2282 BRASILE: Lula prepara il gran finale

20061011 10:35:00 webmaster

Bruna Peyrot da Belo Horizonte

La sera del 9 ottobre 2006, alle 20.30 sulla rete tv Bandeirantes si è svolto il primo dibattito politico del secondo turno delle elezioni presidenziali. C’era molta attesa e curiosità di vedere, finalmente uno di fronte all’altro, Lula e Alckmin. Lula aveva sempre rifiutato fino a ora questo testa a testa, cosa che l’avversario gli ha prontamente rimproverato. Ma non è abitudine di un presidente della repubblica in carica scendere subito a questo tipo di confronto. I due dovevano seguire le regole molto precise dei “cinque blocchi” di domande previste: il primo con una domanda uguale per tutti e due, il secondo e terzo con domande reciproche, il quarto con domande di alcuni giornalisti e il quinto un finale conclusivo dei due candidati.

Come previsto Alckim ha attaccato sull’etica di un partito, il Pt (Partido dos Trabalhadores) che se ne faceva puro paladino assoluto e ha chiesto a Lula come faceva a “non sapere” i retroscena di tutti gli scandali che hanno colpito la sinistra e i suoi alleati in questo ultimo anno. Lula ha colpito Alkmin sulla passata gestione come governatore di S. Paulo, una città che non ha mai risolto la violenza del suo essere megalopoli. Ciò che colpiva era la diversa dimensione che opponeva i due candidati. Alckmin colpiva sui “dettagli” con domande precise come punte di una freccia avvelenata. Per esempio affermava l’incapacità del governo Lula ad attivare infrastrutture come strade e ponti, dimenticando che il processo per realizzare tali progetti è lungo e che pur essendo stati approvati molti interventi, specie nel nordest del Brasile, la loro visibilità non è ancora esplosa. Lula invece ha parlato da grande uomo di governo, che sa delineare un progetto per il proprio paese.
I temi principali della sua campagna elettorale sono cinque – i cinque “assi” che il suo governo ha saputo sviluppare con qualche importante successo: sviluppo economico che al secondo mandato intende accompagnare da una giusta redistribuzione della rendita; l’inclusione sociale, affrontata in quattro anni con Progetti, come Projovem o la Bolsa Familía, che cominciano adesso a dare buoni frutti; la tecnologia, invocata per una ancor maggiore modernizzazione del Brasile e per una maggior padronanza delle informazioni da parte di un numero sempre più grande di giovani; l’educazione in cui la riforma della scuola ha sancito “quote” per i neri e i più poveri; infine l’energia volta alla produzione di autosufficienza per il paese, sia con l’alcol al posto della benzina, sia con una minor dipendenza dal gas boliviano (causa di una crisi fra i due paesi, ora in via di risoluzione con l’accettazione da parte della Petrobras dei nuovi costi imposti da Evo Morales). Una idea guida fondamentale degli organizzatori della campagna elettorale di Lula è stata il suo coltivare la vicinanza al “popolo”, anche se è sbagliato dire che sono i poveri a votare Lula e i ricchi Alckmin del Psdb. Piuttosto si stanno delineando due “blocchi” ugualmente popolari e ugualmente sostenuti dalle classi medioalte. Interessante sarà avere la possibilità di articolare questa analisi per capire chi è sociologicamente il sostenitore brasiliano di Lula, oltre i luoghi comuni. Il “Popolo” è una parola invocata da tutti i dirigenti politici e culturali brasiliani, ma in realtà, spesso è una entità generica che rassicura gli uditori di volta in volta convocati sulla buona lealtà dell’importante interlocutore esposto ai loro sguardi. Nel caso di Lula il “popolo” sono la gente che incontra nei suoi numerosissimi viaggi per tutto il Brasile a cui presenta semplicemente la sua persona per dire: fino qui ce l’abbiamo fatta, ora potremmo fare di più se mi votate ancora. E il popolo, in questo caso soprattutto quello più povero, gli crede. Ha saputo poco della lunga e travagliata crisi etica del Pt quasi gli basta ancora sapere che “uno di loro” è presidente della repubblica. Chi gli crede di meno è la classe medio bassa, quella che legge i giornali e ha seguito tutto il percorso del Pt e che è stata più colpita dalla crisi etica e vuole garanzie in più, sapere di più che cosa realmente Lula potrà fare, al di là della sua pur carismatica figura. Per questa fascia sociale vale anche la campagna elettorale a colpi di libri. Ne sono usciti diversi in previsione di questo confronto. Ne citiamo solo tre. Il primo è la biografia di Fernando Henrique Cardoso che ha governato per due mandati prima di Lula. Nelle quasi settecento pagine de “L’arte della politica. La storia che ho vissuto”, in modo apparentemente oggettivo, quasi tecnico, FHC ripercorre le tappe della sua politica più che invocando valori, spiegando di aver dovuto incarnare a ogni scelta lo spirito di una società che voleva essere protagonista. Anche le liberalizzazioni avviate diventano così semplici tecniche per portare il Brasile sulla via della grandezza. Questa idea della “grandezza” direi che è comune a tutti i dirigenti politici, come se fosse loro utile a far evaporare – ancora! – l’ombra lunga della colonizzazione, compreso Lula che dice di “lasciare” alla fine del suo primo mandato un paese “grandioso”. E forse è davvero così, specie in politica estera dove il Brasile è diventato un punto di riferimento fondamentale per l’unione latinoamericana, ma anche per i popoli di lingua portoghese e i colossi come la Cina che in Brasile sta gestendo buona parte delle industrie tecnologiche di supporto. Parla di tutto questo un libro interessante di Aloisio Mercadante, uno dei massimi dirigenti del Pt, letto da moltissimi militanti perché fornisce dati concreti di discussione, anche se ora un poco adombrato dallo scandalo che ha colpito l’autore, coinvolto, attraverso un suo stretto collaboratore, nell’acquisto di un dossier contro Alckmin. Infine, alcuni libri fanno entrare la spiritualità nella politica, come quello di Frei Betto, A mosca azul, un religioso che ha una lunga storia comune con Lula, già suo consigliere e poi tornato, potremmo dire, alla parrocchia, per reclamare con la consueta libertà una politica che rispetti la dimensione umana, basata sull’etica del servizio e un potere condiviso.

 

 

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