2486 IMMIGRAZIONE: I media, da ''strumenti di integrazione planetaria'' a mezzi di esclusione

20061205 15:28:00 webmaster

Workshop al seminario Redattore Sociale. Ghirelli: ”I media hanno investito, ma pensando allo straniero come ad un consumatore”. Ahmad Ejaz: ”Qual è il modello di integrazione italiano? L’immigrato felice rende felice la società”

XIII edizione del seminario Redattore Sociale
CAPODARCO DI FERMO – I “conflitti sottotraccia di casa nostra” è stato il filo conduttore dei workshop tenutisi nel corso del seminario per giornalisti Redattore Sociale, chiusosi domenica a Capodarco di Fermo.

E un conflitto culturale è sicuramente quello in atto tra “indigeni e forestieri”, vale a dire tra gli italiani e i tre milioni di immigrati residenti nel nostro Paese. Un confronto preda ancora di pregiudizi, sospetti, stereotipi. Di questo hanno parlato Massimo Ghirelli, giornalista, autore di programmi radiofonici e televisivi (tra i quali ‘Nonsolonero’), consulente di varie istituzioni e presidente dell’Archivio immigrazione di Roma, e Ahamad Ejaz, caporedattore della rivista della comunità pakistana in Italia e membro della Consulta per l’Islam in Italia. A coordinare i lavori Roberto Morrione, giornalista Rai e dal 1999 al 2006 direttore di Rai News 24.

Ne sono uscite fuori tre ore e mezzo di interessante discussione, con spunti mai banali e la volontà, anche attraverso le domande dei presenti, di non cadere nel tranello di una disamina a sua volta stereotipata.

Ghirelli ha posto subito sul tavolo le esigenze principali del nostro Paese in materia di immigrazione, senza tralasciare il ruolo svolto dai mezzi di comunicazione.

“Innanzitutto – ha affermato – il percorso per entrare in Italia deve essere chiaro, attraverso dei canali definiti. La vera lotta, allora, è quella di definire dei canali reali e percorribili, per fare in modo che le persone che vogliono entrare in Europa sappiano come fare”. Il secondo aspetto riguarda le preoccupazioni degli italiani. In primis rispetto al lavoro. “Uno straniero che arriva in 3-6 mesi trova lavoro, spesso in nero – ha affermato Ghirelli -. In oltre il 30% dei casi, però, si tratta di occupazioni regolari. Il lavoro allora c’è: perché non si accetta il fenomeno?”.

Terzo punto: “Il numero degli irregolari – ha proseguito – non è così alto come si vuol far credere. Per molti anni è stato attorno al 20%. E non c’è ragione al mondo per evitare che si regolarizzano”. Per procedere, dunque, occorre partire dall’abolizione della Bossi-Fini. “Basta con scene grottesche come quelle dell’ultima sanatoria – ha evidenziato il giornalista -. Stranieri che facevano finta di tornare al paese di origine e poi rientrare su chiamata, oppure file di clandestini ‘invisibili’ alle Poste per presentare la domanda. Si è fatto finta di non vedere: se c’era la volontà si poteva fare la più grossa retata di clandestini della storia!”.

Altra necessità evidenziata, quella di una legge sull’asilo. “L’Italia ha la fortuna di avere una bella Costituzione, che prevede l’asilo. Poi c’è la Convenzione di Ginevra del ’51. Queste due leggi basterebbero per formulare una legge complessiva sull’asilo. La nuova norma dovrà porre anche la questione della protezione temporanea per guerre, conflitti, calamità naturali, ecc… Ed è chiaro che se io concedo asilo, le persone che ne usufruiscono devono poter lavorare, portare la famiglia, ecc… La domanda allora è: questo Governo avrà la forza di emanare ed approvare una legge di questo tipo?”.

E i media? Come si pongono tutt’oggi nei confronti del fenomeno migratorio? “C’è chi ha investito in questo campo della comunicazione – ha evidenziato Ghirelli – ma sempre con l’idea dell’immigrato come nuovo ‘consumatore’. E nonostante alcuni sforzi, rimane da capire il ruolo dei mezzi di comunicazione. Nel 1954, quando arrivò la televisione, lo slogan era ‘una finestra sul mondo’. Ed è ancora vero. I mezzi di comunicazione hanno ancora la funzione di metterci in contatto in tempo reale con un numero incredibile di persone. E’ una potenzialità straordinaria, divenuta ancora più forte con le nuove tecnologie. Si potrebbe parlare di uno ‘strumento di integrazione planetaria’. Perché hanno invece questo ruolo di esclusione? Si parla di immigrazione sempre evidenziando gli elementi di differenziazione. Perché? Ci sono 100mila imprenditori stranieri. Ci sono migliaia di studenti eppure non se ne vede uno in televisione! L’immagine è ancora una volta riduttiva e stereotipata. Ed ancora: l’immigrato adesso è solo musulmano. Ma i musulmani in Italia rappresentano solo un terzo della popolazione straniera”.

Insomma, “c’è qualcosa di grave sotto. I media sono utilizzati per escludere. Ma oggi non è più il tempo di sedersi. Bisogna approfondire, avere il coraggio di affrontare i problemi nella loro complessità. Ed il confronto vero è quello sulle differenze”.

Interessante anche la testimonianza di Ahamad Ejaz. “Quando un immigrato arriva porta solo il suo corpo. La sua anima arriva quando sente di essere integrato. In Italia non so quando arriverà l’anima. Tanto per cominciare la Bossi-Fini è una legge contro l’immigrato. Ma se da Bossi ce lo aspettavamo, quello che non ci aspettavamo era da parte della sinistra una legge come la Turco-Napolitano. Questa legge è uguale alla Bossi-Fini, con l’unica differenza che l’altra era collegata al lavoro. Poi però è arrivata la legge Biagi, che parla di flessibilità. Dunque non c’è più un lavoro fisso tranne che… per l’immigrato, che per avere un permesso di soggiorno deve dimostrare di avere un lavoro fisso! E’ un paradosso. In realtà – ha continuato Ahmad – la vera integrazione si ha quando l’iimigrato risolve i primi tre problemi: i documenti, il lavoro e la casa. In italia l’immigrato impiega i primo 10 anni per superare questi 3 problemi”.

Enunciando i provvedimenti emanati dai Governi per facilitare la vita ai cittadini stranieri (l’importanza data alla semplice ricevuta per attestare la regolarità della presenza sul territorio italiano, la possibilità di recarsi anche alle Poste anziché alle sole questure per il permesso di soggiorno, ecc…), il giornalista pakistano ha ribadito che la Bossi-Fini crea clandestini (“ogni anno 30mila immigrati diventano clandestini”, ha affermato) e ha evidenziato come né Amato né Ferrero abbiano ancora proposto una legge sull’asilo”.

Ma come è cambiata l’immigrazione nel nostro Paese? “L’Italia non è più solo un Paese di transito. La legge europea sulle impronte digitali, infatti, fa in modo che i molti stranieri giunti in Italia (prima considerata solo terra di passaggio verso Germania, Francia, Inghilterra) vi rimangano. Ma l’Italia non è preparata ad accoglierli. Si dice che il modello inglese di integraziano stia fallendo, che quello francese è fallito. Ma l’Italia, quale modello ha? L’Italia spende molto per la sicurezza, poco per l’integrazione. E vive di stereotipi. Solo il 10% degli immigrati arriva via nave, ma sulle rive ci sono sempre telecamere e giornalisti per immortalare le scene. Ma avete mai visto chi arriva dall’est? No, perché fa molta meno scena. Insomma, l’integrazione, per dirla con il titolo del seminario, è totalmente ‘sotto il tappeto’. Ma sappiate che quando l’immigrato è felice, anche la società è felice”.

Spunti sono giunti infine dalle domande dei partecipanti al workshop. Qualcuno ha chiesto una disamina biunivoca, non concentrata cioè sulle sole responsabilità dei Paesi occidentali nell’affrontare i fenomeni migratori. Anche i migranti, insomma, devono fare la propria parte: non ci si può irrigidire sulle proprie convinzioni (anche religiose), tradizioni (si pensi ai matrimoni combinati) e stili di vita e chiedere solo all’Italia uno sforzo in questa direzione. Ma per far questo, hanno evidenziato Ghirelli e Morrione, serve tempo, pazienza e rispetto.

www.redattoresociale.it

 

 

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