2363 PRESENTATO A ROMA IL DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE 2006

20061025 20:01:00 webmaster

IMMIGRAZIONE/SPECIALE DOSSIER (dal Redattore Sociale)

Superano i 3 milioni gli immigrati in Italia. Il 70% ha tra i 15 e i 44 anni.

E’ straniero un residente ogni 20. L’Est Europa il primo paese di provenienza, il Nord l’area d’insediamento privilegiata. Nove stranieri su 10 risiedono per ragioni di lavoro. I dati di Caritas/Migrantes

Sono 191 milioni i migranti nel mondo, 20 milioni tra richiedenti asilo e rifugiati. Nei 25 Stati membri dell’Ue oltre 26,6 milioni gli stranieri. L’Italia colma il gap con i grandi paesi d’immigrazione.

Diritto di voto: lo chiedono 6 immigrati su 10. Preoccupano casa e lavoro

Tra 10 anni gli immigrati in Italia saranno 6 milioni, il 10% della popolazione

Snellimento delle procedure burocratiche per la regolarizzazione e cittadinanza: gli impegni del Presidente del Consiglio

L’Italia rischia di essere l’unica a tenere aperte le frontiere agli immigrati rumeni

ROMA – Un residente ogni 20 è immigrato (è del 5,2% l’incidenza sul totale della popolazione italiana) e tra dieci anni questa cifra sarà raddoppiata, superando i valori che oggi si riscontrano in Germania e in Austria. E’ la previsione del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes 2006, presentato questa mattina a Roma, che registra, alla fine del 2005, 3.035.000 immigrati regolari nel Paese. Il dato solo apparentemente differisce da quello dell’ultimo studio Istat che, nello stesso periodo, indica in 2.670.514 il numero di cittadini stranieri in Italia (vedi lancio del 17 ottobre 2006). Il Dossier Caritas/Migrantes, infatti, tiene conto dei dati registrati dal Ministero dell"Interno, del numero dei nati nell’anno di riferimento e di una quota di permessi di soggiorno in corso di rinnovo.

Dove vivono e da dove vengono – Diffusa in tutto il paese la presenza di stranieri regolari, seppure in maniera differenziata: il 59,5% al Nord, il 27% al Centro mentre al Sud il 13,5%. Privilegiato l’insediamento al di fuori dei comuni capoluogo: quelli della cintura metropolitana, infatti, soddisfano meglio le esigenze abitative dei nuovi venuti. Roma detiene il primato della popolazione straniera con l’11,4%, seguita da Milano (10,9%) che si appresta però a scalzare la capitale. Tra le regioni, la Lombardia è già prima: da sola accoglie quasi un quarto di tutta la popolazione straniera.
A carattere stabile la maggioranza dei permessi di soggiorno rilasciati: 9 su 10 immigrati sono presenti per ragioni di lavoro (62,6%) e per motivi familiari (29,3%). Gli immigrati che hanno già maturato 5 anni di soggiorno sono 1 milione 200 mila; i cittadini extracomunitari titolari della carta di soggiorno, 396.000. E il trend delle persone stabilmente insediate è destinato ad aumentare.
L’Est Europa è il primo paese di provenienza con 125.408 presenze; seguono il Nord Africa (109.461), l’Asia (79.259), gli altri paesi africani (51.124), l’America Latina 27.768, Tra i gruppi nazionali vengono per primi il Marocco (71.818: 3 titolari ogni 10 soggiornanti), l’Albania (57.107: 2 su 10) e la Romania (1 su 10). La diversità dei luoghi di origine determina la co-presenza di molte fedi: cristiani (49,1%), musulmani (33,2%), religioni orientali (4,4%). Sono 1 milione e mezzo i cristiani provenienti da altri paesi, con cattolici e ortodossi che quasi si equivalgono (circa 660.000 unità ciascuno). Vi sono poi 1 milione di musulmani, e tra i 50 e i 100 mila induisti e buddisti, oltre a 350.000 o non credenti o classificabili nelle religioni prima menzionate.

E’ giovane l’imigrazione italiana – Il dossier conferma che l’immigrazione diventerà sempre più l’unico fattore di crescita demografica in grado di rimediare al prevalere dei decessi sulle nascite. Gli immigrati sono in Italia una popolazione giovane, concentrata per il 70% nella fascia d’età 15-44 anni (degli italiani, invece, solo il 47,5% degli italiani si colloca in quella fascia). La fecondità è più alta tra le donne straniere, ciascuna con 2,4 figli (1,25 per le donne italiane). I cittadini stranieri, dai quali nel 2005 sono nati 52.000 bambini, hanno inciso per il 9,4% sulle nuove nascite. I minori sono 586mila, circa un quinto della popolazione straniera, un’incidenza maggiore rispetto a quella degli italiani. In 5 anni (nel 2001 erano 326.101) il loro numero è quasi raddoppiato e l’aumento è dovuto per quasi il 60% alle nascite.

Lavoro – Secondo previsioni Eurostat/Istat, i giovani lavoratori italiani (15-44 anni) diminuiranno di 1.350.000 unità nel 2010 (di 3.209.000 unità nel 2020), mentre quelli più anziani (45-64 anni) aumenteranno di 910.000 unità nel 2010 (di 1.573.000 unità nel 2020). Il trend avrà ripercussioni sul mercato lavorativo, dove gli immigrati sono destinati a esercitare un peso crescente. Sul totale delle assunzioni annuali, gli immigrati incidono per un sesto. Uno ogni 10 occupati è nato in un paese extracomunitario. Sono 173.000 i nuovi lavoratori stanieri assunti per la prima volta nel 2005 (per l’11,6% in agricoltura, per il 25,6% nell’industria e per la restante quota nei servizi). 130.969 gli immigrati titolari di azienda (con un aumento del 38% rispetto al 2005): le attività si concentrano nei settori dell’edilizia e del commercio, dove crescente è anche il coinvolgimento delle donne. La banca dati dell’Inps conferma però le basse retribuzioni dei lavoratori immigrati: mediamente, la metà di quelle degli italiani. Notevoli le differenze anche in considerazione del sesso, del luogo e del settore di lavoro. Ben peggiore la situazione per gli irregolari. Molto elevata la partecipazione sindacale: sono 526.320 gli immigrati iscritti rispetto al totale di 5.776.269 lavoratori sindacalizzati. Espressa la necessità di essere meglio tutelati sul piano del riconoscimento della professionalità, dei diritti contrattuali e della prevenzione.

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Sono 191 milioni i migranti nel mondo, 20 milioni tra richiedenti asilo e rifugiati

Nei 25 Stati membri dell’Ue oltre 26,6 milioni gli stranieri. L’Italia colma il gap con i grandi paesi d’immigrazione

ROMA – Sono 191 milioni gli immigrati nel mondo, 20 milioni tra richiedenti asilo e rifugiati, 30-40 milioni gli irregolari (7-8 in Europa), 600-800mila le vittime della tratta: è questo il "mondo di migranti” descritto dall’ultimo Dossier statistico 2006 di Caritas/Migrantes, presentato oggi a Roma. Una dimensione che lascia intuire agli esperti un flusso migratorio sempre più intenso. La Cina è tra i principali protagonisti del nuovo mondo globalizzato, con la diffusione dei suoi prodotti e con una collettività di 34 milioni di persone all’estero, che assicurano un gettito di rimesse di 21,3 miliardi di dollari l’anno. Tuttavia solo in Cina, che conta 45 città con più di un milione di abitanti, 400 milioni di abitanti vivono al di sotto della soglia di povertà. In India sono 35 le città con più di un milione di abitanti. Dei 6 miliardi e mezzo di cittadini del pianeta solo 960 milioni risiedono nei paesi a sviluppo avanzato: 1 miliardo e 400 milioni di persone vivono con meno di due dollari al giorno e 192 milioni sono i disoccupati. “Dividendo la ricchezza prodotta per il numero degli abitanti, ogni persona dovrebbe ricevere annualmente 9.250 dollari ma le cose non stanno in questi termini: si va dai 5.200 euro spettanti ai Paesi in via di sviluppo ai 32.600 dollari dei paesi a sviluppo avanzato, dai 1.100 dollari dell’Africa Subshariana ai 27.500 dollari dell’Unione europea e ai 40.750 dollari del Nord America”, spiega il rapporto. Differenze che i più poveri, spinti da una crescente pressione demografica, cercheranno di colmare, lasciando, appena possibile, la propria terra d’origine.

L’Europa tra bisogno e timore – Alla fine del 2004 i cittadini stranieri nei 25 Stati membri dell’Unione erano 26 milioni e 61mila su una popolazione di 457 milioni di abitanti e un’incidenza di poco superiore al 5%, con punte del 9% in Germania e in Austria, dell’8% in Spagna, del 5% nel Regno Unito e in Francia e del 4% in Italia (aumentata di un punto l’anno successivo). “L’Unione Europea sta vivendo un atteggiamento tormentato nei confronti dell’immigrazione e ciò ha influito, sia in Francia che in Olanda, sulla mancata accettazione della costituzione europea”, sottolinea il rapporto. E se la mobilità – intesa sia come libertà di viaggiare che come spostamento di merci e lavoratori – è un valore acquisito per l’Europa, ad essersi effettivamente spostato è solo l’1,5% dei cittadini europei, una percentuale rimasta invariata negli ultimi 30 anni. “Ciò rende indispensabile l’apporto della manodopera immigrata, che però è connessa con la paura di un’invasione e del dumping sociale”, commenta il rapporto, che torna nuovamente a sottolineare la mancanza di una normativa condivisa dagli stati membri in materia di immigrazione. “L’accordo – commentano gli esperti – sembra possibile solo per alcune categorie specifiche (come, ad esempio, per i lavoratori altamente qualificati)”. “Le soluzioni vengono inquadrate diversamente dal Centro-Nord Europa e dall’Europa mediterranea che è a diretto contatto con le aree di esodo. – prosegue il rapporto – Il lavoro nero continua ad essere in larga misura un regolatore del mercato mentre l’azione dei trafficanti sconfinano spesso nella morte dei migranti, non importa se via terra o via mare: secondo l’Ong United sono stati circa 5.000 i morti di frontiera nell’ultimo decennio”.

L’Italia raggiunge i grandi paesi d’immigrazione – Il numero degli immigrati regolari in Italia ha quasi raggiunto quello degli emigrati italiani nel mondo: 3.035.000 alla fine del 2005 (dati che si ottengono aggiungendo ai quelli del Ministero dell’Interno, il numero dei nati e la quota di permessi di soggiorno in corso di rinnovo). Una cifra che avvicina il nostro paese ai grandi paesi europei di immigrazione come la Germania (7.287.980), la Spagna (3.371.394), la Francia (3.263.186) e la Gran Bretagna (2.857.000). L’aumento degli immigrati in Italia è dovuto sia ai nuovi arrivi (187mila) che alle nascite di figli di cittadini stranieri (52mila) e nel futuro “deve essere messo in conto un aumento ancor più rilevante”: basti pensare alle 485mila domande di assunzione presentate nel mese di marzo 2006 per rientrare sulle quote stabilite dal Decreto Flussi (170mila), quasi tre volte inferiori alle necessità. Secondo il rapporto se si tiene conto del deficit demografico italiano e della pressione dei paesi d’origine, è “realistico stimare l’impatto in entrata in almeno 300mila unità l’anno”.

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IMMIGRAZIONE/SPECIALE DOSSIER
Diritto di voto: lo chiedono 6 immigrati su 10. Preoccupano casa e lavoro

Il 12-15% è proprietario dell’immobile in cui abita, ma circa 250mila soggiornanti legalmente non possono iscriversi come residenti al Comune perché senza alloggio. ”Insufficiente” il Fondo di 775 milioni di euro

ROMA – Controversa, in Italia, l’evoluzione della normativa e delle politiche in tema di immigrazione, condizione che contribuisce a rendere deficitarie le condizioni di inserimento e di partecipazione per i cittadini stranieri: tra le maggiori rivendicazioni segnalate dal Dossier Statistico Immigrazione 2006 di Caritas/Migrantes, presentato oggi a Roma, la riduzione dei tempi di attesa per la cittadinanza, e poi diritto di voto, casa e lavoro. Secondo il Dossier, 6 immigrati su 10 vorrebbero avere il diritto di voto; per 1 su 5, invece, la maggiore preoccupazione consiste nel trovare casa e lavoro. Presso i centri d’ascolto della Caritas, sono 6 su 10 le richieste inerenti reddito e lavoro; 3 su 10 quelle per l"alloggio. Il Dossier sottolinea, tuttavia, che il 12-15% degli immigrati ha risolto il problema della casa diventando proprietario dell’immobile in cui abita. Restano però centinaia di migliaia le persone straniere con disagio abitativo (fino a 860.000) o in condizione di "precarietà anagrafica” per motivi immobiliari (circa 250.000), cioè legalmente soggiornanti ma non ancora in grado di iscriversi come residenti al comune, perché alle prese con problemi di alloggio adeguato. Tra le segnalazioni raccolte dall"Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) nel 2005, il 20,2% ha riguardato casi di discriminazione sull’affitto degli alloggi. Ma presso lo stesso Ufficio, sono poi pervenute anche 867 segnalazioni di discriminazioni razziali, soprattutto al Centro-Nord e perlopiù ai danni di immigrati africani (37,6%). Malgrado le difficili condizioni di vita gli immigrati si sono dimostrati anche buoni consumatori: il 91% degli immigrati ha il cellulare, l’80% possiede il televisore, il 75% invia rimesse in patria, il 60% possiede un conto in banca, il 55% un’auto, il 22% ha il personal computer. Inoltre il 5,3% dei titolari di patente automobilistica è straniero (1.890.000 complessivamente, di cui 330.000 nuovi acquisitori nel 2005, un quarto di tutti gli iscritti a scuola guida).

Sul fronte della sicurezza il Dossier rileva che il 40% degli italiani ritiene gli immigrati maggiormente coinvolti nelle attività criminali. Il pregiudizio, tuttavia, è meno diffuso che in altri paesi, come Germania e Inghilterra. Delle 549.775 denunce presentate nel 2004 contro persone note, sono state in media del 21,3% quelle contro cittadini stranieri. Il Dossier sottolinea inoltre la necessità di perfezionare la norma per il inserimento dei minori non accompagnati (attualmente 7.583) che rischiano di diventare clandestini al diciottesimo anno di età. Un aiuto importante all’integrazione degli stranieri in Italia viene dai mediatori culturali, in prevalenza immigrati, circa 2.400 (dato Creifos), per i tre quarti donne: in quattro casi su 10 hanno un titolo universitario e hanno seguito un corso per potersi inserire nel lavoro della mediazione, quasi sempre precario, in prevalenza esplicato nei servizi educativi e sanitari.

Ancora poco quello che si fa per i rifugiati e i richiedenti asilo: nel 2005, le domande pervenute sono state 9.346; 14.651 quelle esaminate mentre quelle riconosciute o comunque risolte con protezione sono state 5.266. 20.000 invece i rifugiati insediatisi in Italia. Rafforzato però il Sistema di protezione per rifugiati e richiedenti asilo, curato dall’Anci per conto del Ministero dell’Interno. Quanto alla popolazione nomade, infine, per metà costituita da italiani e che conta 150.000 unità, l’errore più radicale indicato dal Dossier è quello di concepirla come una popolazione destinata a vivere nei campi.

Sul fronte dell’istruzione, gli studenti con cittadinanza straniera risultano essere 424.683 (anno scolastico 2005-2006) e tra due anni supereranno abbondantemente il mezzo milione: essi incidono mediamente per il 4,8% sul totale della popolazione studentesca, con punte del 6% sugli iscritti alla scuola primaria (4 su 10 sono concentrati in questo grado di scuola e solo 2 su 10 nella secondaria). Ancora ridotto, il numero di studenti stranieri iscritti presso le università: 38.000 su 2 milioni e 300 mila studenti esteri sparsi nel mondo nel 2004, è ben poco rispetto alla quota del 10-12% di Gran Bretagna, Germania e Francia. Del resto sono carenti anche le borse di studio disponibili a favore degli studenti dei paesi in via di sviluppo. Ancora insufficiente, secondo il dossier, il fondo per l’immigrazione: sebbene nel 2006 sia passato a 775 milioni di euro contro i 518 milioni del 2005, resta tuttavia ancora inferiore al miliardo di euro stanziato nel 2004. Inoltre, esso è confluito nel più generale Fondo per le politiche sociali senza vincolo, per cui non è assicurato l’utilizzo per gli immigrati. (sb)

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Tra 10 anni gli immigrati in Italia saranno 6 milioni, il 10% della popolazione

La lettura del fenomeno nel XVI rapporto di Caritas/Migrantes. Stranieri, risorsa economica: con le rimesse verso i paesi d’origine riequilibrano il rapporto tra nord e sud del mondo

ROMA – Un centinaio di relatori, approfondimenti su tutte le Regioni d’Italia, un comitato scientifico di alto livello, collaborazioni dirette da decine di associazioni, più di 500 pagine, che schede e tabelle su tutti gli aspetti del fenomemo. E" il XVI Dossier statistico sull’immigrazione in Italia, anno 2006, presentato questa mattina al Teatro Don Orione di Roma dalla Caritas Migrantes. Lo ha illustrato davanti a una platea stracolma il curatore Franco Pittau. Il suo intervento subito dopo la proiezione di un breve film sull’immigrazione curato dal registra Rai, Giuseppe Rogolino. Nel filmato sono stati sottolineati soprattutto gli aspetti relativi al problema della casa e dell’integrazione effettiva degli immigrati. Già dal titolo scelto per la presentazione ufficiale di quest’anno, "oltre l’alternanza”, si capisce il messaggio chiaro che la Caritas vuole mandare all’opinione pubblica e ai decisori politici. L’immigrazione, ha detto con molta nettezza (e passione) Franco Pittau, non si può più considerare un fenomeno transitorio, o un problema, o peggio ancora un rischio e un pericolo per la società italiana. E’ al contrario – al di là dell’alternanza politica – una grande risorsa per un paese che non solo sta invecchiando e fa meno figlio, ma che rischia vere e proprie forme di declino economico. E’ un quadro che vale per tutti i paesi europei, ma che per l’Italia è ancora più pressante ed evidente. Il dossier Caritas di quest’anno mette dunque in luce i nuovi dati sull’immigrazione in Italia. Non sono troppo differenti da quelli dell’anno precedente, ma – secondo Pittau – segnalano delle precise evidenze. La prima è che ormai la situazione tra immigrati ed emigranti italiani si è bilanciata perfettamente, ovvero il numero degli immigrati ha raggiunto quello degli emigrati italiani nel mondo. Si tratta di una cifra ragguardevole visto che siamo ormai sui 3 milioni, e che l’Italia è diventato così il secondo paese di immigrazione in Europa, solo dopo la Germania.

Quello che conta, poi, ha spiegato Pittau, è il ritmo di crescita che risulta tra i più elevati nel mondo. Tra dieci anni la cifra degli immigrati presenti in Italia sarà raddoppiata, arrivando a 6 milioni di presenze, che vorrà dire il 10 per cento della popolazione totale. Ed è un fenomeno, quello dell’immigrazione, che riguarda il nostro paese, ma riguarda il mondo. Pittau ricorda infatti che in questo momento ci sono almeno 30 milioni di immigrati cinesi in giro per il resto del pianeta. Tutto questo si traduce in un ragionamento semplice: gli immigrati sono soprattutto una risorsa economica. Con le loro rimesse verso i paesi d’origine contribuiscono a riequilibrare il rapporto tra nord e sud del mondo, anche se ovviamente, rispetto alle grandi ingiustizie e disparità, le rimesse degli immigrati sono solo una piccola goccia. Ma gli immigrati sono anche una grande risorsa per i paesi dove hanno deciso di emigrare. Si potrebbe dire – senza forzare il discorso – che l’unico sviluppo possibile è oggi legato proprio agli immigrati. Gli immigrati pongono però dei problemi sociali che i singoli governi devono affrontare al più presto. Esiste il problema generale dell’interculturalità (cavallo di battaglia della Caritas), ma esistono anche questioni specifiche come la casa, la scuola, i minori abbandonati, la salute, che non possono essere demandati a chissa chi. Esiste perfino un problema di pensioni perché stiamo assistendo a un vero e proprio furto dei contributi. Quando tra 20 o 30 anni questi immigrati andranno in pensione rischiano di passare direttamente nell’esercito dei nuovi poveri. Pittau ha volute smentire anche tutti i luoghi comuni che continuano a farla da padroni. Uno di questi è l’idea che gli immigrati siano delinquenti, o che comunque la percentuale di criminalità tra gli stranieri sia molto alta. Basta andare a verificare i dati del ministero dell’Interno, ha detto il curatore del Dossier per capire che le percentuali sono molto più basse di quelle che riguardano i nostri connazionali.

Di superamemento dei pregiudizi e dei luoghi comuni ha parlato oggi anche Rando Devole, sociologo e giornalista albanese che segue le presentazioni del Dossier dalla prima edizione. Tra le cose che più colpiscono ha detto Devole, è la storia della flessibilità. Da una parte si dice che l’economia non può che essere flessibile e si chiede la massima flessibilità ai lavoratori, ma dall’altra sugli immigrati si è molto rigidi, basta pensare che il bonus bebè non è stato attribuito agli immigrati e basta pensare alle procedure burocratiche sulla cittadinanza e i permessi. A volte si creano dei veri e propri circoli viziosi e a chi si occupa da vicino di immigrazione tocca ripetere delle cose che dovrebbero essere ormai ovvie e scontate. Il fatto è che gli immigrati sono ancora considerati una specie di ponti levatoi che si usano quando servono, ma che in realtà nascondono al fortezza che c’è dietro. In Italia, ha concluso Albanese, sono stati però fatti tantissimi passi avanti. E dentro tutti quei dossier della Caritas (sono appunto già sedici anni) non c’è solo la storia dell’immigrazione in Italia, ma c’è ormai un pezzo di storia degli italiani.

Grandi complimenti al dossier da monsignor Domenico Sigalini, segretario della Commissione Episcopale Migrazioni della Cei. E’ un fatto di straordinaria importanza occuparsi degli immigrati, ha detto oggi monsignor Sigalini, perché queste persone non sono un problema per noi come qualcuno vorrebbe far credere, ma sono piuttosto un regalo di Dio. Sigalini ha fatto riferimento alle sue esperienze dirette, già nella sua diocesi tra i 60 preti ci sono 20 preti stranieri, in rappresentanza di ben otto nazioni. Sono fratelli gli immigrati che vanno a lavorare all’estero e hanno il grande merito di redistribuire risorse. Sono dunque un tesoro e per questo non dobbiamo avere paura di loro e anzi ce ne dobbiamo occupare. Ma dobbiamo farlo, a concluso il monsignore, nel migliore dei modi. I raggazzi immigrati vanno sostenuti e indirizzati. Si deve investire su di loro perché sono il futuro. Altrimenti, poi, ci tocca andarli a trovare in carcere. Alla presentazione del dossier ha partecipato oggi anche il presidente del consiglio, Romano Prodi. (Paolo Andruccioli)

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Snellimento delle procedure burocratiche per la regolarizzazione e cittadinanza: gli impegni del Presidente del Consiglio

Prodi molto deluso dal fallimemento della politica europea in tema di immigrazione. ”Dopo Tamperre tutti i paesi sono rientrati nel loro cortile di casa”

ROMA – Il presidente del consiglio Romano Prodi è stato appluadito in più occasioni oggi, durante la presentazione del XVI Dossier immigrazione della Caritas Migrantes. Gli applausi di una platea strapiena riunita al Teatro Don Orione di Roma sono stati elargiti sia al suo arrivo, sia durante alcuni passaggi importanti del suo intervento. Prodi, prima di tutto, ha fatto grandi complimenti al Dossier, che ora è diventato un appuntamento quasi istituzionale e che rappresenta sicuramente lo strumento più sicuro e affidabile per capire il problema dell’immigrazione. Ovviamente Prodi ha dovuto parlare da capo di governo e non da studioso, anche se ha voluto citare la sua prima esperienza con gli immigrati: una ricerca economica nella provincia di Reggio Emilia dove arrivarono i primi immigrati, 15 egiziani che sono stati impiegati nelle fonderie. E" dunque la prova che si dall’inizio – ha spiegato Prodi – l’immigrazioni si è caratterizzata come la sostituzione di lavori che gli italiani non volevano più svolgere, soprattutto in settori molto pesanti, come appunto quello delle fonderie, l’edilizia e l’agricoltura. Ora, a sedici anni dal primo rapporto della Caritas, l’immigrazione è diventato un fenomeno strutturale. "Dobbiamo renderci conto – ha detto Prodi – che è il nostro destino”.

Tutti i discorsi sulla regolarizzazione e la cittadinanza, secondo il presidente del consiglio, non appartengono quindi solo all’etica, ma sono un grande fatto economico. Gli immigrati come risorsa, anche come fenomeno complesso che mette alla prova le istituzioni. L’anno scorso, ha ricordato Prodi sono nati in Italia 52 mila bambini da famiglie immigrate, mente ci sono ormai migliaia di ragazzi immigrati nelle nostre scuole. E’ sempre ancora troppo poco, ha detto il capo del governo, visto che all’estero una delle grandi nuove ricchezze sono gli studenti universitari stranieri. In confronto al resto dell’Europa, il nostro paese, da questo punto di vista, sta quasi a zero. In Italia ci sono poco più di 500 studenti cinesi, contro le migliaia presenti in Francia, Germania, Regno Unito. La mancanza di ragazzi e bambini nelle scuole italiane diminuisce la nostra apertura mentale e la nostra visione globale del mondo.

Per quanto riguarda le politiche, Prodi ha voluto correggere una visione che insiste sull’immigrazione solo come fatto di ordine pubblico. Non si tratta di un problema di esclusiva competenza del ministero dell’Interno, ha detto Prodi, ma di competenze intrecciate: la famiglia, la solidarietà sociale, la scuola e l’università, il lavoro e via dicendo. Sono con questo approccio multiplo si potrà affrontare la questione e le sue domande. Molto deluso, Prodi, dal fallimemento della politica europea in tema di immigrazione. Dopo Tamperre, ha ricordato, tutti i paesi sono rientrati nel loro cortile di casa, mentre questi problemi necessitano di un intervento comune. Un esempio importante è quello dei flussi dai paesi dell’est e in particolare dalla Romania e dalla Bulgaria (vedi lancio successivo). Prodi infine promette che il suo governo si adopererà per modificare tutte quelle cose che oggi sono da impedimento a una effettiva integrazione. Il primo punto è la semplificazione e l’accorciamento dei tempi burocratici per le regolarizzazioni e la cittadinanza piena degli immigrati. Si tratta poi di affrontare tutte le altre emergenze a cominciare da quella abitativa. Ma Prodi non vuole che si sorvoli neppure sul fenomeno delle rimesse. E’ scandaloso – ha detto – che spesso gli immigrati debbano pagare interessi altissimi agli intermediari, anche l’8 o il 9 per cento. E’ come perdere una retribuzione mensile all’anno. (Paolo Andruccioli)

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L’Italia rischia di essere l’unica a tenere aperte le frontiere agli immigrati rumeni

Emerge il ”caso Romania”: gli altri paesi Ue hanno scelto di bloccare i flussi, ma Prodi avverte: ”Così si favorisce il ricorso alla clandestinità”

ROMA – Il presidente del consiglio, Romano Prodi, parlando oggi alla presentazione del Dossier della Caritas sull’immigrazione, ha voluto lanciare un allarme specifico relativo ai flussi di immigrazione proveniente dai paesi dell’Est Europa e in particolare dalla Romania e dalla Bulgaria. I flussi dai due paesi – ha ammesso il premier – rappresentano un problema serio, anche e soprattutto perché la situazione è complicata dalla decisione di altri paesi europei di bloccare i flussi in particolare dalla Romania. Rischiamo quindi di essere l’unico paese in Europa che continua ad accogliere immigrati rumeni, che tra l’altro rappresentano già la quota più consistente in Italia tra le varie immigrazioni.

Prodi ha fatto intendere però con una certa chiarezza che il suo governo non si sta indirizzando verso una moratoria come hanno fatto già gli altri paesi europei. Se fai un blocco, è il ragionamento di Prodi, questa immigrazione arriva lo stesso in Italia scegliendo però la clandestinità. E’ già successo per esempio nel caso dell’immigrazione polacca. L’Italia dunque si trova stretta tra il rifiuto della moratoria e il rifiuto degli altri paesi a considerare una strada comune. Ma quest’ultima, ha ribadito Prodi, è l’unica soluzione. Non ci può essere una politica nazionale isolata dal resto della Ue. Si tratta quindi di lavorare in tal senso. Ed esiste già una presa di posizione comune tra il governo italiano, la Spagna di Zapatero, la Francia di Chirac, con Cipro e Malta. Una lettera inviata al presidente della Commissione europea per riavviare una discussione complessiva sull’immigrazione. Il primo appuntamento dovrebbe essere fissato per dicembre.

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