2272 EMILIO MARCHI: L’ex desaparecido esiliato che da vent’anni si dedica alle persone ''marginali''

20061010 18:12:00 webmaster

Emilio Marchi, imprenditore italo-argentino, imprigionato dal regime dei generali e poi mandato in Veneto. Ha fondato l’associazione ”Jardin de los ninos”: una sede a Dolo (Ve) e una nella poverissima provincia di Misiones

Emilio Marchi (nella foto a sinistra) nella sede dell’Associazione Jardin de los ninos in Argentina

PADOVA – Ha lo sguardo dolce e sorridente, i modi posati, parla lentamente un italiano misto a spagnolo. Si chiama Emilio Marchi ed è in Italia di passaggio, lui italo-argentino che ha dedicato la sua vita, ormai due decenni fa, alle persone sole e “marginali” – come le definisce lui – che vivono nelle bidonville.

Una missione, la sua, che rende magica una storia di per sé sorprendente: 64 anni, nato da padre italiano e madre argentina, Emilio ha vissuto sulla sua pelle atrocità, ingiustizia, carcere, tortura. Imprenditore, la sua attività nel 1975 viene interrotta dalla cattura da parte dei militari del regime di Videla con l’accusa di aver nascosto un oppositore del regime. Da quel momento diventa desaparecido. Eppure la vita gli concede una fortuna che a migliaia di altri come lui non capiterà mai: riemerge, ricompare in una prigione in cui trascorrerà altri19 mesi. La salvezza è l’esilio in Italia. Qui in Veneto vive per otto anni, durante i quali si dedica in particolar modo alla pittura (“il più grande sbaglio che ho fatto” dice lui, ma non è vero).

Le angherie e le atrocità sofferte da Marchi avrebbero invogliato chiunque a ritirarsi a vita privata, a non scendere in prima linea. Ma lui non è così. E la sua anima emerge, irrompe anche nel suo esilio padovano. “Ogni giorno, due volte al giorno, andavo in stazione a Padova in bicicletta a portare bevande calde ai senza tetto: mi presentavo con sei thermos e in uno c’era anche la grappa. Con il tempo ho trovato l’aiuto di una suora e abbiamo dedicato un grande stanzone abbandonato a luogo di ricovero, dove farli mangiare e dormire. Di 33 senza tetto, tre hanno cambiato la loro vita”. Quest’esperienza durò qualche anno, finchè l’esilio di Marchi finì e lui potè viaggiare. Allora passò il testimone ai ragazzi di una parrocchia.

Ed è qui che inizia la storia di “Jardin de los ninos”: un unico nome per due associazioni, una con sede a Dolo, nel veneziano, e una, l’originale, in Argentina, nella più povera delle province, Misiones, con un milione di abitanti. L’associazione in loco è nata come un giardino d’infanzia per accogliere i bambini di strada delle baraccopoli, ma in 20 anni è diventata anche altro: mensa per i bimbi denutriti, ambulatorio, centro di formazione professionale, panificio comunitario, centro per gli anziani indigenti e le ragazze madri. E piano piano, dagli interventi per tamponare le emergenze si è passati alla nascita di cooperative che prendono in carico i servizi, alla costruzione in proprio di case in muratura, alla spinta a nuove attività attraverso microcrediti.

Parallelamente, in Italia Jardin de los Ninos Onlus è un’associazione senza fini di lucro che lavora a tutela dell’infanzia e delle popolazioni più povere del Sud del Mondo, realizzando progetti di cooperazione internazionale in Brasile, Ecuador, Rwanda e, recentemente, Perù.

È così che Emilio ricorda gli esordi: “Nel 1983 finito l’esilio andai in Argentina con un mio amico, Francesco e ci dirigemmo a nord. Erano trascorsi solo quattro giorni dall’instaurazione della democrazia. Siamo entrati dunque a Misiones, che è terra argentina ma che confina con il Brasile (con cui condivide le cascate di Iguazu) e con il Paraguay. Mi colpì la quantità di persone, bambini, lungo le strade, mi colpì la povertà. Ma ancor di più mi colpì l’indifferenza del mio amico, che è pur una persona buona e sensibile. “Il mondo è così – mi disse – Non puoi cambiare il mondo”. Invece Emilio decide di provarci a cambiare almeno quel mondo. E tenta di far cambiare idea al suo amico: in questo però non è riuscito.

L’opera di Marchi lascia il segno in Argentina, esiste e si è rafforzata in un ventennio, dando vita alla principale Ong della provincia. “L’impressione che ebbi in quell’83 era di un paese che aveva ritrovato la democrazia, che aveva un mare di energie rimaste nascoste che volevano emergere. La mancanza di diritti è tremenda e quando un popolo in queste condizioni trova la libertà c’è un’atmosfera positiva, di festa, allegra”.

Da 20 anni fa a ora, secondo Marchi, molto è cambiato: “Il popolo ha attraversato molti colpi di stato, la democrazia non è stata stabile, ma periodica inserendosi negli spazi lasciati liberi dalle dittature. Dopo la grande crisi del 2001 c’è stato un periodo di grande instabilità, che comunque adesso perlopiù è rientrato. Diciamo che la situazione attuale rappresenta un buon inizio”.

Attualmente a Misiones sono impegnati 120 operatori, che lavorano per promuovere una formazione professionale a quella gente: “Non facciamo assistenzialismo, insegnamo alle persone a lavorare, anche se ora come ora la domanda di lavoro è maggiore dell’offerta, soprattutto nel campo edilizio. E promuoviamo anche un ritorno alla campagna, abbandonata da molti venuti in città a cercare lavoro”.

A distanza di 20 anni Emilio non è stanco, ha ancora voglia di aiutare gli indifesi, ha ancora l’energia necessaria a sperare e credere che lo Stato possa e debba fidarsi delle Ong e attivare con loro progetti importanti per risollevare le sorti delle persone.

Adesso Emilio è in Italia e ci resterà fino al 30 ottobre. Ma il suo pensiero non se n’è mai andato dall’Argentina. “C’è ancora tanto tanto da fare” ripete. (gig)

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