20061214 10:41:00 webmaster
ROMA aiseEminotizie – “Politiche regionali per l’emigrazione: una analisi comparativa delle Consulte”. Questo il tema su cui Laura Garavini (Uim) è intervenuta alla riunione della CNE, svoltasi oggi a Roma , presso casa S. Bernardo.
La Garavini ha presentato una ricerca sulle politiche e gli interventi delle regioni italiane a favore degli italiani all’estero, con particolare attenzione alle Consulte dell’emigrazione e ai finanziamenti regionali per i corregionali emigrati.
Da un punto di vista generale, l’esposizione della relatrice ha preso le mosse dall’analisi delle leggi regionali in materia di emigrazione in Italia, che, in base alla ricerca, risultano “un po’ datate”. “Il 53 per cento di tali leggi – ha precisato la Garavini – risalgono a dopo il 2000, ma la maggior parte sono state istituite prima del 1994. La nostra ambizione – ha detto – è quella di parlare di una legge quadro nazionale sull’emigrazione, anche se ciò – ha aggiunto – capiamo che è utopico. Si pensa allora più concretamente ad un’armonizzazione delle varie leggi regionali”.
Passando poi ad analizzare la situazione delle consulte regionali per l’emigrazione, è stato sottolineato che queste “sono una realtà istituita già dai primi anni ’80 e danno un ottimo contributo in materia di emigrazione”. Organizzazioni a carattere prevalentemente consultivo (“tranne in 3 regioni, dove la consulta può anche apportare vere proposte sul quadro annuale degli investimenti”), il 50 per cento di esse si riunisce una volta all’anno e per lo più sono presiedute da governatori, in qualche caso da assessori o funzionari.
Presenze, numeri e composizione: questi i dati esposti dalla Garavini, che, se da un lato ha sottolineato la scarsa “presenza di consulte dei giovani (in Toscana, Calabria e Molise)”, dall’altro ha lodato l’iniziativa di Puglia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Molise di prevedere “un numero minimo di giovani nelle consulte”.
Quanto alla loro composizione, negativa risulta la situazione per il numero di donne, pari solo il 15%, un dato, è stato sottolineato, “troppo basso se si considera che le donne rappresentano il 48% degli italiani all’estero”. “Nel 61% dei casi – ha aggiunto la Garavini – la presidenza delle Consulte è nelle mani dei Governatori, nel 39% di funzionari o assessori. Questa è una situazione che riteniamo maggiormente produttiva perché garantisce maggiore continuità nell’attenzione prestata alle attività dei connazionali all’estero”. Nelle consulte risulta inoltre “che il 40% dei componenti sono corregionali all’estero, mentre il 60 per cento sono italiani residenti in patria. “Sarebbe opportuna – secondo la Garavini – la presenza di un maggior numero di residenti all’estero. Di questo 60% il 14 per cento è rappresentato da associazioni, il 46% da consultori di altre province. Anche qui, per noi sarebbe auspicabile una maggiore presenza dell’associazionismo. Meriterebbero inoltre un maggiore attenzione anche gli esperti scolastici e le università, nella misura in cui possono promuovere scambi culturali, gemellaggi, borse di studio, etc”.
In merito ai finanziamenti, la Garavini ha specificato che possono essere divisi in tre gruppi: i finanziamenti destinati ai singoli emigrati, rientrati in Italia o residenti all’estero; alle associazioni; a terzi, o per interventi della Regione a favore di emigrati.
Quanto ai primi destinati al singolo emigrato, rientrato in Italia, “16 regioni su 20 sostengono il re-inserimento professionale; 12 su 20 i corsi di recupero per il re-inserimento scolastico. Altri finanziamenti sono poi destinati alla qualifica professionale, all’acquisto della prima casa, di masserizie, ai costi di viaggio. I finanziamenti per il trasporto di vettovaglie risulta obsoleto, mentre da lodare sono i fondi per il reinserimento scolastico e professionale e gli aiuti per situazioni di emergenza, per una prima sistemazione, o per coprire buchi contributivi”.
Per il singolo residente all’estero, invece, “15 regioni su 20 sostengono la formazione professionale, borse di studio per studenti a figli di emigrati. Solo due regioni (Lazio e Sardegna) sostengono l’imprenditoria degli italiani all’estero, una voce che invece – secondo la CNE – andrebbe estesa”. Stesso discorso anche per i fondi per l’assistenza, per l’indigenza e per l’emergenza Argentina garantiti “solo da poco più della metà delle regioni italiane”. Per questo, ha sottolineato la relatrice, “proponiamo un fondo nazionale unitario per l’assistenza italiana all’estero degli indigenti per evitare la costituzione di cittadini di serie A e di serie B”.
Quanto ai finanziamenti per le associazioni, dalla ricerca emerge che “13 regioni su 20 dedicano fondi per il funzionamento di associazioni all’estero, e 13 per associazioni in Italia. Solo 15 su 20 per progetti di associazionismo estero e di formazione in Regione”. Quanto ai finanziamenti a terzi, infine, sono per lo più destinati al turismo sociale per i giovani, meno a quello per anziani, all’informazione (“anche se andrebbe valorizzata di più quella di ritorno”), alla formazione in regione, a gemellaggi e interscambi.
Al termine della presentazione della ricerca, la Garavini ha annunciato quelle che sono le proposte della CNE: “l’impegno di elaborare criteri nazionali per la legittimazione delle associazioni nazionali per l’emigrazione; e l’impegno a costituire un coordinamento nazionale di tutte le consulte”. Per il lungo termine, al tempo stesso, ha concluso, l’idea è quella di “un tavolo strategico nazionale per interventi congiunti che affianchi le Consulte e di cui facciano parte tutte le associazioni che si occupano di emigrazione”.
(stefania del ferraroaiseEminotizie)
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