2325 NOMADI: Salute? Un diritto negato per le comunità rom

20061020 13:02:00 webmaster

Bambini mai vaccinati e malnutri, alta percentuale di persone con problemi di tossicodipendenze, problemi psichiatrici. Cnca, Comune di Roma e Asl 5 di Pisa insieme nel progetto ”Sastipen”

Sono 10 milioni i rom nei 25 paesi membri

ROMA – In larga misura sono cittadini italiani, ma per loro uno dei principali diritti della cittadinanza, quello alla salute, quasi non esiste. E´ la situazione dei rom nel nostro paese, costretti a vivere, per responsabilità propria e altrui, ai margini della società. Dati precisi dimostrano che le condizioni sanitarie di queste persone sono di gran lunga inferiori rispetto a quelle delle comunità maggioritarie: mancanza di vaccinazione e deficienze nutrizionali nei bambini, alta percentuale di persone con problemi di tossicodipendenze da sostanze legali ed illegali, rilevante percentuale di incidenti domestici e di lesioni involontarie, alta incidenza percentuale di problemi psichiatrici.

Un quadro preoccupante delineato questa mattina nel corso di un seminario nazionale organizzato a Roma dal Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA), con la collaborazione del Comune di Roma e della ASL 5 di Pisa, protagonisti del progetto "Sastipen" per la riduzione delle disuguaglianze sofferte dalle comunità rom in tema di salute.

Un progetto finanziato direttamente dalla Commissione Europea, ideato e attuato grazie alla collaborazione di un vero e proprio network di organismi governativi e non, in molti paesi europei. Giunto alla terza edizione, per la prima volta allargato a partner dell´Europa orientale (Romania, Bulgaria, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia), "Sastipen" ("salute", in lingua romané) mira ad identificare le principali cause dell’insorgenza di problematiche sanitarie e della mancanza di un accesso adeguato e di un uso corretto dei servizi da parte dei cittadini rom, proponendo al mondo della politica una serie di indicazioni e suggerimenti tali da sopperire alle attuali mancanze. Un lavoro protrattosi dal 2004 ad oggi che ha reso possibile il coordinamento e l´incrocio di tutte le informazioni disponibili in materia, attuando uno scambio di esperienze e di "buone prassi" a livello nazionale e internazionale. Nel concreto, una mole di 500 pubblicazioni, corredate da seminari e momenti formativi organizzati in tutti i paesi interessati (oltre ai già citati, anche Spagna, Grecia e Portogallo) e in procinto di esaurirsi, a breve, in un appuntamento internazionale a Madrid.

"Il forte limite della politica italiana sul tema della diritto alla salute delle comunità rom" – ha affermato Francesca Nucci dell´Asl 5 di Pisa – "è la tendenza ad occuparsi di esse solamente in rapporto all´emergenza sanitaria nei campi sosta: non si realizza mai cioè una politica che veda al centro la persona rom e le sue esigenze". D´altro canto, ha rilevato Stefano Bertoletti, coordinatore di "Sastipen", "le differenze culturali fra i rom e il resto della popolazione, anche riguardo ai concetti stessi di "salute", "sintomo" e "malattia" sono tante e tali che è necessario, da parte degli operatori dei Servizi Sociali, pubblici o privati, mettere in crisi tutti i modelli preordinati in base ai quali solitamente si opera". Indispensabile dunque la figura del mediatore culturale, ma imprescindibile è il coordinamento stretto fra chi agisce sul campo e la controparte politica: "In assenza di un decisore politico e di risorse finanziarie si possono mettere in campo solamente parole".

Lo studio realizzato e le esperienze vissute a Roma dalla Comunità di Capodarco e dalla Cooperativa Sociale Magliana ´80 e a Pisa dalla Asl 5 mettono in evidenza anche altri fondamentali aspetti: anzitutto, per migliorare il rapporto esistente fra rom e mondo della salute occorre pensare ad un approccio globale che punti sulla promozione sociale, rendendo gli zingari protagonisti della loro stessa vita. E per fare tutto questo è d´obbligo una politica della casa che parta dal presupposto che, contrariamente al comune pensare, la popolazione nomade rappresenta solamente il 20% dei rom, per il resto caratterizzata ormai dai tratti della sedentarietà e della stabilità. Il sostegno delle istituzioni è stato portato dal direttore dell´Agenzia Comunale per le Tossicodipendenze del Comune di Roma Guglielmo Masci (quello del consumo di sostanze stupefacenti fra i rom è un problema particolarmente sentito in città) e dal Direttore del V Dipartimento del Comune di Roma, Franco Alvaro, entrambi concordi nel sottolineare la necessità di una puntuale programmazione degli interventi a favore dei rom all´interno dei piani di zona, soprattutto nei contesti metropolitani. (Stefano Caredda)

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Cittadini europei di serie B: sono 10 milioni i rom nei 25 paesi membri

In Italia vivono 140mila persone appartenenti alle varie comunità e il 60% è stanziale. ”Occorre sfatare due miti: quello dei rom come popolo nomade e quello di una presunta invasione di zingari in Italia”

ROMA – Nel giro di pochi anni diventeranno cittadini europei, eppure la loro strada è tutta in salita. Quanto mai difficile l’integrazione reale delle comunità rom nel nostro paese, fra forti disuguaglianze sociali e un altissimo grado di diffidenza e ostilità. In tutta Europa sono visti con circospezione e fatti bersaglio di profonde discriminazioni: una su tutte, quella relativa allo stato di salute e all’accesso ai servizi sanitari, trattato oggi nel seminario nazionale organizzato a Roma dal Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA) e dal Comune di Roma. A tracciare il quadro della presenza rom in Europa e in particolare nel nostro paese è stato Salvo Di Maggio della CNCA, responsabile degli interventi ai rom della Comunità Capodarco di Roma.

Sono dieci milioni i rom presenti sul territorio dei venticinque paesi membri dell´Unione Europea: otto di questi abitano nei dieci stati di più recente ingresso. E’ la più vasta comunità senza stato a vivere sul territorio dell’Ue, che non a caso, con la raccomandazione 10/2006, si è preoccupata di prendere posizione in merito al loro diritti di accesso alla salute. In Italia la presenza rom è, contrariamente alla credenza popolare, molto limitata: si tratta al massimo di 140mila unità. E di questi, la gran parte, circa 90mila, sono cittadini italiani. I primi insediamenti zingari nel nostro paese risalgono al quindicesimo secolo, e i discendenti di quei migranti – pur avendo mantenuto le loro origini culturali – sono a tutti gli effetti integrati nel nostro paese. Le migrazioni più recenti, che hanno riguardato la Jugoslavia negli anni ´70 e ´80 e tutta l´Europa orientale a partire dal 1989, hanno portato in Italia circa 45mila persone, con una forte presenza di romeni negli anni successivi al 2000. Anch´essi, con il prossimo ingresso di Bucarest nell´UE, diventeranno fra due mesi cittadini comunitari.

Il 60% dei 140mila appartenenti alle varie comunità rom non sono nomadi: vivono cioè in una situazione di sedentarietà: non vivono dunque nei campi nomadi, ma presso comuni strutture abitative. Del restante 40% la metà è seminomade, mentre l’altra è costituita dai sinti, cioè dai circensi o giostrai, artisti che viaggiano permanentemente portando in scena il loro spettacolo itinerante. "Occorre sfatare dunque due miti: quello dei rom come popolo nomade e quello di una presunta invasione di zingari in Italia. Centoquarantamila persone sono appena lo 0,24% dei 58 milioni di abitanti che vivono sul territorio nazionale". Per quanto concerne in particolare il fronte sanitario, gli interventi sul campo si realizzano soprattutto all´interno dei campi nomadi, dove la presenza di stranieri si impenna e l´accesso alla cura si lega inevitabilmente anche alle tematiche della cittadinanza e dell´immigrazione. Quanto mai opportuno, dicono gli operatori del settore, agire prontamente sul doppio versante dell´integrazione e della mediazione culturale.

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