2081 Le quattro funzioni del CGIE, un organismo imprescindibile

20060918 16:01:00 webmaster

di Silvana Mangione

NEW YORK – Parafrasando il De Bello Gallico di Giulio Cesare si potrebbe parlare di De Bello Consiliare in atto. Chi non conosce il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero – o chi ne ha fatto parte una sola volta e non è riuscito a farsi rieleggere – sta infatti scagliando tutti gli strali avvelenati contro questo organismo che, unico, può invece garantire la continuità nelle azioni a favore degli italiani fuori d’Italia. Sappiamo bene, da sempre, che il populismo più bieco, quello facile, quello che si nasconde dietro il dito: «Non c’ero, ma so che…», per introdurre l’attacco, l’insulto e la diffamazione, è sempre vincente.

Una bugia ripetuta, con aria convinta, dieci, cento, mille volte, diviene la verità. Ce ne dà il monito l’ex ambasciatore e opinionista Sergio Romano dalle colonne del Corriere della Sera del 18 giugno scorso, titolando: «Come ti rovino la vita. L’arte della calunnia». Lo diceva già Don Basilio, per bocca del librettista Cesare Sterbini, nel Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini: «La calunnia è un venticello», che ben presto si trasforma in un «rombo di cannone». Di questi tempi in cui l’ignoto deve per forza essere negativo, la scienza del demolire tutto ciò di cui non si ha contezza, e che non si può controllare direttamente, è diventata un’arte. L’unica difesa consiste nel far conoscere l’oggetto misterioso a chi, persona di buona volontà e buona fede, ha voglia di sapere. I tuttologi, lapalissianamente, sanno già tutto, perciò li preghiamo di andare a leggere altri articoli. Nell’analisi, che stiamo facendo insieme ai lettori, della possibile futura riforma del CGIE, possiamo sostenere che la definizione data dalla legge attuale: «Il CGIE è l’organismo di rappresentanza delle comunità italiane all’estero presso tutti gli organismi che pongono in essere politiche che interessano le comunità all’estero», per quanto passibile di miglioramenti, evidenzia già molto bene l’autorevolezza del Consiglio e sancisce il dialogo diretto con un ampio quadro di interlocutori, dal Governo al Parlamento, dalle Regioni agli enti territoriali, da organismi internazionali a rappresentanti degli Stati di residenza degli italiani, ovviamente fatte salve le prerogative delle rappresentanze diplomatico-consolari. Sia chiarissimo che il CGIE non è un Com.It.Es. glorificato: non ha il compito di intervenire nella soluzione di singole situazioni, ma di tracciare gli indirizzi che serviranno a risolvere tutte le situazioni omologhe. Il CGIE è un centro di proposizione, di raffinata costruzione delle politiche necessarie per superare gli atteggiamenti di chi si riempie la bocca di frasi elogiative e astratte, ma di concreto non vuole che venga fatto nulla. I latini, che hanno sempre capito tutto di tutto, dicevano «Promoveatur ut amoveatur», ossia: «Emeritiamolo per togliercelo dai piedi». Gli italiani all’estero sono stanchi di essere emeritati. Siamo passati da «questione nazionale» (1970); ad «ambasciatori d’Italia all’estero» (1976); a «italiani che vivono il mondo» (1988); a «risorse economiche per l’Italia» (dall’89 in poi); a «fattori della politica estera dell’Italia». Quest’ultima affermazione è vera e ci va bene. Siamo fattori della politica estera, commerciale, culturale, sociale, scientifica dell’Italia, ma ancora poco compresi, per la distanza, sì, ma anche perché è difficile ricondurre ad unitarietà la cacofonia di affermazioni di tutto e del suo contrario, che si leva da ogni angolo della terra. Dunque il CGIE è non soltanto utile, ma necessario, imprescindibile, come arena di pensiero nella quale le cacofonie vengono ricondotte ad armonia e suggerimenti univoci, nel rispetto delle regole della democrazia, nell’interazione fra le forze politiche, sociali e associative presenti al suo interno (tutte), nell’ascolto degli input costruttivi che arrivano da molti Com.It.Es. e associazioni, nell’organizzazione del lavoro per Comitati ad hoc, Commissioni tematiche, Commissioni Continentali, Assemblea e Comitato di Presidenza. Le funzioni – le elencavamo nell’articolo precedente – sono la conoscitiva, la consultiva, la programmatica e la propositiva. La conoscitiva, con buona pace di chi non ha seguito quindici anni di lavoro serio del Consiglio, ha portato, ad esempio, con la Conferenza di Montecatini sulla lingua e la cultura all’adozione delle attuali politiche, applicate con enorme successo, anche negli Stati Uniti; con le quattro Conferenze sull’informazione ad interventi di riassetto nei meccanismi di distribuzione di RAI International (vi ricordate le antennine che non funzionavano? Quelle che vennero sostituite costringendo chi le aveva comprate a ricomprarle? Chi pensate che abbia insistito per l’adozione della trasmissione via cavo?). Altre richieste sono rimaste in parte disattese: ad esempio quella che estende contributi ed altre forme di assistenza alle radio e alle televisioni locali, nonché agli strumenti informatici. Ora abbiamo i parlamentari e speriamo che le proposte di legge che ci interessano vengano non solo presentate, ma anche approvate. Il CGIE ha commissionato, coordinato e in parte finanziato un’approfondita ricerca sui giovani, in preparazione alla Conferenza Internazionale dei Giovani, che vogliamo venga indetta al più presto. Il primo Seminario delle Italiane all’Estero, organizzato dal CGIE nel 1998, ha portato all’elaborazione di una legge che istituisce l’Osservatorio delle Donne Italiane all’Estero, presentata con il nostro testo, nella scorsa legislatura, da una onorevole forzista, che ne ha anche parlato, senza citare il CGIE, nel suo intervento alle Nazioni Unite a marzo di quest’anno, nel corso della 50a Sessione della Commissione sullo Status delle Donne: «Le italiane emigrate all’estero possono rappresentare un’importante risorsa culturale, economica, sociale e politica per il paese di residenza e per l’Italia. L’Osservatorio renderebbe possibile comprendere la vera situazione delle nostre connazionali all’estero da un punto di visita sociale, economico, professionale e del lavoro, al fine di porre in essere politiche positive e di imparare a conoscere le candidate nelle liste degli italiani all’estero alle prossime elezioni». Peccato che la scorsa legislatura non abbia voluto passare la nostra legge. L’avevo scritta a quattro mani con Giampaola Fattorini Piuzzi, Consigliera eletta in Francia e non rieletta a questo CGIE. Poi la bozza era stata sottoscritta dalle dodici Consigliere dello scorso CGIE e presentata ad Onorevoli e Senatrici rappresentanti dei quattro maggiori partiti. Ma stiamo già affrontando la funzione propositiva del Consiglio, che sarà oggetto del prossimo articolo.

Silvana Mangione, del Comitato di Presidenza del CGIE

 

 

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