2171 Graziano Tassello: Associazionismo in emigrazione

20060927 21:36:00 webmaster

Le elezioni politiche, che hanno portato in Parlamento 18 rappresentanti delle comunità italiane all’estero, hanno reso necessaria una riflessione non solo sul CGIE (v. Inform n. 178, ndr) ma anche sull’associazionismo.
L’attuale crisi dell’associazionismo è ormai un luogo comune, anche se le feste tradizionali si susseguono a ritmo normale. Le fila degli associati si assottigliano e le adesioni da parte dei giovani continuano ad essere una rarità. Continua la stanca retorica de discorsi ufficiali sulla bocca dei visitatori italiani di turno, come “l’avventura delle differenze e delle specificità regionali” contro la tendenza alla massificazione e alla condanna alla invisibilità.

Sembra trattarsi di un declino fisiologico, in attesa che sorga qualche cosa di nuovo. Le esigenze che avevano fatto nascere e proliferare tante associazioni infatti non esistono più o sono soddisfatte da altri organismi.
Il desiderio di rinnovamento ha indotto parecchie associazioni, apartitiche per statuto, ad optare per precise scelte politiche. Ma la crisi non sembra superata.
Vi sono associazioni incapaci di far emergere nuovi leader per cui si vedono costrette a rimanere ancorate a presidenti che, in passato, hanno svolto un ruolo straordinario nelle comunità, ma che corrono il rischio di trasformarsi in consulenti per la terza età.
La crisi delle grandi associazioni ha favorito la loro provincializzazione e paesanizzazione, modificando drasticamente il loro ruolo tradizionale. Alcune associazioni regionali “potenti”, perché ben finanziate dalle regioni, hanno puntato soprattutto sullo sfruttamento economico delle potenziali risorse presenti in emigrazione.
Vi è ancora spazio per un associazionismo non paesano e non provinciale? Quale il suo ipotetico ruolo oggi? Occorre anzitutto superare la fase della nostalgia. Una attenta analisi della realtà, che non dimentica come l’associazionismo abbia giocato in passato un ruolo vitale, porta ad affermare che il suo compito non è ancora esaurito, poiché emerge sempre più prepotente anche in emigrazione la necessità di organismi intermedi, quel terzo settore che tra gli italiani all’estero stenta a decollare. Vi sono nuovi spazi di creatività. Guardare al presente e all’immediato futuro porta, ad esempio, ad investire nella terza età in modo intelligente e creativo.
Mentre la partecipazione politica, quando non assimilata razionalmente, corre il rischio di generare scontri perenni alla difesa di una ideologia che, di natura sua, è sempre parziale (vedi ad esempio la spaccatura tra CAVES e ULEV in Svizzera), la solidarietà spinge invece a superare il bipolarismo delle contrapposizioni. La testimonianza della solidarietà fa emigrare dalla tentazione dell’individualismo e della asocialità, assai diffusi in emigrazione. Ci vengono in aiuto le parole di Savino Pezzotta: “Di fronte all’avanzare dell’individualismo, di fronte a una società ripiegata sul presente come unico spazio del vivere, bisogna rispondere in termini di speranza”. E’ strano che alcune associazioni cresciute all’ombra delle missioni si siano dimenticati di questo. “Come credenti – continua Pezzotta – dobbiamo testimoniare che il futuro non solo è possibile in astratto, ma è anche realizzabile in concreto. Dunque noi vogliamo costruirlo con gli altri”.
Ritenere che la vita associativa oggi sia solo creare rete per soli fini commerciali (turismo di ritorno, propaganda di agriturismi, commercializzazione e vendita di prodotti tipici regionali, tutte cose che potrebbero fare con più tecnica le camere di commercio) significa fermarsi sull’immediato. Se in passato gli emigrati si lamentavamo perché erano considerati solamente forza lavoro quando invece erano persone, oggi corrono il rischio di diventare esclusivamente meri consumatori di prodotti più o meno tipici e nulla più. L’accentuazione della commercializzazione dell’emigrazione non farebbe che aumentare la guerra tra poveri, poiché alcune regioni continuano ad essere vistosamente assenti in ogni settore migratorio.
Penso sia necessario, anche a motivo della presenza di consiglieri CGIE di nomina governativa provenienti da associazioni nazionali, fare il punto dell’associazionismo e della sua evoluzione o involuzione, creando al più presto una Conferenza Permanente di tutte le associazioni e federazioni di volontariato presenti in emigrazione ed avviando un tavolo di consultazione permanente tra parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero e terzo settore in emigrazione. Nel frattempo le associazioni devono procedere in loco ad una revisione che comporta anche una ricerca sulle nuove piste della solidarietà e della cultura.
Il governo infine – o qualche regione coraggiosa e non troppo chiusa in sé stessa – deve farsi carico di convocare con urgenza una conferenza dei giovani per apprendere da loro stessi quali siano le loro esigenze e le loro preferenze, la natura e le nuove forme di associazionismo che si stanno sviluppando: il tutto da confrontare anche con i risultati delle recenti inchieste condotte sulle seconde e terze generazioni da parte del MAE e del CGIE.

(Graziano Tassello è Direttore CSERPE Basilea e Presidente Commissione Scuola e Cultura del CGIE)

 

 

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