2365 DOPPIA CITTADINANZA MESSA IN DISCUSSIONE IN CANADA: "Le origini nel peccato, originale".

20061026 15:09:00 webmaster

di William Anselmi (da Edmonton-ALBERTA)

A pensar male magari s’indovina, e a parafrasare un vecchio volpino della politica italiana non si fa peccato. Ora che si è data la cornice, riflettiamo. Nelle ultime settimane grazie al sapiente pensiero dell’indiscutibile Re H.A.B. (Homunculus Alberta Boss), si è molto sparlato della doppia cittadinanza. A monte, un fatto: circa 85 milioni di dollari spesi per il rimpatrio dal Libano di cittadini canadesi. (Ma nessuna vera discussione sul come e il perché della guerra spicciola. Quella la lasciamo alla televisione, ed alle trombette e tamburini dei soldatini che marciano compatti in questa società).

Dal fattore economico a quello politico il passo è più che breve. Se non vogliamo che questo si ripeta, non la guerra, ma l’esborso, la soluzione è di un’assurda semplicità. Eliminando la doppia cittadinanza non si avrà una ripetizione, una perdita, un deficit nell’economia nazionale. Punto. Eccoci chiamati a raccolta: i canadesi di qua, tutti gli altri di là. La retorica nazionalista punta l’indice indefesso. Ergo, chi è contro l’unicità della cittadinanza (canadese) non è Canadese, ma un potenziale nemico (del Canada, dell’Occidente).
Non ci vuol molto per smontare questa retorica del potere espresso dall’attuale governo in Canada. La doppia cittadinanza è l’espressione socio-politica a livello avanzato di un soggetto multi- etnico e culturale. Non perdiamoci in esempi, anche se circa 90 nazioni nel mondo la mettono in atto. La doppia cittadinanza è un dato di fatto, specialmente di fronte a quel processo economico che si vuole in termini di globalizzazione. Quello che invece è messo in discussione, ipocriticamente (a livello sociale) e contraddittoriamente (a livello economico), è piuttosto l’idea di appartenenza. Il governo Harper ha gettato l’esca per vedere tanti pesci abboccare. Non quanti voti questa presa di posizione porterà (non solo un altro di quei semplici gesti harperiosi del divide et impera), ma un attacco subdolo e preciso alla pratica di ogni giorno di una convivenza multiculturale, multietnica.
Polarizzare il discorso nella società, vedere tutto in bianco e nero, è espediente e scorciatoia del fascistoide. Non si vuole riflettere o dialogare, la dialettica – pane della democrazia – è bandita. Si vuole solo convincere a suon di martellate, con buona pace di Nietzsche. O con noi, o contro di noi – è questo in breve il risultato. Chi ha messo in gioco il discorso del bando della doppia cittadinanza lo ha fatto con un duplice scopo. Aizzare gli animi già esasperati da una guerra totale, strisciante e continua. Guerra che non ha un vero nemico. Guerra vista in televisione e vissuta in casa, nelle strade, nei posti di lavoro. E, indicare – grazie a chi protesterà – il vero nemico del/in Canada. È un effetto che viene da lontano (nei millenni), ed anche da molto vicino (ironicamente, di buon vicinato). Da molto vicino perché ripete esattamente, per filo e per segno, quel processo (postmoderno) che ha preso controllo dell’ex-democrazia USA. Da molto lontano, perché le origini sono, indubbiamente, religiose. È la paranoia di chi si sente ancora scacciato dal paradiso terrestre. Paranoia che irrigidisce il corpo, e rende obsoleto il cervelletto. La paradura – ovvero la paranoia che indugia, traffica e consuma – della persona che pur di far ritorno al mito di un passato auro e felice, è pronta a sacrificare sull’altare personale l’Altro (in altre parole, tutti coloro che non sono e non la pensano come il Gran Capestro). Non solo capro espiatorio, ma corpi da straziare, da cancellare, da ridurre al silenzio assoluto dell’irrealtà della pre-vita. È un processo che sfocia nel ventesimo secolo con milioni e milioni di vittime. Un processo così facile da rimettere in gioco, ma il cui controllo sfugge, diventa legge del caos, branco e poco più. Politica, del paradiso perduto.

 

 

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