2469 Gli Enti di formazione per gli emigrati in Svizzera scrivono a CGIE e Min-Lavoro

20061129 22:52:00 webmaster

"Con la presente intendiamo sottoporre alla vostra attenzione alcune riflessioni, esposte in forma riassuntiva, in merito alla bozza di Avviso Pubblico per gli Interventi di formazione professionale dei cittadini italiani residenti in paesi non appartenenti all’Unione Europea, attualmente in corso di discussione (riunione del Comitato Tecnico del 16 novembre scorso). Riflessioni che partono dalla nostra pluridecennale esperienza di Coordinamento degli enti di formazione professionale “italiani” in Svizzera."

All’attenzione di
·CGIE – Consiglio Generale degli Italiani all’Estero
·Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, Direzione Generale per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione

Per conoscenza:
·Coordinamento dei COMITES in Svizzera

Zurigo/Basilea, 28.11.2006

Oggetto: interventi per la formazione professionale dei cittadini italiani residenti in paesi non appartenenti all’Unione Europea

Egregi/e signori/e

Con la presente intendiamo sottoporre alla vostra attenzione alcune riflessioni, esposte in forma riassuntiva, in merito alla bozza di Avviso Pubblico per gli Interventi di formazione professionale dei cittadini italiani residenti in paesi non appartenenti all’Unione Europea, attualmente in corso di discussione (riunione del Comitato Tecnico del 16 novembre scorso). Riflessioni che partono dalla nostra pluridecennale esperienza di Coordinamento degli enti di formazione professionale “italiani” in Svizzera.
Innanzitutto riteniamo opportuno sottolineare l’importanza della rapida emanazione di un nuovo Avviso che permetta di rispondere ai crescenti bisogni formativi della consistente collettività italiana residente in questo paese, ai quali da alcuni anni non corrisponde un adeguato intervento da parte dello stato italiano. E’quindi necessario che il percorso per arrivare all’emanazione definitiva dell’Avviso concili le esigenze di ampio coinvolgimento delle istanze sociali e degli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero, con la rapidità delle procedure.
A quali bisogni dare risposta? L’analisi della situazione socio-economica elvetica e in particolare di quella della collettività italiana, così come emergono dai rapporti dell’Ufficio Federale di Statistica, della Commissione Federale degli Stranieri, dell’Ufficio Federale della Formazione Professionale e della Tecnologia e del Segretariato di Stato per l’Economia, dai lavori di ricerca di numerosi istituti universitari, nonché dall’esperienza del nostro lavoro, permettono di indicare la necessità che gli interventi si concentrino nelle seguenti aree:
· La formazione continua dei lavoratori e delle lavoratrici occupati/e.
· La riqualificazione dei lavoratori e delle lavoratrici di prima generazione.
· Lo sviluppo di attività di orientamento e di formazione finalizzati al conseguimento di qualifiche riconosciute attraverso percorsi di validazione delle competenze acquisite.
· La formazione per lo sviluppo delle pari opportunità.
Si tratta di una tipologia di bisogni senza dubbio diversa, e per molti aspetti non confrontabile, da quelli delle collettività residenti in altri continenti. Da questo punto di vista è quindi senza dubbio opportuno prevedere, come avviene nella bozza di Avviso, sia tipologie di interventi diversi per le varie aree geografiche, definendo apposite Schede Paese, sia la corrispondente suddivisione delle risorse.
La procedura prevista per definire le Schede Paese deve tenere presente la complessità delle realtà delle collettività italiane all’estero e deve coinvolgere sia le rappresentanze elettive che le forze sociali ed associative. Il questionario inviato a questo proposito nelle settimane scorse ai Comites, suscita invece numerose perplessità, in quanto chiede di indicare dati non disponibili anche in un paese dotato di una ottima rete di uffici di statistica come la Svizzera. L’impossibilità di rispondere alle domande poste sulla base di dati oggettivi, comporta quindi il rischio della vanificazione e dello svilimento dello sforzo richiesto ai Comites stessi.

Quali modalità di risposta? Le forme di intervento necessarie per rispondere in modo efficace ai bisogni sopra schematicamente riassunti sono attività formative corsuali e percorsi individualizzati di bilancio e orientamento professionale. Appare quindi del tutto opportuno e condivisibile il “riorientamento” degli interventi verso un profilo di attività più strettamente formative che emerge dalla bozza di Avviso, rispetto a quanto operato nel 2004.
Le proposte che saranno presentate costituiranno però una risposta efficace ai bisogni indicati solo qualora si integrino realmente nel contesto locale e quindi:
· Si inseriscano nelle dinamiche di sviluppo della formazione professionale in Svizzera
· Tengano conto dello specifico contesto sociale e culturale.
E’ necessario pertant che siano approvati solo progetti che da un lato abbiano un collegamento reale con le istituzioni (prevedendo ad esempio un punteggio aggiuntivo in caso di cofinanziamento) e le forze sociali locali, nonché con il tessuto associativo italiano, dall’altro tengano presente il contesto del paese in cui operiamo.
A questo proposito è assolutamente necessario, ad esempio, che dalla bozza di Avviso sia cancellata la norma prevista al punto 4, pag. 3 “Nel caso in cui le attività formative proposte riguardino persone occupate in forma di lavoro dipendente, il proponente dovrà allegare lettere di interesse di imprese locali, con indicato espressamente il numero di addetti che esse intendono far partecipare alle azioni formative”. Si tratta di un tipico esempio di trasposizione di una norma dal contesto italiano, senza verificarne l’applicabilità all’estero. Nella realtà elvetica la priorità deve infatti essere data ad interventi che consentano l’accesso alla formazione continua, all’aggiornamento e alla riqualificazione professionale
· Ai numerosi lavoratori e lavoratrici impiegati in condizioni precarie (contratti a tempo determinato, lavoro interinale, a chiamata, ecc.) o sottoccupati, che nel diritto del lavoro svizzero risultano a tutti gli effetti dipendenti
· Agli addetti in funzioni non qualificate o in settori, imprese o mansioni “obsoleti”
Si tratta di persone per cui la formazione costituisce lo strumento indispensabile per poter migliorare la propria posizione professionale e/o sviluppare percorsi di mobilità verticale e/o orizzontale, senza che ci sia alcun interesse da parte delle imprese in cui sono attualmente impiegati/e. Ad esse si aggiungono tutti coloro che (come è tipico nei processi migratori) svolgono professioni per le quali non posseggono un titolo di studio o una qualifica formativa riconosciuta in loco e devono poterla conseguire attraverso percorsi finalizzati riconoscimento delle competenze acquisite.
Nello stesso tempo è necessario richiamare l’attenzione sul carattere non strettamente congiunturale dei bisogni indicati e quindi sul fatto che gli interventi formativi debbano avere un carattere non estemporaneo e meramente puntuale. E’ necessario per tanto:
· inserire il prossimo Avviso nell’ambito di una programmazione pluriennale degli interventi e quindi non esaurire immediatamente tutte le risorse con il rischio di dover poi affrontare un periodo di “vuoto” di alcuni anni,
· prevedere una durata dei progetti superiore ai dodici mesi

Chi deve promuovere le attività formative? La scelta operata dal Ministero del Lavoro a partire dal 2000 di limitare le possibilità di presentare progetti soltanto a Enti con personalità giuridica italiana, viene riproposta nella nuova bozza di Avviso nella forma seguente “le proposte dovranno essere presentate da organismi che operano nel campo della formazione professionale e/o universitaria, pubblici o privati, accreditati presso Regioni o Ministeri italiani”. Al di là delle domande di merito sulla formulazione individuata, non del tutto chiara, è una scelta che non abbiamo condiviso in passato e non condividiamo ora, perché non trova alcuna giustificazione giuridica formale, contraddice la necessità di ancorare il più possibile le attività previste alle realtà delle comunità italiane all’estero e non valorizza il ricco patrimonio di esperienze e competenze che le stesse hanno sviluppato in questo campo nel corso degli anni.
Qualora questa “filosofia” dovesse però essere confermata è necessario che si restringa la possibilità di presentazione dei progetti a enti e associazioni che abbiano una pratica di lavoro con/per gli italiani all’estero, con l’obbligo (in modo più chiaro di quanto formulato nella bozza di Avviso) di costituire preventivamente un partenariato formale con soggetti operanti nella formazione professionale nei paesi in cui il progetto stesso viene presentato e che abbiano rapporti documentati con le collettività italiane ivi residenti.
Riteniamo inoltre che debba essere definita una dimensione massima del contributo finanziario concesso ai singoli progetti, piuttosto che una limitazione del numero dei progetti presentabili. Limitazione che non tiene conto dell’articolazione delle Circoscrizioni Consolari in Svizzera.

Rimaniamo a Vostra disposizione per ogni ulteriore informazione.

Con i migliori saluti

Per il Coordinamento degli enti di formazione professionale italiani in Svizzera

Guglielmo Bozzolini, Fondazione ECAP
Roger Nesti, FOPRAS
Paolo Vendola, ENAIP

 

 

2469-gli-enti-di-formazione-per-gli-emigrati-in-svizzera-scrivono-a-cgie-e-min-lavoro

3245

2006-1

Views: 3

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.