2364 IMMIGRAZIONE/SPECIALE DOSSIER STATISTICO: l'immigrazione nelle regioni

20061025 20:08:00 webmaster

L’immigrazione nelle Regioni. In Emilia Romagna non è più un ”fenomeno”

E’ la terza regione italiana per integrazione, dopo Veneto e Marche. Nel 2005 gli stranieri sono aumentati del 12,5% (il 7,5% sulla popolazione). Non solo: la Regione è quella con il maggior numero di alunni immigrati

In Umbria sono 62mila gli immigrati regolari. Più difficili le migrazioni per motivi di studio

La Campania, prima regione del Mezzogiorno per presenze straniere

Il Veneto si conferma seconda regione d’Italia per presenza di immigrati

La Lombardia si conferma prima in Italia per numero di migranti

Veneto: particolare attenzione alla condizione dei minori, ma le risorse non bastano

Sono gli asiatici gli stranieri più numerosi a Milano: rappresentano il 35,4% del totale

L’immigrazione nelle Regioni. In Emilia Romagna non è più un ”fenomeno”

E’ la terza regione italiana per integrazione, dopo Veneto e Marche. Nel 2005 gli stranieri sono aumentati del 12,5% (il 7,5% sulla popolazione). Non solo: la Regione è quella con il maggior numero di alunni immigrati

BOLOGNA – Da “fenomeno” a processo stabile e in continua crescita. Si è trasformata così l’immigrazione in Emilia-Romagna che, secondo il Rapporto annuale Caritas/Migrantes 2006, è la terza regione italiana per integrazione, dopo Veneto e Marche. Nel 2005, gli stranieri sono aumentati del 12,5% rispetto all’anno precedente, con un’incidenza del 7,5% sulla popolazione. Non solo: l’Emila-Romagna continua ad essere la regione italiana con il maggior numero di giovani immigrati che frequentano il sistema educativo e scolastico (su un totale di 534.337 alunni, quelli stranieri sono 50.999, ovvero il 9,54% contro l’8,4 del 2004/2005). Tra gli altri dati presentati questa mattina in Regione, che confermano come il fenomeno migratorio stia diventando sempre più stabile, la Caritas ha evidenziato una crescita del 12,5% degli stranieri residenti, una delle più basse degli ultimi anni. “Il motivo di questa percentuale in diminuzione – ha spiegato l’assessore regionale alle Politiche sociali e immigrazione, Anna Maria Dapporto – è che si stanno affievolendo gli effetti dei ricongiungimenti familiari e della regolarizzazione del 2002-2003; un segnale forte, questo, che descrive la caratteristica di stabilità che ha assunto l’immigrazione nella nostra regione”. Le nazionalità di provenienza vedono sempre al primo posto il Marocco (17,3%), seguito da Albania (13,8%) e Romania (6,5%), numeri che confermano una tendenza (anche nazionale) di aumento dei cittadini provenienti dall’Est Europa. Infine il lavoro: nel 2005 alla banca dati Inail risultano occupati per l’Emilia-Romagna 181.254 lavoratori non comunitari, il 12,6% dei lavoratori complessivi (nel 2001 i lavoratori stranieri erano il 7,9%).

Ma di fronte a questa fotografia della nuova Emilia-Romagna, quali sono le risposte che arrivano della Regione e delle istituzioni locali? “I dati raccolti dal Dossier – spiega Roland Jace, vicepresidente della Consulta regionale per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri – dimostrano che quello dell’immigrazione non è più un fenomeno, ma un processo che inevitabilmente incide su tre aspetti: la popolazione, l’economia e il welfare”. Devono partire da qui, quindi, le scelte politiche: “In Emilia-Romagna – prosegue Jace – l’emigrazione tenta di interagire con la società. L’accoglienza, quindi, non deve più essere solamente integrazione, ma interazione; che significa prima di tutto diritto alla partecipazione. La direzione da seguire è questa e, per la prima volta, come Consulta, abbiamo partecipato al Programma triennale per l’immigrazione 2006/2008”. I punti più deboli, invece, sono sostanzialmente tre: “Ci auspichiamo – aggiunge Jace – che venga snellito l’iter per ottenere il permesso di soggiorno, spostando le procedure da un livello nazionale (Prefettura e Questura) al livello delle amministrazioni locali. Guardando i numeri, poi, risulta fondamentale puntare l’attenzione sulle donne e sui bambini, in crescita grazie ai ricongiungimenti familiari. In particolare, quindi, al lavoro femminile e al sistema scolastico per i nostri figli”. E proprio sull’alleggerimento burocratico degli adempimenti amministrativi dei cittadini stranieri, su cittadinanza e partecipazione, ha richiamato l’attenzione anche Gianromano Gnesotto, referente regionale del Dossier Caritas: “Ci auguriamo – ha sottolineato – che le quote dei flussi siano più realistiche e che i tempi per ottenere la carta di soggiorno scendano da 6 a 5 anni, secondo la direttiva dell’Unione Europea. La cittadinanza è il passaggio fondamentale per rendere la società coesa e integrata. Questo è un capitolo che si è finalmente aperto e che ci auguriamo approdi con buoni esiti”. (en)

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In Umbria sono 62mila gli immigrati regolari. Più difficili le migrazioni per motivi di studio

Quasi scomparsa la presenza storica di studenti provenienti dalla Nigeria e dall’Iran. Crescono i permessi per lavoro autonomo e i ricongiungimenti familiari

PERUGIA – Sessantaduemila degli oltre 3 milioni di immigrati regolari sono in Umbria.

Come a livello nazionale, le 4 nazionalità più rappresentate sono l´albanese, la marocchina, la rumena e l´ucraina. Sono alcuni dei dati che emergono dalla parte dedicata alla regione Umbria del XVI Dossier statistico sull´immigrazione curato da Caritas e fondazione Migrantes e presentato stamattina a Roma e in altre città italiane tra cui Perugia. A Perugia la nazionalità più rappresentata è quella degli albanesi (7.254 presenze di cui 3.136 donne); a Terni la comunità albanese è al secondo posto con 1.914 presenze (849 donne), mentre la prima è quella romena (2.135 presenze di cui 1.209 donne). Tale comunità nella provincia di Perugia è al terzo posto con 4.093 presenze di cui 2.236 donne. Nel territorio perugino dopo la comunità albanese troviamo la comunità marocchina (5.035 presenze di cui 1.819 donne), che è invece all’ottavo posto nel territorio ternano con 364 presenze (136 donne). La regolarizzazione del 2002 ha portato un forte incremento della comunità ucraina in Umbria, che nel 2005 è quarta per soggiornanti a Perugia (1.973 presenze di cui 1.689 donne) e terza a Terni (1.051 di cui 909 donne). A Terni la quarta comunità è rappresentata dai macedoni con 507 presenze (di cui 151 donne), che invece nel territorio perugino sono 1.858 (620 donne) collocandosi al sesto posto. Dopo la metà degli anni 90 in Umbria è iniziata una forte immigrazione dall’Ecuador, per anni avvenuta attraverso il rilascio di visti turistici e poi regolarizzata dalla sanatoria del 1996. Tale comunità è al quinto posto a Perugia (1.884) e diciannovesima a Terni (62 presenze). Ulteriori effetti della regolarizzazione del 2002 li troviamo con i cittadini moldavi, sesti a Terni (426) e decimi a Perugia (784 presenze di cui 533 donne).

La maggior parte degli immigrati in Umbria è di fede cristiana (33.563); le persone di fede islamica sono 20.621, meno di un terzo del totale della popolazione immigrata.

Studenti stranieri. Tra gli aspetti di maggiore interesse dell´istantanea sull´Umbria scattata dal Rapporto vi è quello relativo a chi migra per ragioni di studio. Nella regione che annovera Perugia tra i principali atenei di riferimento per gli stranieri, negli anni è diminuito il numero dei cittadini stranieri che arrivano per motivi di studio. Perché – spiega il Rapporto – "il progetto migratorio per studio è sempre più difficile poiché richiede importanti garanzie economiche per il rilascio del visto". In particolare è quasi scomparsa la presenza storica di studenti provenienti dalla Nigeria e dall´Iran, mentre sono diventate comunità studentesche significative quella degli albanesi (336 a Perugia e 71 a Terni) e quella dei cinesi (108). Nel 2005 i visti di ingresso rilasciati per studiare a Perugia sono stati 202 per la frequenza dei corsi universitari e 531 per i corsi non universitari; a Terni sono stati 17 per i corsi universitari e 44 per corsi di altro tipo. I titolari di permesso di soggiorno per studio sono 1.628 a Perugia e 186 a Terni: la maggior parte degli studenti stranieri a Perugia sono iscritti all’Università per Stranieri.

Poi, per la presenza di diversi ordini religiosi sul territorio, molti stranieri hanno il permesso di soggiorno per motivi religiosi: 477 a Perugia e 71 a Terni.

Lavoro. A Perugia i titolari di permessi di soggiorno per ragioni di lavoro provenienti dall’Albania sono 3.523, seguiti da Marocco (2.871), Romania (2.547), Ucraina (1.633), Ecuador (1.503), Macedonia (1.071) e Polonia (1.182). Nella Provincia di Terni, invece, i più numerosi sono i romeni (1.255), seguiti da ucraini (869), albanesi (835), moldavi (283), macedoni (281), polacchi (280), indiani (208), marocchini (190), filippini (184) e cinesi (77). Negli ultimi anni sono in aumento i titolari di permessi di soggiorno per lavoro autonomo: ciò tocca le comunità con maggiore anzianità di permanenza in Umbria. A Perugia i titolari di permesso di soggiorno di questo tipo provenienti dal Marocco sono 404, seguiti da albanesi (271), romeni (154), cinesi (78), tedeschi (67) e macedoni (47). A Terni, invece, i numeri sono: Albania 83 unità, Romania 71, Marocco 48 e Cina Popolare 33. I permessi per lavoro autonomo sono complessivamente 1.635 a Perugia e 453 a Terni. Tra i permessi di soggiorno di questo tipo sono poche le unità relative al lavoro autonomo svolto nella cura alla persona: queste riguardano donne immigrate specializzate nell’assistenza ospedaliera, alle quali viene chiesto di aprire la partita Iva per svolgere l’attività professionale.

Dallo studio “Il mercato del lavoro in Umbria nel 2005” realizzato dall´Aul, Agenzia Umbria Lavoro, emerge un largo utilizzo di manodopera straniera soprattutto in ruoli non qualificati quali collaboratori domestici, lavoratori forestali, personale non qualificato nei servizi ricreativi e culturali, addetti alle pulizie, manovali edili e facchini, ma anche in professioni qualificate come quella di muratore, saldatore, biancherista, meccanico, artigiano montatore, riparatore, manutentore industriale e carpentiere. I cittadini stranieri hanno soddisfatto anche oltre un quinto della domanda di manovali per l’assemblaggio meccanico e circa un sesto di quella di cuochi e di operatori di macchine utensili, autisti, ebanisti, montatori di carpenteria metallica, camerieri ed idraulici.

Inoltre, emerge come la manodopera straniera si caratterizza per un tasso di femminilizzazione sensibilmente inferiore rispetto alla componente italiana: l’incidenza degli avviamenti di stranieri sul totale delle assunzioni nelle prime 50 categorie professionali è del 25,6% per gli uomini e del 19,7% per le donne. Le assunzioni di lavoratori si concentrano in un numero limitato di professioni rispetto agli italiani: l’80% di tutte le assunzioni di cittadini stranieri è impiegato in sole dieci categorie professionali; in particolare è in tre categorie che si concentra il 60% di tali assunzioni (personale non qualificato dell’industria 30,6%; braccianti agricoli 14,9%; collaboratori domestici 14,1%).

Minori e ricongiungimenti familiari. Aumentano i ricongiungimenti familiari. Dai dati del Ministero dell’Interno in Umbria sono 15.220 i titolari di permesso di soggiorno per motivi familiari (11.770 a Perugia e 3.450 a Terni). A Perugia sono 3.093 i cittadini albanesi con tale soggiorno, seguiti da marocchini (1.700 permessi), romeni (1.225), macedoni (719), ecuadoregni (346). In provincia di Terni il maggior numero di immigrati provengono dall’Albania (910), dalla Romania (646), dalla Macedonia (201), dall’India (161) e dall’Ucraina (151). Rispetto agli anni novanta, quando in Umbria arrivavano uomini molto giovani e non coniugati, oggi tra gli stranieri registrati a Perugia 19.560 sono coniugati, mentre 17.386 sono celibi e nubili; a Terni i coniugati sono 5.798, i celibi e nubili 3.681; i soggiornanti stranieri con il coniuge deceduto sono 668 a Perugia e 262 a Terni. Nella fascia d’età tra zero e 18 anni troviamo 12.645 minori (10.098 a Perugia e 2.547 a Terni); tra i 19 e i 40 anni 32.692 soggiornanti (26.507 a Perugia e 6.185 a Terni); tra i 41 e i 60 anni 14.317 (11.343 a Perugia e 2.974 a Terni); oltre i 60 anni vi sono 2.487 soggiornanti (1.041 a Perugia e 446 a Terni). "Da utilizzare con cautela – mette in guardia il Rapporto – sono i dati sui minori: il loro inserimento nel permesso di soggiorno dei genitori non ne permette una puntuale determinazione. L’equipe del Dossier statistico stimava in Umbria nell’anno 2004 la presenza di oltre 10.000 minori di cui circa 8.000 a Perugia e 2.000 a Terni. Nel 2005 sono arrivati in Umbria, con visto d’ingresso per motivi familiari, 1.663 soggiornanti a Perugia e 487 a Terni, di cui si stima che il 45% siano minori; i nati stranieri sono stati 914 a Perugia e 225 a Terni.

L’aumento della presenza dei minori stranieri e delle loro famiglie nella regione fa sì che essi siano una priorità nel lavoro quotidiano dei Centri di ascolto delle otto Caritas diocesane. "I problemi maggiori – spiegano alla Caritas regionale – si incontrano nell’inserimento scolastico (se avviene ad anno scolastico già avviato o per la presenza in classi di diverse nazionalità), nell’accesso agli asili nido, nonché nel dover coniugare la cura dei figli con il lavoro. In questo ultimo caso è impossibile ricorrere al sostegno dell’affidamento familiare: non viene compresa come eventuale possibilità ed è recepito come sicura vergogna da presentare alla comunità di appartenenza". Infine, nonostante alcune famiglie siano da diversi anni in Umbria, poche sono le richieste di cittadinanza. Essa è reputata un traguardo irraggiungibile per la complessità della documentazione richiesta e per il fatto che molti Paesi di appartenenza non consentono la doppia cittadinanza. Nel lavoro dell’Istat “Conoscere l’Umbria” risulta che nel 2004 le richieste di cittadinanza sono state 164 in tutta la regione. La maggior parte di esse proviene dalla provincia di Perugia e di queste ben oltre la metà è stata presentata da donne a seguito di matrimonio (79,9 %), mentre quasi la metà delle rimanenti richieste dei maschi è per residenza superiore ai dieci anni.

Italiani emigrati. E´ di poche settimane fa la pubblicazione, a cura della Fondazione Migrantes, del "Rapporto sugli italiani nel mondo 2006" (non si tratta di oriundi italiani, che sono 60 milioni sparsi nei cinque continenti da diverse generazioni, ma degli italiani residenti all’estero iscritti all’anagrafe del Ministero dell’Interno, Aire). Degli italiani come popolo di emigrati si è parlato anche oggi in occasione del Dossier statistico. Focalizzando sull’Umbria, i suoi residenti all’estero sono 25.543 (21.176 della provincia di Perugia, 4.367 della provincia di Terni), in gran parte in Europa (18.807) e in America (5.524); seguono quelli residenti in Africa (536), in Oceania (412) e in Asia (264). Se a livello nazionale gli italiani all’estero superano gli immigrati (3.106.251 contro 3.035.114), a livello regionale gli umbri residenti all’estero sono poco meno della metà degli immigrati regolari che vivono in Umbria, che a fine 2005 sono 62.141, sempre secondo le stime realizzate dal Dossier, di cui 49.989 in provincia di Perugia e 12.152 in provincia di Terni, con un’incidenza sulla popolazione residente del 7,2 superiore di due punti a quella nazionale (5,2%). In Umbria, rispetto all’anno precedente, gli immigrati sono aumentati di circa 6 mila unità (erano 56.385, di cui 45.339 in provincia di Perugia e 11.046 in provincia di Terni). In Italia il numero di immigrati è cresciuto di circa 250 mila unità (erano 2.786.340). (ep)

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La Campania, prima regione del Mezzogiorno per presenze straniere

Registra la presenza del 45,7% delle presenze complesive del sud Italia (oltre 136mila stranieri), Si tratta di un tipo di immigrazione giovane: il 58,6% ha tra i 19 e i 40 anni. I dati Caritas-Migrantes

NAPOLI – E’ la Campania la prima regione del Sud per presenze straniere sul suo territorio, con quasi la metà degli immigrati di tutto il Meridione. Lo dice il Rapporto Caritas Migrantes che nella regione stima, per il 2005, la presenza di 136.359 persone, pari al 45,7% delle presenze complessive nel Mezzogiorno (isole escluse) e al 4,5% del totale nazionale. La Campania si colloca anche al settimo posto tra le regioni italiane, dopo Lombardia, Lazio, Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Piemonte, con una stima di immigrati regolarmente residenti quattro volte superiore a quella del 1991 (quando ne contava 31.801). Si tratta di un tipo di immigrazione giovane, visto che la classe di età prevalente è quella compresa tra i 19-40 anni, con una percentuale del 58,6%, seguita da quella 41-60 anni (34,7%). Poco consistente, invece, in termini percentuali, il peso delle seconde generazioni – con il 3,2% di ragazzi tra i 14 e i 18 anni e l’1% dei bambini tra 0-13 anni – e degli anziani, con il 2,5% delle persone immigrate che hanno superato i 60 anni.

Per quanto riguarda le nazionalità rappresentate, sono 156 quelle del campione campano, con una prevalenza di quelle provenienti dai Paesi dell’Europa Centro Orientale (42,3%) ed una costante ascesa di quelli dell’Estremo Oriente, soprattutto cinesi. Sono loro che, con ucraini, polacchi, marocchini, albanesi, srilankesi e rumeni, rappresentano i cittadini stranieri più numerosi residenti in Campania. Le differenze di genere, come negli anni passati, segnalano la prevalenza delle donne (60,5%) sugli uomini (39,5%). Sostanzialmente equilibrato il rapporto tra coniugati (52,3%) e celibi/nubili (42,2%). Tra motivi del soggiorno, predomina quello legato al lavoro subordinato (54,6%), seguito dal soggiorno per motivi familiari (23,9%). Il Rapporto Caritas/Migrantes segnala anche l’incremento del rilascio di permessi di soggiorno per lavoro autonomo, con una stima del 6,5%. Per quanto riguarda le province, Napoli è in testa alla classifica delle presenze nei capoluoghi meridionali: al sesto posto, subito prima di Bari (ma con 1/3 delle presenze partenopee) e dietro Roma, Milano, Torino, Brescia e Treviso.

Una legge regionale più consona ai tempi e ai mutati scenari del fenomeno migratorio in Campania. È questo, secondo Giancamillo Trani, responsabile del settore Immigrazione per la Caritas diocesana di Napoli e curatore della sezione campana del dossier statistico 2006 Caritas/Migrantes, il passo necessario per “una vera integrazione sociale degli immigrati” nella regione. “L’immigrazione in Campania – spiega Trani – è fenomeno che va consolidandosi e che deve fare i conti con le più impegnative sfide dell’integrazione e dell’inclusione sociale. Se a livello nazionale occorre una riforma della cittadinanza degli immigrati che ponga il diritto di voto come questione paritaria, a livello regionale occorre una legge sull’immigrazione che mandi in soffitta la legge 33 del ‘94, la cosiddetta legge Ciambriello, figlia di un’altra epoca e di un altro contesto”. Urgente, secondo Trani, anche una legge specifica per i rom, che in Campania oggi non sono più rappresentati soltanto dagli storici insediamenti di nazionalità serbo-bosniaca ma anche, negli ultimi anni, da quelli di origine romena. “Gli insediamenti sul territorio campano sono a macchia di leopardo, e ci sono zone come a Giugliano e a Casoria, dove la situazione è grave: i rom vivono tra rifiuti e topi, e si rischia una vera e propria emergenza umanitaria”.

Fondamentale, infine, appare una “vigilanza” sui livelli di attuazione della legge 328/00. “È indispensabile – conclude Giancamillo Trani – che i progetti per gli immigrati si trasformino in prestazioni stabili e permanenti, a differenza di quanto hanno fatto finora, creando vuoti paurosi soprattutto nei servizi a bassa soglia e impedendo la crescita di competenze, soprattutto nel settore pubblico”. (ip)

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Il Veneto si conferma seconda regione d’Italia per presenza di immigrati

Sono 315.747 nella regione, il 62% ha un permesso di soggiorno per lavoro. La maggiore presenza di rumeni e marocchini. Il 48% è cristiano e il 33% musulmano

VENEZIA – Il Veneto si conferma la seconda regione d’Italia per presenza di immigrati. Questo è quanto emerge dal Dossier Caritas 2006, nella parte dedicata alla situazione veneta e intitolata "Migranti in Veneto, nuove genti". Il documento è stato presentato stamattina agli operatori del settore e dell’informazione nel corso del convegno (che si è svolto contemporaneamente in 10 città italiane) promosso per diffondere il "Dossier statistico nazionale" e i dati locali. Dati, quelli reperibili nel documento regionale, che sostanzialmente confermano quelli già in possesso della Regione Veneto e quelli recentemente diffusi dall’Istat, con cui si sono fatti anche numerosi paragoni (tutti dati riferiti al 2005). "I cittadini stranieri migranti in Veneto a fine 2005 secondo il ministero dell’Interno erano 252.012, che si sono rivelati 315.747 alla Caritas, che ha calcolato a differenza del ministero anche i minori di 14 anni e le persone che stanno rinnovando il permesso di soggiorno – spiega Bruno Baratto, uno dei due redattori del documento veneto – L’Istat invece ne ha contati di più, 320.793. Va sottolineato che è quasi triplicata la presenza nella nostra regione, se si ricorda che nel 1999 il dato era di 117.045". Il Veneto conta il 10% di stranieri soggiornanti (non residenti) , una percentuale che a sua volta va scissa in questo modo: il 62% ha un permesso di soggiorno per lavoro, il 32% per motivi familiari (il dato più alto al Nord e sopra la media nazionale). Tra i soggiornanti la maggior incidenza è di rumeni, seguita da marocchini".

Per quanto riguarda i residenti, il Dossier offre un parallelo tra il 2004 e il 2005: il dato del 287.732 di due anni fa sale a 320.793 nello scorso anno. Se nel 2004 il 45,8% di residenti erano donne e il 23% minori, nel 2005 sono diventate rispettivamente 46,6% e 24%. L’incidenza media dal 6,1% sale al 6,8% rispetto al dato nazionale. "Fatta eccezione per Rovigo e Belluno – continua Baratto nella sua esposizione – tutte le province si piazzano tra le prime 20 in Italia per numero di residenti stranieri (Treviso al 5° posto e Vicenza al 6°). Se l’incidenza dei minori si ferma su una media del 19%, ci sono province (Belluno e Venezia) che toccano il 13 – 14% e altre con incidenza più alta (Vicenza e Treviso al 23-24%)". Si conferma la maggiore presenza del Marocco, ma anche la Romania è quasi in vetta in un’ideale classifica delle presenze, con solo 600 persone di scarto dalla capolista. "E’ da considerare che in Veneto – spiega ancora il redattore- sono presenti 169 nazionalità". Le acquisizioni di cittadinanza nel 2004 sono state 3mila (l’1% degli stranieri residenti), con un aumento del 50% nel 2005. Se si riducessero a cinque gli anni necessari all’acquisizione, la possibilità di ottenere la cittadinanza si estenderebbe a 66mila persone.

Il consistente numero di persone straniere nella Regione incide significativamente anche sull’andamento demografico: rispetto ai dati Istat per nuovi nati la regione si colloca al terzo posto preceduta solo da Emilia Romagna e Umbria. Punte di natalità si rilevano a Verona (18,8%), Treviso (18,2%) e Vicenza (18%). Se il numero di figli è in media di 1,2 per ogni donna italiana, per le straniere è di 2,96 e rispettivamente l’età media delle madri è di 32 e 27 anni. Il rapporto natalità-mortalità nel 2004 è stato positivo per sole 120 persone, nate da genitori stranieri. "Nel 2005 il saldo naturale degli stranieri (7.053 persone) ha contribuito a raggiungere un rapporto in attivo di 3.333 presenze". Analizzando la situazione dei minori nel dettaglio emerge come gli stranieri in Veneto siano stati 66.061 nel 2004, saliti a 77.173 l’anno dopo (+17%). L’incidenza di minori extracomunitari nella regione è la più alta d’Italia (24% contro la media del 22%). E il tema dei minori si lega a doppio nodo a quello della formazione scolastica: nell’anno 2004-05 sono stati 46.513 gli alunni extracomunitari, oltre 6.500 in più rispetto all’anno scolastico precedente. Al primo posto per crescita della presenza scolastica si trova Treviso (38% in più con un aumento di 3mila studenti). Per quanto riguarda la nazionalità prevale l’Europa dell’Est (49%), africana (28%) e asiatica (14%). Nel 2005 le previsioni parlano di 54.000 presenze tra i banchi di scuola, con Treviso al 7° posto delle province italiane per incidenza di alunni stranieri.

La religione si conferma un aspetto delicato e talvolta controverso cui la popolazione "ospitante" è soprattutto negli ultimi tempi molto sensibile. Secondo il Dossier, degli stranieri in Italia il 48% è cristiano (26% ortodosso e 16,4% cattolico), il 33% musulmano, il 7% di altri credi, il 12% di nessuna religione. Rispetto al 2003 si nota che i musulmani sono scesi dell’1,2% e i cristiani saliti a 1,1%. È stata, infine, la seconda redattrice del documento veneto, Stefania Bragato, a illustrare le statistiche correlate al mondo del lavoro: "Citando stime dell’Inail, si è arrivati all’occupazione di 203.435 persone a fine 2005, cui però va tolto un 30% di italiani nati all’estero e conteggiati in questo calcolo. L’incidenza dunque è dell’11 – 13% ed è maggiore a Treviso, Verona e Venezia. I settori di maggiore impiego sono il metalmeccanico (18%), delle costruzioni (14%), della moda (11%), dl settore alberghiero e della ristorazione, dell’agricoltura (7%) e di servizi alle imprese (6%). Nel 2005 le persone avviate al lavoro sono state 77.800 (+33% in 5 anni) e i nuovi ingressi nel lavoro regolare sono stati di 17.401 persone (-25% in 5 anni). I disoccupati secondo le nostre stime sono 33mila". (gig)

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La Lombardia si conferma prima in Italia per numero di migranti

Sono 711.059 gli stranieri, provenienti soprattutto da Marocco, Albania, Romania, Egitto e Filippine. Poco meno della metà (46,6%) in provincia di Milano; 6 su 10 hanno ottenuto il permesso di soggiorno per lavoro

MILANO – In Italia, uno straniero su quattro abita in Lombardia. Secondo le stime elaborate dal Dossier Caritas, con 711.059 stranieri la regione guidata da Roberto Formigoni si conferma anche quest’anno prima in Italia per numero di migranti. (Secondo i dati Istat, forniti dal Ministero dell’Interno, ci sono, invece, 532.955 stranieri in Lombardia).

Stati di provenienza. I primi cinque paesi di provenienza sono Marocco, Albania, Romania, Egitto e Filippine. I marocchini sono la nazionalità più diffusa in 6 province su 11 (10.527 a Bergamo, 11.647 a Brescia, 2.866 a Como, 1.926 a Lecco, 3.279 a Mantova e 941 a Sondrio). Gli albanesi, invece, prevalgono in provincia di Varese (5.064), mentre i romeni a Lodi (1.859) e a Pavia (3.196). La maggior parte degli indiani lombardi vive a Cremona (3.079), mentre a Milano gli egiziani sono i più numerosi (22.786). La Lombardia si contraddistingue per la percentuale più elevata, rispetto al dato nazionale, degli africani.

Nelle province. Poco meno della metà degli immigrati (46,6%) si concentra in provincia di Milano (248.151). Dopo il capoluogo, le province con il maggior numero di residenti stranieri sono Brescia (93.756, pari al 17,6%), Bergamo (53.033, il 10%), Varese (30.514, il 5,7%) e Como (24.174, il 4,5%). La provincia di Sondrio è quella con il minor numero di immigrati (4.388, pari allo 0,8%). Le donne straniere in Lombardia sono il 46,2% del totale. I maschi prevalgono in tutte le province lombarde, ad eccezione di quella di Sondrio dove si fermano al 49,8% del totale, con una percentuale massima di presenza registrata nella provincia di Brescia (61,2%). Si segnala, rispetto al passato, una maggiore equità di distribuzione tra i due sessi che, ad esempio, si attestano a circa il 50% nella provincia di Milano (49,7%), Pavia e Varese (entrambe 49,3%).

Età e stato civile. Il 55,6% degli immigrati regolari presenti in Lombardia si colloca nella fascia d’età dai 19 ai 40 anni, seguiti da chi ha tra i 41 e i 60 anni. Cremona è la provincia con la più alta percentuale di minori (28,4%) rispetto alla media regionale del 21,1%. Il gruppo più numeroso di anziani ultrasessatenni si trova in provincia di Varese (3,1%) contro il dato medio regionale pari al 2,3%. Per quanto riguarda lo stato civile, il gruppo più numeroso è coniugato (52,3%), il 45,1% è celibe o nubile mentre l,3% è separato, divorziato o vedovo (1,2%).

I motivi del soggiorno. In Lombardia 6 immigrati su 10 hanno ottenuto il permesso di soggiorno per lavoro (il 52,7% per impieghi subordinati e 6,5% autonomi). Al secondo posto ci sono i motivi di famiglia. Confrontando i dati lombardi con quelli nazionali si nota una più forte percentuale dei permessi di soggiorno per lavoro (59,2% contro il 55,6% in Italia) anche grazie al forte peso della provincia di Milano (61,3%). Rispetto al passato, in Lombardia, come nel resto d’Italia, è aumentato il numero di permessi per ricongiungimento familiare (più 4,9% rispetto al 2003) e si è contenuto quello per lavoro, anche se è rimasta invariata la percentuale di permessi ottenuti dai lavoratori autonomi. La provincia con la percentuale più alta di permessi di soggiorno per lavoro è Bergamo (63,4%), mentre Lodi ha la più alta quota per lavoro autonomo (12,9%). La provincia di Cremona ha la più elevata percentuale di ricongiungimenti familiari (38,3%) e quella di Milano la più bassa (25,3%). I motivi di studio prevalgono a Milano (2,4%) e la residenza elettiva in provincia di Varese (5,8%). L’incrocio tra la cittadinanza e i motivi di soggiorno indica che in 7 province su 11 il lavoro subordinato è appannaggio soprattutto degli stranieri provenienti dall’Ucraina, mentre quello autonomo è diffuso soprattutto tra i cinesi.

Il lavoro. Nel 2005 in Lombardia, tra i lavoratori nati in Paesi extracomunitari, si contano 388.211 occupati e 160.570 assunti, dei quali 33.775 neo-assunti. Tra i lavoratori extracomunitari, le donne sono il 30,6% degli occupati, il 32,8% degli assunti e il 42,4% dei nuovi assunti. Tuttavia, se si esamina il sottogruppo dei lavoratori stranieri provenienti dai Paesi comunitari e soprattutto extracomunitari, la proporzione si inverte: le straniere neocomunitarie occupate sono il 65,3%, le assunte il 62,8% e le nuove assunte il 53,1%. Bisogna ricordare che questi dati si basano sul codice infortunistico, del quale le lavoratrici domestiche sono sprovviste.

I settori. Gli extracomunitari lavorano soprattutto nei settori dell’informatica e dei servizi alle imprese (79.156 occupati pari al 20,4%), grazie soprattutto all’incidenza, al loro interno, degli addetti alle funzioni di pulizia. Seguono i settori delle costruzioni (62.109 occupati, pari al 16% del totale), dell’industria dei metalli (31.237 occupati pari all’8%), degli alberghi e ristoranti (30.950 occupati, 8%) e dei trasporti (28.492 occupati, pari al 7,3%). (sp)

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L’assessore Delia Murer: ”Sforato di quasi un terzo del bilancio riservato alle attivitàa loro dedicate, che complessivamente stanziava 3 milioni di euro”

VENEZIA – Si è andati ben oltre l’aspetto meramente legato ai dati e ai numeri – che comunque è stato preponderante – nella mattinata dedicata alla presentazione del dossier statistico della Caritas. L’importante valenza dell’incontro odierno è stata messa in risalto fin dall’inizio da monsignor Dino Pistolato, cui è spettata l’incombenza di dare l’avvio ai lavori. "Questo rapporto è importante perché offre un significativo momento di riflessione – ha detto il referente della Caritas diocesana di Venezia -. Da un punto di vista culturale bisogna uscire da una visione del fenomeno migratorio come emergenza e da un punto di vista legislativo siamo di fronte a una fase di ridefinizione. Va ricordata l’importanza della presenza di queste persone nella nostra società soprattutto perché in ambito lavorativo coprono gli spazi vuoti, oppure operano nelle nostre famiglie in qualità ad esempio di badanti". In sostanza, non si toglie lavoro a nessuno e in questo ambito – e non solo in questo – non rappresentano una minaccia. "Non va mai dimenticato che c’è molta immigrazione forzata e che le persone lasciano le proprie patrie per scappare da povertà, violenza, guerra". E monsignor Pistolato
conclude: "Questo quadro di movimento di popoli non è transitorio, ma è una realtà che durerà nel tempo e caratterizzerà fortemente la nostra società".

L’assessora alle Politiche sociali del Comune di Venezia Delia Murer ha voluto sottolineare come "siamo uomini e donne da diversi Paesi, ma con gli stessi diritti e doveri: serve un approccio che parta da queste basi". Anche l’asssessora ha bandito la concezione di immigrazione uguale emergenza, aggiungendo che "non si può perpetrare la politica della paura. Essendo l’immigrazione un fenomeno strutturale (siamo ormai alla seconda generazione), bisogna tentare un ragionamento più serio anche tra italiani". "Avremmo bisogno – conclude – di richiamare la laicità dello Stato e di riaffermare i principi della Costituzione italiana che va proposta a tutti coloro che vivono qui in Italia, anche se questo porta dissensi da parte di alcuni. Bisogna consentire di esercitare la libertà di culto anche alle altre religioni".

Il dialogo con l’assessora è ripreso, poi, al termine del convegno, quando è stato analizzato in particolare l’aspetto della popolazione minorile. "I minori non accompagnati hanno una forma di tutela molto particolare e da un lato penalizzante: quando le forze dell’ordine trovano questi bambini li devono portare in strutture di accoglienza, ma a noi piacerebbe poter progettare un’esperienza di inserimento in gruppi e strutture diverse, alternative alla comunità. Questo però è difficile perché è difficile trovare supporti". L’impegno economico, infatti, è un vincolo: "Noi quest’anno abbiamo sforato di quasi un terzo del bilancio riservato alle attività per i minori, che complessivamente stanziava 3 milioni di euro. Questo perché non abbiamo strumenti adeguati e moderni".

Con le operatrici dei servizi sociali di Venezia è stato approfondito in particolare il problema dell’inserimento dei minori: "La loro presenza è triplicata in 5 anni. Nel 2005 nell’intero Paese i "nuovi" nati tra gli stranieri sono stati 585.483 (55,6% dei nati in Italia)". Le operatrici hanno messo in risalto come questi bambini prima ancora di essere immigrati siano "figli di emigrati" e come il ricongiungimento familiare porti con sé dinamiche delicate: "Cambiano i ruoli all’interno del nucleo familiare, emergono delle emozioni rimosse, come la rabbia, il senso di colpa del genitore. E l’ambiente scolastico perde la funzione di luogo di socializzazione per diventare solo un luogo di acquisizione del sapere". Si è parlato anche di imprenditoria straniera, che è una parte che non deve andare in conflitto ma essere considerata un tutt’uno con l’imprenditoria italiana, come emerso con Fosco Corradini, direttore generale patronato Epasa -Cna. (gig)

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Sono gli asiatici gli stranieri più numerosi a Milano: rappresentano il 35,4% del totale

E’ aumentato il numero delle persone che vengono da Filippine, Egitto, Ecuador, Cina, Sri Lanka e Perù. Don Davanzo: ”Dati che dimostrano l’esistenza di un mondo senza confini”

MILANO – Sono gli asiatici gli stranieri più numerosi a Milano, che rappresentano il 35,4% del totale. Seguono africani (22, 8%), americani (22,4%) ed europei (19,2%, il 7,1% provenienti dall’Unione europea e il 12,1% da quella extra Ue). Le nazionalità più rappresentate sono Filippine (26.633, pari al 16,4%), Egitto (20.979, 12,9%), Perù (13.775, 8,5%), Cina (13.095, 8%) ed Ecuador (12.339, 7,6%). Se si osservano le variazioni dei singoli Paesi rispetto al 2004 si nota che, in valori assoluti, è aumentato il numero delle persone che vengono da Filippine (+ 2.581), Egitto (+ 2.461), Ecuador (+1.834), Cina (+1.582) , Sri Lanka (+1.173) e Perù (+1.148). Invece, in valori percentuali, prendendo in considerazione i Paesi di origine con almeno 1000 componenti, hanno subito notevoli variazioni: Ucraina (+ 41,4%), Moldavia (+ 34,6%), Brasile (+ 31,6%), Romania (+ 19,8%) ed Ecuador (+ 17,5%). Rispetto alla ripartizione per genere, le cittadine residenti a Milano sono il 49,9%. La distribuzione per età è diversa tra italiani e stranieri. Il 90,8% degli stranieri ha al massimo 50 anni. Tra gli immigrati, i bambini fino a 10 anni costituiscono il 13,6% del totale, mentre tra gli italiani la quota arriva all’8,3%. Viceversa, gli ultacinquantenni italiani raggiungono il 45,4%, mentre tra gli stranieri questa fascia d’età si attesta al 9,2% del totale.

“Ci sono dei dati ineluttabili- ha detto Don Roberto Davanzo, presidente della Caritas Ambrosiana – che dimostrano l’esistenza di un mondo senza confini. Ci troviamo di fronte ad uno squilibrio ancora vergognoso tra Nord e Sud del mondo. Inoltre non possiamo evitare di considerare che il fenomeno migratorio, che viviamo anche in Italia, è funzionale al nostro modello economico: gli stranieri rimpinguano il lavoro sommerso. E’ un fenomeno di cui abbiamo bisogno, grazie a loro c’è stata una crescita economica negli ultimi anni. “ (sp)

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