso agli italiani all’estero deve essere visto anche come un mezzo per evitare lo sradicamento, per consentire agli anziani indigenti, con un minimo aiuto economico, di superare le loro difficoltà di vita.

 

 

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