2321 GINO BUCCHINO INTERVIENE, PRIMO TRA GLI ELETTI ALL'ESTERO, SULLE QUESTIONI DELL'IMMIGRAZIONE

20061019 15:28:00 webmaster

PER LA PRIMA VOLTA UN PARLAMENTARE DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO INTERVIENE CON UNA INTERROGAZIONE E CON UNA PROPOSTA DI MODIFICA LEGISLATIVA SU IMPORTANTI QUESTIONI RELATIVE ALL’IMMIGRAZIONE IN ITALIA: Si tratta dell’on.Gino Bucchino, medico di Toronto, eletto nella Circoscrizione del Nord America nelle liste dell’Unione

Riportiamo di seguito l’Interrogazione a risposta immediata rivolta al Ministro degli Interni Amato e la proposta di modifica legislativa della Legge del 6 marzo 1998 n. 40 "Disciplina dell’immigrato e norme sulla condizione dello straniero" in materia di espulsioni e di respingimento. Si tratta di una proposta di modifica legislativa che affronta la frequente drammatica situazione affrontata dalle donne immigrate partorienti in situazioni di clandestinità, a rischio di espulsione dopo sei mesi dall’avvenuto parto.

Gli interventi di Gino Bucchino confermano l’importante ruolo propositivo che possono svolgere e a cui sono chiamati i parlamentari dell’emigrazione italiana sui temi dell’immigrazione del nostro paese.

Interrogazione a risposta immediata

Al Ministro degli Interni – per sapere – premesso che:
-Il Sig. Ministro dell’Interno Giuliano Amato, riferendo davanti alla Commissione Affari Costituzionali del Senato in merito alla riforma della Legge Bossi-Fini, ha dichiarato: “Non è possibile eliminare i Cpt e lasciare per la strada chi sbarca anche perché c’è un’emergenza sanitaria con casi di lebbra, Tbc e scabbia” (Corriere della Sera del 28/09/2006); “[Gli immigrati] sono un pericolo sanitario. Serve una verifica” (La Stampa del 28/09/2006)

-Non è la prima volta che un ministro della Repubblica identifica gli immigrati presenti nel nostro Paese come un pericolo sanitario: solo qualche mese fa, l’allora Ministro della Salute Francesco Storace avanzava la proposta di screening sanitari obbligatori per tutti gli immigrati al momento dell’arrivo in Italia.

-I pregiudizi che vedono gli stranieri come inevitabili portatori di rischi per la salute della collettività sono tali e rilevanti da essere stati riassunti nella definizione “sindrome di salgari”, coniata dalla Caritas di Roma più di venti anni orsono per riferirsi all’immaginario che molti operatori sanitari e persone in genere hanno riguardo le patologie che presentano gli immigrati e che non corrispondono ad una verifica locale. Vale la pena ricordare che Emilio Salgari è autore di romanzi che hanno come protagonisti personaggi ambientati in mondi esotici descritti in maniera particolareggiata e affascinante. Personaggi e luoghi entrati nelle case degli italiani attraverso la versione televisiva e che all’epoca hanno contribuito a sviluppare il loro immaginario sui luoghi esotici. Di fatto Salgari non ha mai visitato quei paesi e le sue descrizioni sono frutto delle cose che aveva letto amalgamate all sua fervida fantasia.

-I pregiudizi al riguardo del “pericolo sanitario” sono adesso fortemente radicati nonostante svariati studi epidemiologici sottolineino da tempo che il rischio di importazione di malattie infettive ricollegabile all’immigrazione è trascurabile. Gli esperti parlano di “effetto migrante sano”, una forma di selezione naturale all’origine per cui decide di emigrare solo chi è in buone condizioni di salute. Una volta in Italia gli immigrati vedono progressivamente depauperare il loro patrimonio di salute, a causa della continua esposizione ai fattori di rischio della povertà –precarietà alloggiativa, sovraffollamento, scarsa tutela sul lavoro, alimentazione carente– ai quali si aggiungono il disagio psicologico legato allo sradicamento culturale e le difficoltà di accesso ai servizi sociosanitari

-Queste considerazioni epidemiologiche sono confermate anche dall’analisi dei ricoveri, che evidenzia un basso impatto del fenomeno migratorio sui servizi ospedalieri –inferiore all’impatto demografico– per motivi essenzialmente riconducibili a eventi fisiologici come il parto o accidentali come i traumi.

-Emergono alcune aree critiche per la salute degli immigrati, come ad esempio la tubercolosi e l’AIDS. Nel primo caso, la criticità non è tanto legata ai rischi di propagazione in forma epidemica alla popolazione ospitante, quanto piuttosto alle difficoltà di gestione dei casi in termini di adesione alle cure e di possibilità di seguire i pazienti nel tempo. Per quanto riguarda l’AIDS, un recente studio dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Agenzia di Sanità Pubblica del Lazio ha segnalato come la diffusione della malattia in Italia tra la popolazione straniera non sia allarmante, anzi negli ultimi anni i casi sono addirittura in diminuzione

-L’idea che i Cpt possano rappresentare una risposta all’emergenza sanitaria degli immigrati, trasformandosi in luoghi impropri di degenza o di cura, non appare sostenibile. Anche in considerazione del fatto che da più parti vengono segnalate situazioni di estremo degrado all’interno dei centri, in grado di determinare o comunque aggravare le condizioni di salute delle persone ivi dimoranti.

Il Ministro è in possesso di informazioni differenti rispetto a quelle che emergono dalla letteratura scientifica, in merito a eventuali pericoli sanitari collegati all’emigrazione?

Quali sono i motivi che hanno indotto il Ministro a usare toni così allarmistici?

Quali sono le azioni e iniziative che il Ministro intende adottare per promuovere l’accoglienza, l’inserimento sociale e la garanzia dei diritti primari, primo fra tutti quello della vita e della salute, degli immigrati?

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CAMERA DEI DEPUTATI

PROPOSTA DI LEGGE
D’iniziativa dei deputati BUCCHINO, ZANOTTI

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“Modifiche alle legge 6 Marzo 1998 n. 40 “Disciplina dell’immigrato e norme sulla condizione dello straniero” in materia di espulsioni e di respingimento”.

Onorevoli colleghi! Gli immigrati in Italia secondo i dati del Ministero degli Interni sono quasi tre milioni. Il “Dossier Statistico Immigrazione 2005” della Caritas indica esattamente in 2.786.340 gli immigrati in Italia, una percentuale sulla popolazione residente di circa il 5%, in linea con la media europea stimata del 5.2% . Circa la metà è rappresentata da donne. A questo numero devono aggiungersi gli immigrati “irregolari” stimati in una percentuale compresa tra il 20 e il 30% degli immigrati con regolare permesso di soggiorno per un totale quindi di immigrati regolari e non compreso fra i 3.200.000 e i 3.500.000. La legge attualmente in vigore, la n. 40 del 6 Marzo 1998, è certamente una delle più avanzate del mondo poiché, sostanzialmente, equipara l’immigrato con regolare permesso di soggiorno al cittadino italiano e allo stesso tempo riconosce agli immigrati irregolari il diritto alle cure urgenti ancorche continuative ed essenziali. Tutto ciò a conferma della tradizione di riconoscimento, di difesa dei diritti umani e di solidarietà che caratterizza il nostro Paese nonché, della presa di coscienza che gli immigrati rappresentano, di fatto, una risorsa, un investimento sul futuro del nostro Paese piuttosto che una minaccia, dato che i figli di madri straniere nella loro grande maggioranza saranno gli italiani di domani, nostri concittadini. Il nostro Paese è così avviato a diventare un Paese multietnico, dove l’auspicata integrazione si potrà arricchire anche di parole come interazione, reciprocità e fecondità negli scambi. E’ questo il percorso obbligatorio che l’Italia dovrà seguire con impegno e determinazione anche se, allo stato attuale, dobbiamo constatare che nella realtà i percorsi di integrazione sanciti dalla legge sono ancora segnati da ostacoli con disuguaglianza nell’accesso e nella fruizione dei servizi, sia per mancanza di corrette conoscenze dei propri diritti da parte degli immigrati, sia per le barriere di gravi pregiudizi che ancora devono essere abbattute. Tutt’ora, purtroppo, si pensa, erroneamente, agli immigrati come portatori di malattie, quando invece i dati scientifici dimostrano che arrivano in Italia sani (a parte le condizioni spico-fisiche di chi a dovuto affrontare viaggi disperati) e si ammalano dopo l’arrivo. Possiamo quindi affermare che manca una aggiornata e adeguata politica dell’immigrazione e che c’è sempre maggiore precarietà dell’immigrato, precarietà che va anche a gravare pesantemente sulla sua salute (una buona integrazione va infatti a limitare il fenomeno della deriva e dell’emarginazione sociale – fattori questi ultimi che incrementano violenza e crimilità- e quindi migliora il benessere e la sicurezza sociale). Numerose e gravi sono le aree critiche sulle quali dobbiamo intervenire con urgenza come ad esempio, quella della tutela del lavoro che, stante l’attuale normativa che prevede un legame troppo stretto con il contratto di lavoro ed il permesso di soggiorno, pone i lavoratori stranieri nella condizione di forte ricattabilità così da accettare condizioni di lavoro molto più simili ad una condizione di sfruttamento (ciò viene confermato dai dati sanitari sugli infortuni dei lavoratori stranieri). Nell’auspicio che una nuova legge di sistema sia presto approntata per dare dignitosa soluzione alle numerose problematiche è nostro dovere affrontare e agire con adeguati strumenti almeno su un punto critico che richiede e merita immediata attenzione. Mi riferisco al problema della salute della gestante, della partoriente e del neonato. La gravidanza e il parto delle donne straniere risultano più a rischio che nelle donne italiane. Le donne immigrate di fatto risultano svantaggiate rispetto alle donne italiane nell’accesso ai servizi e nella fruizione degli esami e controlli assicurati dalla normativa di tutela della gravidanzaa. E’ verificato da dati scientifici, che le donne immigrate accedono con maggior ritardo e in modo insufficiente alle prestazioni di monitoraggio e prevenzione previsti e che è diffusa la carenza di corrette informazioni a riguardo. Ciò determina un maggior rischio di patologia per loro e per i loro bambini al momento della nascita. (Complicanze in gravidanza e al parto sono fra le maggiori cause di ricovero di stranieri residenti in Italia. Le donne straniere ricorrono inoltre maggiormente a IVG –interruzione volontara di gravidanza- , hanno un maggior rischio di taglio cesareo e le malformazioni alla nascita sono piu’ frequenti nei figli di donne immigrate). Il problema è particolarmente grave fra le donne immigrate in condizione di irregolarità. Attualmente le donne immigrate irregolari non possono essere espulse o respinte durante la gravidanza e fino ai 6 mesi successivi alla nascita del figlio (legge 6 Marzo 1998, n.40, art. 17, lettera d). La documentata esperienza di questi ultimi anni ha dimostrato però come nella stragrande maggioranza le donne in gravidanza non in possesso del permesso di soggiorno, preferiscono non usufruire del divieto di espulsione fino a 6 mesi dopo il parto, restando quindi nella clandestinità per il timore di venire espulse allo scadere del periodo prefissato di 6 mesi. La presente proposta di modifica della legge 6 Marzo 1998, n. 40, vuole estendere il periodo di non espulsione di almeno ulteriori 6 mesi per consentire alla donna, in tempi accettabili, di trovare una occupazione e di ottenere quindi un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. E’ facilmente comprensibile come sia realisticamente molto difficile che una donna nei sei mesi successivi al parto possa riuscire a cercare e trovare un lavoro. Tale periodo è giustamente riconosciuto critico da un punto di vista della salute psico-fisica della donna – basti ricordare la temuta e diffusa depressione post-partum – . Oltretutto nella grande maggioranza dei casi la donna straniera immigrata, a maggior ragione se irregolare, si trova quasi sempre priva di una rete familiare o parenterale di sostegno e di adeguati supporti sociali. Il provvedimento di modifica proposto è semplice ed è un atto dovuto in quanto consentirà di migliorare sensibilmente l’accesso ai servizi sanitari e la fruizione delle prestazioni sanitarie sia per le donne gravide che per le puerpere e di proteggere efficacemente la vita dei nascituri. E’ un provvedimento volto, quindi, a tutelare la salute delle donne e dei loro figli. Un provvedimento simile, inoltre, produrrebbe effetti molto positivi anche sulla prevenzione delle interruzioni volontarie di gravidanza spesso motivate da oggettive situazioni sociali come la precarietà per quanto riguarda il lavoro o la situazione abitativa della donna, carenza di concreti supporti sociali e la mancanza di tutela nel medio-lungo termine. Di fatto le donne straniere immigrate irregolari abortiscono da tre a quattro volte in più delle donne italiane. E questa è una vera e propria emergenza sanitaria che conferma come la fragilità sociale sia tra i principali fattori di rischio dell’aborto volontario.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1

All’art. 17 della Legge 6 Marzo 1998 n.40 sostituire la lettera d) con la seguente:

d) delle donne in stato di gravidanza o nei dodici mesi successive alla nascita del figlio cui provvedono.

 

 

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