2530 Convegno CNE: Politiche regionali per l’emigrazione, un’analisi comparativa delle Consulte

20061214 10:54:00 webmaster

CONVEGNO CNE, 13 DICEMBRE 2006
Sala Convegni di “Casa S. Bernardo”, Via Laurentina 229 Roma

Intervento di Laura Garavini, coordinatrice organizzativa Uim

Le associazioni che si occupano di italiani all’estero hanno a che fare sempre di più con le diverse politiche regionali in materia di emigrazione.
Ecco perché abbiamo ritenuto opportuno partire proprio da un’analisi comparativa delle politiche regionali per l’emigrazione, analizzando lo strumento fondamentale di cui si sono dotate le Regioni per realizzarle, vale a dire le Consulte regionali all’emigrazione.
Le Consulte esistono ormai da trent’anni.

Sono un punto di collegamento fondamentale tra le Regioni e gli italiani all’estero e negli ultimi anni hanno svolto un ruolo sempre più determinante tra l’Italia e i corregionali fuori dall’Italia.
Ma che cosa hanno significato e che cosa significano concretamente per gli italiani all’estero le Consulte all’emigrazione e qual è la Consulta ideale?
Molto spesso le nostre associazioni all’estero riscontrano grosse differenze tra gli interventi di una Regione e l’altra. Si verifica infatti che connazionali nelle stesse condizioni di bisogno e muniti degli stessi requisiti ottengono aiuti diversi dalle singole Consulte, dalle singole Regioni, a seconda della diversa provenienza regionale. In modo analogo tanti cittadini italiani non possono partecipare a misure formative o socio-culturali dal momento che sono offerte solo da alcune Regioni e possono andare ad esclusivo beneficio degli appartenenti alla Regione stessa.
Questo studio non pretende di essere esaustivo. Vuole contribuire ad illuminare l’importante lavoro svolto dalle Consulte regionali all’emigrazione, mettendone in risalto gli aspetti più positivi ed individuando al contempo quegli aspetti per i quali ci possono essere margini di miglioramento che possano rendere le Consulte ancora più moderne, più efficaci e più vicine alla realtà dei nostri connazionali all’estero.
Lungi dal pretendere l’omogeneizzazione delle leggi regionali in materia di emigrazione, il presente lavoro vuole essere uno spunto di riflessione in direzione di un’armonizzazione delle singole Leggi regionali, al fine di arrivare a garantire un più equo esercizio dei diritti da parte dei connazionali all’estero, indipendentemente dalla provenienza regionale.
Per arrivare a questo risultato siamo partiti dall’analisi delle strutture delle diverse Consulte, dei riferimenti legislativi delle singole Regioni e le abbiamo comparate sotto molteplici punti di vista.

Una legislazione relativamente recente
Più della metà delle leggi regionali di riferimento in materia di emigrazione sono leggi recenti, infatti sono state emanate per il 53% delle Regioni dopo il 2000 (11/21).
Un ulteriore 19% di Regioni fa riferimento a leggi emanate tra il 1995 e il 1999 (4/21).
Invece più di un quarto delle leggi regionali (28%) sono alquanto datate e risalgono a normative emanate negli anni 80 o comunque prima del 1994 (6/21).

Le consulte all’emigrazione: un’esperienza ormai consolidata
La maggior parte delle Regioni vanta un’esperienza ormai pluriennale nell’attività delle Consulte all’emigrazione, basti pensare che:
· un quarto delle Consulte è stato costituito già nella metà degli anni ’70 (5/18)
· un quarto si è costituito negli anni ’80 (4/18)
· quasi la metà delle consulte oggi operanti si è costituita nel corso degli anni ’90 (8/18)

Quanti consultori all’interno delle Consulte?
Le Consulte all’emigrazione delle Regioni italiane coinvolgono complessivamente oltre 700 consultori, con un numero medio di 40 componenti per ogni Consulta, numero ragionevole al fine di consentire una proficua operatività alla Consulta stessa.

Politiche per il futuro: i giovani presenti nelle Consulte
Solo 6/20 prevedono per legge una presenza minima di giovani tra i componenti della Consulta.
Il coinvolgimento e la partecipazione attiva delle giovani generazioni è lo strumento migliore a nostro avviso per garantire da un lato il futuro dell’associazionismo in emigrazione e dall’altro per permettere un salto di qualità dell’associazionismo stesso. Giovani partecipi, protagonisti e attori delle politiche per l’emigrazione possono contribuire a trasformare l’associazionismo emigratorio da un fenomeno datato, storicamente negativo, ad una realtà positiva, innovativa e al passo con i tempi.
E’ importante secondo noi che le politiche regionali all’emigrazione puntino sui giovani e li coinvolgano in prima persona.
Ecco perché sono sicuramente da lodare quelle regioni che hanno previsto nella loro legislazione un numero minimo di consultori giovani (Puglia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Molise) provenienti dall’estero. Particolarmente positivi sono inoltre i casi della Toscana, della Calabria e del Molise che hanno previsto anche l’istituzione di una vera e propria Consulta (o Consiglio) dei giovani.
Ottimo l’impegno da parte di Toscana, Puglia, Sardegna, Emilia e Lazio di prevedere una quota di fondi specifici a favore di iniziative rivolte a giovani corregionali all’estero.
Particolarmente utili possono rivelarsi gemellaggi, interscambi, finanziamenti di stage e di permanenze in Italia rivolti ai giovani. Tutto questo può avere un riscontro positivo sulle giovani generazioni aumentando la loro motivazione a partecipare e a rendersi promotori della vita associazionistica all’estero, e quindi a tenere vivo l’impegno della società civile in termini solidaristici, civili, rappresentativi con la Regione di provenienza.

E le donne?
Da un calcolo approssimativo tra i componenti delle Consulte è risultato che solo il 15% dei consultori è donna.
La Calabria è l’unica Regione a prevedere legislativamente una presenza minima di donne all’interno della Consulta.
Pur non pretendendo di tirare in ballo il discorso delle quote femminili, lo stesso ci sembra più che necessaria una maggiore attenzione alla rappresentanza femminile all’interno delle Consulte all’emigrazione. Tra l’altro non bisogna dimenticare che le donne, con il loro 47%, rappresentano quasi la metà degli italiani residenti all’estero (fonte: Caritas 2005). E non si tratta solo di una rilevanza in termini numerici.
Le donne hanno dato e danno ancora oggi un contributo determinante al fenomeno dell’emigrazione. Storicamente le donne hanno ricoperto un ruolo fondamentale nella realtà dell’emigrazione e ancora oggi continuano spesso ad essere determinanti per l’economia famigliare sottoponendosi a dure condizioni di lavoro. Le donne poi sono spesso l’unico punto di riferimento per l’integrazione nel nuovo contesto e per affrontare tutti i problemi di inserimento scolastico, sociale e psicologico dei figli e di tutti i componenti della famiglia.
Non c’è quindi bisogno di grandi giri di parole per dire che il 15% è una percentuale troppo bassa. Il numero e il ruolo delle donne in emigrazione è troppo importante per relegare la rappresentanza femminile ad un misero 15%.

La Presidenza
Nel 61% dei casi la carica di Presidente della Consulta viene ricoperta direttamente dal Presidente della Regione. Nel restante 39% delle Regioni la carica è ricoperta da un Assessore o da altro funzionario.
Teoricamente questo aspetto è positivo perché avvalora l’ipotesi che la Regione attribuisca grande valore alle politiche per l’emigrazione. Può però trasformarsi in aspetto svantaggioso se la presidenza del “Governatore” è solo di facciata e comporta la continua delega al funzionario di turno da parte del Presidente della Regione.
In questo caso allora è forse preferibile disporre di un interlocutore autorevole diverso, che sia però in grado di farsi carico con continuità e professionalità di tutti i compiti e gli impegni legati alla presidenza della Consulta.
E’ in ogni caso importante che i lavori della Consulta vengano seguiti anche da una rappresentanza politica della Regione, affinché le proposte che emergono dall’assemblea vengano sottoposte alla discussione in Giunta.

Da chi sono costituite le consulte?
Prendendo in esame il criterio della residenza, complessivamente emerge un dato importante perché il 40% dei componenti risiede all’estero e quindi conosce in prima persona le questioni dell’emigrazione. Il restante 60% dei consultori invece risiede in Italia.
Pur essendo il 40% dei consultori residenti all’estero una buona percentuale, è necessario ribadire che esiste ancora potenziale per un ulteriore aumento della rappresentatività dall’estero, più vicina alle tematiche e alle esigenze dei corregionali nel mondo.
In particolare, andando nel dettaglio ci sentiamo di sollecitare caldamente alcune Regioni a muoversi in termini di maggiore presenza di consultori residenti all’estero. Pensiamo in particolare alla Liguria, al Piemonte e in parte alla Sardegna, che presentano un numero troppo modesto di rappresentanti residenti fuori dall’Italia.
Da lodare invece soprattutto Calabria, Emilia Romagna ed Abruzzo (28,23 e 22), che prevedono legislativamente un alto numero di consultori dall’estero e pure Lazio, Campania e Lombardia (16,16,15).
Tra i consultori residenti in Italia vediamo che solo il 14% è costituito dagli esponenti dell’associazionismo nazionale operante a livello regionale ed internazionale in materia di emigrazione. Addirittura un quinto delle Regioni (Umbria, Valle D’Aosta, Liguria e Molise) non ammette affatto la loro presenza all’interno della Consulta all’emigrazione.
Dal momento che si tratta di ottimi conoscitori dell’emigrazione, espressione della società civile, crediamo invece quanto mai necessario ribadire l’importanza di una maggiore presenza degli esponenti dell’associazionismo regionale e nazionale all’interno delle Consulte regionali all’emigrazione.
Nello specifico ci sembra particolarmente lodevole l’esempio della Basilicata che come componenti della Consulta prevede un membro per ciascuna rilevante associazione nazionale operante anche in Regione e regolarmente iscritta all’albo regionale.

Chi sono i consultori residenti in Italia
Volendo analizzare più in dettaglio il 46% dei consultori che risiede in Italia, ma non opera nel mondo associazionistico, possiamo prendere in esame un’ulteriore rappresentazione. Accanto alla fetta del 54% che raccoglie consultori in rappresentanza dell’associazionismo per l’emigrazione, sia all’estero (40%) che in Italia (14%) abbiamo:
· un 12% rappresentato da interlocutori sindacali o di Patronato a stretto contatto col mondo migratorio,
· un 10% costituito da rappresentanti dei Comuni, delle Province e delle Comunità Montane,
· un 7%, costituito da funzionari delle Regioni,
· un 6%, destinato a rappresentanti dell’imprenditoria,
· un 4% costituito da esperti e rappresentanti universitari
· un 3% costituito da rappresentanti di istituzioni nazionali e locali (Inps, Inail, ufficio scuola)
· un ultimo 4% rappresentato da tipologie varie di consultori (volontariato, Associazioni del tempo libero, immigrati..)
E’ chiaro che ciascuno può apportare un contributo. Ci sembra però necessario concentrare le presenze su interlocutori mirati, competenti in materia, al fine di evitare di creare strutture mastodontiche, col rischio di non essere sufficientemente operative.
E’ quindi da approfondire un’analisi politica volta ad individuare il numero ottimale in rappresentanza delle singole categorie. Io qui mi limito a sollecitare alcune considerazioni, soprattutto in relazione agli ultimi tre gruppi.
Le Università e gli istituti scolastici nella loro azione di diffusione del sapere, possono avere un ruolo determinante nell’avvicinamento delle Regioni ai corregionali e ai loro rispettivi paesi di insediamento. Tra le loro competenze infatti c’è la promozione di scambi tra studenti e ricercatori.
Riteniamo che all’interno delle Consulte all’emigrazione sarebbe opportuno un aumento degli interlocutori universitari e scolastici. Per ogni polo universitario potrebbero essere presenti due rappresentanti, di cui uno responsabile dei programmi di scambio tra studenti e l’altro responsabile dei progetti di ricerca. La loro presenza dovrebbe essere mirata ad incentivare e a promuovere reti e contatti sia in entrata che in uscita che privilegino gli scambi specialistici dei ricercatori e dei giovani laureati italiani o di origini italiane.
Anche rappresentanti di uffici scolastici regionali potrebbero avere un ruolo più importante all’interno delle Consulte nel caso in cui favorissero contatti e politiche di interscambio e gemellaggi scolastici tra giovani corregionali e (eventualmente) ragazzi, anche stranieri, dei rispettivi paesi di residenza. Tra l’altro diverse Regioni prevedono finanziamenti in questo senso.
In sintesi:
ci sembra opportuno prevedere una maggiore rappresentatività della società civile, sia attraverso un maggior numero di corregionali dall’estero che attraverso una più nutrita presenza delle associazioni nazionali e regionali che operano per l’emigrazione. E’ necessario infatti che le Consulte siano più vicine alla realtà dei connazionali all’estero e più rispondenti alle loro esigenze di modernità attuali.
D’altro lato riteniamo auspicabile un maggiore numero di consultori in rappresentanza di Università e di uffici scolastici regionali.
Rimane però la necessità di non eccedere nel numero dei consultori, sia per non fare lievitare i costi a cifre esorbitanti sia per garantire la buona operatività delle Consulte. Resta quindi da valutare come compensare l’aumento del numero di consultori. Una possibilità potrebbe eventualmente consistere nella riduzione degli interlocutori in rappresentanza di istituzioni nazionali o regionali quali l’Inps, l’Inail o gli uffici regionali del lavoro. Costoro potrebbero venire convocati ad hoc, in qualità di esperti, per la trattazione di specifiche tematiche. Un ulteriore fonte di “risparmio” nel numero dei posti da consultore può essere rappresentato dall’ulteriore 4% che raccoglie tipologie sparse di consultori (Associazioni di volontariato, associazioni del tempo libero, immigrati,..).

Coincidenza tra Consulta regionale all’emigrazione e Consulta all’immigrazione
Allo stato dell´arte attuale sono tre le Regioni per le quali la consulta all´emigrazione è al tempo stesso anche Consulta all´immigrazione. Si tratta di Abruzzo, Piemonte e Sicilia.
Teoricamente tale coincidenza tra le due Consulte sembra ottimale poiché dal punto di vista politico, storico e sociale riteniamo che i fenomeni dell’emigrazione e dell’immigrazione siano molto vicini e complementari.
Di fatto però l’esperienza insegna che nel momento in cui si scende nella operatività e si cercano soluzioni concrete ai problemi migratori è più opportuna una distinzione tra i due fenomeni. Ecco perché ci sembra meglio tenere distinte la Consulta all’emigrazione da quella della immigrazione

La frequenza dei lavori della Consulta
Analizzando le realtá delle diverse Regioni emergono grandi differenze nella frequenza delle riunioni delle Consulte. C´è chi si incontra una volta all´anno. Chi si incontra 6 volte all´anno e chi ogni 3 anni.
A noi sembra che la frequenza ideale degli incontri della Consulta sia di due volte all’anno, opzione già in atto presso il 30% delle Consulte. Riteniamo infatti che tale frequenza rappresenti un serio compromesso che da un lato garantisce continuitá ai lavori e dall´altro consente a tutti i consultori, anche a quelli residenti all´estero, di potere partecipare regolarmente senza essere sottoposti a eccessivi disagi.
Particolarmente proficua per i lavori delle Consulte è l’abitudine applicata da alcune Regioni di prevedere coordinamenti continentali in preparazione agli incontri assembleari della Consulta stessa e riunioni distinte in diverse commissioni per l’elaborazione preventiva dei documenti.
Molto positivo ci pare anche l’esempio dell’Emilia Romagna che si è dotata di una Consulta provinciale all’emigrazione, in grado di essere da un lato più vicina alle esigenze territoriali e dall’altro di ulteriore ausilio alla Consulta regionale.
Ottima è la limitazione prevista da alcune Regioni (ad esempio Abruzzo, Calabria, Emilia e Sicilia) secondo cui i consultori decadono se non partecipano ai lavori per più volte consecutive. Valido a nostro parere è anche il limite della non rieleggibilità previsto da Umbria e Calabria. Per le due Regioni non è possibile ricoprire la carica di consultore per tre mandati consecutivi. Allo scadere del secondo mandato non si puó essere rieletti. Questo semplice dispositivo ci sembra utile al fine di evitare personalismi e promuovere una diffusa partecipazione.
E’ sicuramente da evitare la convocazione della Consulta al solo scopo di approvare il bilancio consuntivo e quello di previsione. Questa modalità può favorire l’insorgere di antipatici fenomeni di disinteresse e di partecipazione a mero scopo turistico.
Da denunciare sono pure i grandi ritardi nella convocazione di alcune consulte. A distanza di un anno e mezzo dalle elezioni regionali ci sono Regioni che non hanno ancora provveduto alla convocazione delle nuove Consulte all’emigrazione e ci sembra decisamente un ritardo troppo consistente.

I compiti delle Consulte all’emigrazione
Quasi tutte le Consulte hanno semplicemente una funzione consultiva, vale a dire hanno il compito di esprimere un parere sulla proposta di programma della Giunta in materia di emigrazione. Ci sono solo tre eccezioni: Toscana, Umbria ed Emilia Romagna, che attribuiscono alle rispettive Consulte anche il compito di avanzare proposte per il piano annuale degli investimenti e possono così contribuire esse stesse alla redazione del piano.
Noi salutiamo favorevolmente le legislazioni di Toscana, Umbria ed Emilia che rendono possibile alle proprie Consulte di passare da una posizione di passiva presa d’atto ad una attiva formulazione del piano annuale degli investimenti.

I finanziamenti delle Regioni per i corregionali all’estero
La maggior parte delle leggi regionali prevede finanziamenti per i corregionali all’estero in forma di:
· finanziamenti ai singoli emigrati
· finanziamenti alle associazioni di emigrati e/o per emigrati
· finanziamenti a terzi (oppure impegno della Regione) per misure a favore degli emigrati (es. informazione, studi e ricerche, riqualificazione..)
Per quanto riguarda i finanziamenti ai singoli si distinguono incentivi in caso di residenza all’estero oppure in caso di rientro definitivo in Italia dopo una prolungata permanenza fuori per motivi di lavoro.

I finanziamenti per il singolo emigrato rientrato
Per quanto riguarda i finanziamenti al singolo emigrato di ritorno le misure previste dalla maggior parte delle Regioni sono rivolte a finanziare:

Il reinserimento professionale o l´inizio di un´attivitá in proprio: 80% 16/20
Corsi di recupero. Reinserimento scolastico 60% 12/20
La riqualificazione professionale dei rientrati 60% 12/20
L´Acquisto della prima casa 70% 14/20
Il trasporto delle masserizie o vettovaglie 50% 10/20
I Costi di viaggio per il rientro 65% 13/20
Il Trasporto delle salme di connazionali 65% 13/20
Sostegno in caso di necessitá. Prima sistemazione 65% 13/20
Il Ripristino di contributi pensionistici 45% 9/20
Il Rimborso dell´affitto dell´abitazione 10% 2/20
L´Assegnazione di case popolari 35% 7/20
L´Acquisto di attrezzature per intraprendere un´attivitá in proprio 10% 2/20

I finanziamenti che ci sembrano più appropriati a sostenere il reinserimento degli emigrati di ritorno sono quelli che sostengono:
· la riqualificazione professionale volta al reinserimento lavorativo degli emigrati di ritorno (prevista dal 60% delle Regioni)
· il reinserimento scolastico dei figli (60% delle Regioni)
· il mettersi in proprio (80% delle Regioni).
Siamo infatti convinti che il migliore strumento per una piena integrazione al momento del rientro sia, per gli adulti, un reinserimento a tutti gli effetti nella vita produttiva e lavorativa italiana e per i bambini un ottimo successo scolastico, che funga poi da trampolino di lancio nella scelta di un´attivitá professionale.
Ci sembrano invece ormai datati, legati ad un tipo di emigrazione da anni 50/60 e forse non più coincidenti alle esigenze odierne quei finanziamenti previsti per il rimborso delle spese di viaggio e per il trasporto delle masserizie. Tra l’altro è necessario precisare che spesso mancano i fondi per finanziare questo capitolo di spesa e quindi di fatto si rivelano non disponibili.
Ci sembra invece opportuno mantenere i sussidi di prima sistemazione per quei nuclei familiari rientrati che si trovano in condizioni di indigenza. Cosí come continua ad essere attuale l’esigenza di garantire la copertura di eventuali buchi contributivi pensionistici per periodi lavorativi passati, anche in relazione a paesi con i quali non esistono ancora convenzioni previdenziali.

I finanziamenti per il singolo emigrato residente all’estero
I finanziamenti previsti dalle Regioni per i corregionali residenti all´estero sono invece:

Per la Formazione professionale 75% 15/20
Per Borse di studio per studenti figli di emigrati 75% 15/20
Per Sostegno all´imprenditoria dei corregionali all´estero 10% 2/20
Assistenza sanitaria 0% 2/20
Indigenza 30% 6/20
Emergenza Argentina 15% 3/20
Per l´organizzazione di Corsi di lingua italiana 20% 4/20

E’ molto positivo il fatto che i tre quarti delle Regioni prevedono finanziamenti per misure di formazione professionale rivolte agli emigrati residenti all’estero. Anche se questo dato viene ridimensionato dal fatto che solo un quarto delle Regioni prevede la realizzazione delle misure formative all’estero e le altre invece le predispongono soltanto in Regione, lo stesso si tratta di una percentuale significativa e da sostenere.
Per quanto riguarda i corsi di formazione organizzati all´estero, sarebbe opportuno che tutte le Regioni prevedessero una percentuale minima di frequentanti originari della Regione stessa (ad esempio i due terzi oppure i tre quarti) e ammettessero peró anche una percentuale minore di partecipanti originari di altre Regioni. Spesso infatti non si riesce a raggiungere il quorum minimo di partecipanti ma non per mancanza di interessati; solo perché non si dispone di un numero sufficiente di interessati muniti del requisito necessario richiesto, vale a dire la stessa provenienza regionale. Si rischia cosí di sprecare utilissime misure formative, che invece potrebbero venire strategicamente utilizzate, grazie ad un accorgimento di reciproca tolleranza.
Molto positiva a nostro parere è anche l’alta percentuale di Regioni (75%) che prevedono borse di studio per studenti figli di emigrati che vengono cosí messi nelle condizioni di arricchire le proprie competenze attraverso esperienze universitarie in Italia.
Da sottolineare in senso negativo è il fatto che solo due Regioni, Sardegna e Lazio, prevedono incentivi a sostegno dell’imprenditorialità di corregionali residenti all’estero. A loro vanno aggiunti comunque quei provvedimenti di cui le singole Regioni si sono dotate negli ultimi anni in materia di internazionalizzazione delle imprese. Questo ambito non è stato però oggetto della nostra analisi e merita un capitolo a sé.
Pur se con modalitá diverse, il 55% delle Regioni prevede il sostegno economico di singoli corregionali all´estero che si trovano in condizioni di bisogno. Tale dato emerge raggruppando insieme tutte le Regioni che prevedono qualche tipo di sussidio per indigenza (6 Regioni su 20; altre 3 Regioni hanno previsto sostegno economico per situazioni di difficoltá legate all´emergenza argentina; ulteriori 2 Regioni prevedono fondi per l´assistenza sanitaria di singoli corregionali). Spesso si creano delle spiacevoli situazioni di mancanza di equitá per cui italiani bisognosi, che si trovano nelle stesse situazioni di necessitá, si vedono trattati in base a parametri diversi solo a causa della diversa provenienza regionale. Si creano cioè cittadini di serie A e cittadini di serie B solo in base alla diversa origine. Onde evitare casi di questo tipo riteniamo che sarebbe opportuno che tutte le Regioni costituissero un fondo comune per il sostegno degli indigenti italiani residenti all´estero. E’ necessario che le Regioni contribuiscano alla creazione di un fondo nazionale unitario per l’assistenza di italiani indigenti all’estero così da potere uscire dal paradosso di fondi solo per alcuni privilegiati.
Solo 4 Regioni (20%), e anche questo è un dato troppo negativo, prevedono il finanziamento di corsi di Lingua e cultura italiana all´estero, mentre sono 9 le Regioni che offrono corsi di lingua italiana in Regione. L´apprendimento della lingua italiana rappresenta un arricchimento e un patrimonio inestimabile per le nuove generazioni e secondo noi va mantenuto presente tra gli obiettivi prioritari delle politiche regionali. La perfetta conoscenza della propria lingua madre è la premessa e il complemento ideale per il corretto e facile apprendimento di una seconda lingua straniera.

I finanziamenti per le associazioni che si occupano di emigrati
La maggior parte delle Regioni prevede fondi per le associazioni che si occupano di emigrazione.
13 Regioni su 20 (65%) finanziano in parte, sia pur modestamente, le spese di gestione delle stesse associazioni operanti all’estero. La percentuale risulta maggiore (75%) se si considerano anche le Regioni che finanziano soltanto le attività concrete delle singole associazioni all’estero e non il diretto funzionamento delle stesse. 13 Regioni su 20 finanziano anche progetti messi in atto da associazioni per l’emigrazioni attive in Regione.
Crediamo che sia importante garantire un minimo di risorse alle associazioni, al fine di sostenerle ed incentivarle ad operare a favore dei corregionali. Sono particolarmente importanti controlli che evitano sprechi e che accertano il possesso dei requisiti necessari alla concessione dei fondi.
Misure a favore dell’emigrazione per le quali si stanziano finanziamenti a terzi oppure si predispongono servizi ad hoc da parte delle Regioni
Quasi tutte le Regioni (19/20=95%) prevedono iniziative di “turismo sociale” per giovani corregionali, vale a dire che finanziano viaggi in Italia a giovani non abbienti per conoscere il paese degli antenati. Solo 7 Regioni prevedono analoghe iniziative anche per gli anziani. Tre Regioni su quattro (75%) sostengono gemellaggi e interscambi.
2 Regioni,Calabria e Friuli Venezia Giulia, prevedono fondi per la promozione all’estero dell’offerta turistica e commerciale dei rispettivi prodotti tipici regionali. Riteniamo che sarebbe positivo che piú Regioni seguissero tale esempio. Se gestita in modo produttivo grazie ai contatti dei consultori dall’estero questo settore potrebbe diventare un’ottima occasione per promuovere la piccola e media imprenditoria italiana all’estero e al contempo facilitare i processi di internazionalizzazione delle imprese italiane.

Informazione
Abruzzo, Trentino ed Umbria nelle loro leggi per i corregionali all’estero non prevedono capitoli di spesa per l’informazione. (Ciò nonostante il Trentino pubblica un mensile informativo ad hoc per i trentini nel mondo.)
Le restanti 17 Regioni finanziano misure rivolte all’informazione quali:
· la redazione di una rivista regionale telematica per i corregionali all’estero (12/20),
· la predisposizione di una sezione ad hoc per i corregionali all’estero all’interno del sito istituzionale della Regione 15/20,
· l’acquisto, la predisposizione e l’invio all’estero di pubblicazioni sul fenomeno migratorio (10/20: Basilicata, Calabria, Liguria, Marche, Friuli, Molise, Piemonte, Sicilia, Provincia autonoma di Bolzano, Veneto),
· il sostegno alle attività editoriali ed informative all’estero (6/20: Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Valle D’Aosta, Veneto),
· l’organizzazione di seminari informativi (1/20: Campania),
· l’informatizzazione delle associazioni (3/20: Emilia Romagna, Basilicata, Puglia),
· la formazione di giovani redattori residenti all’estero e la predisposizione di un mensile dei giovani corregionali emigrati (1/10: Emilia Romagna),
· la messa in onda di una radio digitale (1/10: Emilia Romagna),
· la messa in onda di programmi radiofonici dall’estero (1/10: Friuli),
· la predisposizione di servizi di consulenza da parte dei Comuni (1/10: Lazio),
· l’acquisto di spazi pubblicitari su bollettini informativi (3/20: Calabria, Marche, Piemonte),
· la predisposizione di biblioteche all’estero (2/20: Basilicata e Puglia)
· la realizzazione di documentari nei paesi di emigrazione (2/20: Piemonte, Veneto)
· il sostegno dell’informazione di ritorno (1/20: Molise),
· misure non ben precisate (1/20: Lombardia)
Una radicata e diffusa informazione è l’elemento principale a sostegno di politiche a favore degli italiani all’estero. Se c’è un bisogno dei connazionali ancora molto forte, indipendentemente dal luogo estero di residenza, è proprio l’informazione. In occasione di tutte le tornate elettorali si ripresenta puntuale il problema del deficit di informazione.
E’ auspicabile che in questa fondamentale materia gli investimenti e gli sforzi di tutte le Regioni aumentino considerevolmente. Tra l’altro osserviamo che fino ad oggi si sono favoriti gli investimenti di informazione in uscita (prodotti dalla Regione per l’estero). Riteniamo che sarebbe invece opportuno privilegiare maggiormente l’informazione in entrata (di ritorno). In questo senso va particolarmente lodato il progetto dell’Emilia Romagna, volta a formare giovani Reporter, che scrivano dall’estero. Così come è lodevole la nuova legge predisposta dalla Regione Molise che prevede incentivi per favorire l’informazione di ritorno.

Statuto
Per finire abbiamo analizzato i nuovi Statuti delle Regioni e siamo andati a vedere quali Regioni hanno tenuto conto dei corregionali all´estero nella predisposizione dei nuovi testi. Tutte e 10 le Regioni che fino ad oggi si sono dotate di un nuovo Statuto hanno considerato i corregionali nel mondo, riconoscendone cosí il ruolo e l´importanza. Cosí come i corregionali all´estero sono stati inseriti nelle proposte di Statuto ancora in discussione per altre 6 Regioni. L’unica Regione a non fare assolutamente cenno ai corregionali nel mondo nelle proposte attualmente in discussione è soltanto la Lombardia.
Ecco che questo convegno, come pure quello promosso dalla Uim nello scorso autunno a Cremona, vuole essere di incitamento a tutte le forze attive ed impegnate a favore dei lombardi nel mondo affinché si continui l´azione di sensibilizzazione nei confronti della Regione e si insista per ottenere una maggiore e migliore considerazione dei corregionali all´estero. Ci fa chiaramente molto piacere apprendere dalla stampa che la Regione Lombardia, a differenza di quanto progettato inizialmente, sta prendendo in considerazione la possibilità di inserire i corregionali all’estero all’interno del proprio Statuto. Un esito migliore alle nostre sollecitazioni non ce lo saremmo potuto immaginare.

Conclusioni
Le Consulte regionali all’emigrazione sono un interlocutore fondamentale per gli italiani all’estero. Svolgono già un buon lavoro ma dispongono ancora di un grande potenziale, da sviluppare ulteriormente.
Le Consulte a nostro parere devono essere uno strumento per promuovere sviluppo sia in entrata che in uscita dalla Regione. Da un lato servono a far pervenire alla Regione le richieste dei corregionali, dall’altro possono diventare uno strumento per aprire la Regione al mondo a tutti i livelli: turistico, commerciale, economico, culturale, scolastico e scientifico. Le Consulte e i Consultori possono promuovere iniziative concrete in tanti settori: gemellaggi scolastici, scambi di stage formativi o lavorativi per giovani, iniziative di promozione turistica, eventi culturali, internazionalizzazione delle imprese.
Ecco perché crediamo che sarebbe opportuno ammettere a far parte delle consulte un maggior numero di rappresentanti dell’associazionismo, sia di quello operante in Italia che di quello operante all’estero.
Gli esponenti della società civile infatti, legati all’associazionismo, oltre ad essere ottimi conoscitori delle esigenze dei corregionali all’estero, possono dare un contributo concreto all’internazionalizzazione della Regione, grazie alla loro rete di contatti sul territorio estero.
Il CNE, in qualità di associazione-cappello, potrebbe farsi promotore di due proposte concrete:
1. da un lato l’impegno di elaborare unitariamente alcuni criteri nazionali per il riconoscimento, e quindi la legittimazione, delle associazioni nazionali (e regionali) per l’emigrazione, da proporre al Ministero degli Affari Esteri,
2. dall’altro l’impegno di proporre unitariamente al Ministero agli Affari Esteri e alla Cabina di regia della Conferenza Stato, Regioni, Cgie, la costituzione di un coordinamento a livello nazionale di tutte le Consulte all’emigrazione. Questo consentirebbe, da un lato di promuovere una maggiore circolazione di informazione tra le Regioni in materia di interventi per l’emigrazione e dall’altro renderebbe più facile promuovere interventi congiunti tra una Regione e l’altra.
A lungo termine, pensiamo all’istituzione di un tavolo strategico nazionale, che vada ad affiancare il coordinamento delle Consulte all’emigrazione e di cui possano far parte tutte le associazioni nazionali riconosciute.
Il tutto partendo dal presupposto che l´obiettivo prioritario delle Consulte regionali all’emigrazione e delle stesse Regioni deve essere a nostro parere la globalizzazione dei diritti e non la supremazia dei localismi. Proprio in questo senso l’associazionismo sociale per l’emigrazione può apportare un grosso contributo in termini di idee, proposte, progetti concreti.

 

 

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