2391 Livi Bacci: «È l´Africa la vera emergenza»

20061101 15:51:00 webmaster

Umberto De Giovannangeli (da l’Unità)

Il grido d´allarme della Fao analizzato da Massimo Livi Bacci, ordinario di Demografia all´Università di Firenze, già presidente dell´International Union for Scientific Study of Population, oggi senatore dell´Ulivo. «L´emergenza delle emergenze – avverte Livi Bacci – si chiama Africa, il continente dove tutti gli indicatori sociali indicano il disastro».

Professor Livi Bacci, qual è il tratto di fondo del grido d´allarme lanciato dalla Fao nel suo rapporto annuale sullo stato dell´insicurezza alimentare?
«Ritengo che questo disastro vada circoscritto soprattutto all´Africa subsahariana: tre quarti dei denutriti si trovano lì. Quello che non trovi in Asia e in America Latina lo trovi tutto in Africa subsahariana, laddove l´ancora velocissima crescita demografica ha una sua parte».

Quali sono le ragioni strutturali del fallimento denunciato dalla Fao?
«Per quanto riguarda l´Africa, questo si inserisce in un problema molto più grande che riguarda tutte le dimensioni dello sviluppo. e di converso tutte le dimensioni della povertà. Anche per altri indicatori l´Africa subsahariana sta andando molto piano, ammesso che si muova. Se noi guardiamo all´andamento della mortalità infantile, all´andamento della natalità, a quello della speranza di vita, alla diffusione dell´aids, a tutte le dimensioni di carattere sociale, troviamo che l´arretramento dell´Africa è abissale. La sottoalimentazione, come la malnutrizione fanno parte integrante di questo quadro di ritardo che non ha una dimensione sola ma ne ha tantissime. In Africa poi sono ancora più aggravati i problemi di disuguaglianza nella distribuzione delle risorse, disuguaglianze dei redditi, disuguaglianze economiche ancora più che in altri continenti. Questo contribuisce a far crescere la proporzione di quelli che sono esclusi.Uno dei problemi non è tanto che non cresca adeguatamente la produzione di risorse ma la loro inefficiente o addirittura iniqua distribuzione. Questi sono i fatti fondamentali».

Al di là dell´aspetto valoriale, che chiama in causa principi come quello della solidarietà, perchè l´Occidente dovrebbe guardare con preoccupazione all´allarme lanciato dalla Fao?
«Noi non possiamo da un lato sostenere e trarre vantaggio dai processi di globalizzazione, e dall´altro, non avere le più grandi preoccupazioni per quelle parti del mondo dove lo sviluppo è assente. Credo che questa sia una contraddizione teorica: se i processi di mondializzazione dell´economia e della finanza hanno dei lati positivi, ebbene, dobbiamo farci carico per quanto sia possibile e preoccuparci di quelle parti del mondo dove i processi di sviluppo restano fortemente indietro. Non ci si può beare solo del lato positivo. Se fossimo ancora a compartimenti stagni, potremmo dirci beh, insomma, quello è un altro mondo, non mi interesso di Marte e neanche dell´Africa…., però i compartimenti stagni non esistono più, i popoli girano, le merci girano, così come le informazioni e le idee, e quindi dobbiamo allarmarci di fronte al gap sempre più crescenti tra chi ha e chi non ha…».

Dall´Occidente all´Italia. Quale misura potrebbe segnalare in concreto l´assunzione di responsabilità?
«Un indicatore macro è l´impegno nella cooperazione allo sviluppo che è anche l´indicatore più facile a migliorare se ci sono risorse. Io dò più soldi e quindi in qualche modo posso indirettamente contribuire allo sviluppo. Questo è un aspetto nel quale tutto il mondo occidentale è in grave ritardo. Pensiamo inoltre alle politiche agricole; politiche che ancora proteggono fortemente l´agricoltura europea, come quelle di Usa e Giappone, implicano indirettamente un freno allo sviluppo dei redditi agricoli degli altri Paesi. Una assunzione di responsabilità potrebbe essere quella di partecipare attivamente al graduale e veloce smantellamento di queste situazioni di favore dell´Occidente».

www.unita.it

 

 

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