20061212 11:31:00 webmaster
Da “La Voce d’Italia”
Parlano le seconde generazioni di italo-venezolani. Più dei padri sono interessati alla politica, non pensano di fuggire in Italia, e accettano di continuare la sfida ai tropici
CARACAS- Come sono le seconde generazioni di italo-venezolani? E’ una domanda di urgente attualità in un decennio in cui il Venezuela completerà il trapasso generazionale dei propri “italians”. Negli italovenezolani di seconda generazione la parola dopo il trattino acquista una forza particolare, integrati lo sono stati anche i genitori, ma per i figli il nuovo imperativo è occuparsi del paese, perchè il Venezuela è soprattutto “loro”, soprattutto di chi nel bene o nel male non vuole fuggire.
Per tentare una risposta abbiamo girato alcune domande ad alcuni ragazzi italovenezolani in riunione con la deputato Marisa Bafile, che sul riscatto dell’immagine delle seconde generazioni in Italia (“pensano che siamo ignoranti, ma abbiamo il fior fiore dei professionisti”, tuona al centro italo) ne ha fatto un proprio cavallo di battaglia. Apre la conversazione Giampiero Chiavaroli, ventiquattrenne che collabora nella impresa del padre, a cui chiediamo cosa si aspetta dal governo venezolano: – Cioè che desideriamo è un po’ di stabilità nel paese, cosa che non abbiamo avuto in questi ultimi tempi. C’è troppa incertezza sul futuro, questo fa male. L’esempio ricorrente è quello dei tanti studenti che finiscono l’università col timore di doversene andare senza poter sfruttare in patria il loro titolo. – Ho un amico – continua Chiavaroli – che sta finendo l’università, ma se dovesse andarsene dal Venezuela il suo titolo sarebbe carta straccia, avrebbe studiato inutilmente, si può vivere cosi?”.
Per Edoardo Velandri i giovani sono la vera sfida per un paese dall’età media molto bassa: – Più possibilità si danno ai ragazzi e meglio è. Non solo il settore pubblico, bisogna sviluppare anche il settore privato. Per Riccardo Bianchi, odontologo di 41 anni, è sempre il tema lavorativo quello su cui si gioca la sfida del domani: – Il mercato del lavoro non offre molte opportunità, bisogna perfezionare il coordinamento con l’università. Ma tu il paese come lo vedi, insistiamo con Riccardo. – Personalmente penso che stiamo vivendo periodo di transizione. Non sono favorevole a quello che succede adesso, però ero contro quello che succedeva prima, dove l’economia era monopolizzata.
Tutti concordano su un’opposizione forte per il bene della democrazia e soprattutto per ridare fiducia a chi, parte della società civile, rivendica un proprio ruolo positivo accanto a quello delle masse. Affinchè succeda è necessario che il Venezuela ispiri fiducia, lo fa? A sorpresa, la risposta è sì. Francesco Cammarano sottolinea: – Credo in questo paese, le opportunità non mancano. Giampiero Chiavaroli è ancora più deciso: – Me ne vado in caso estremo, ma deve essere qualcosa davvero estremo, davveromolto estremo.
– Andarmene?- sorride Riccardo Bianchi – Quando avevo 18 anni l’ho pensato, ancora è un tema ricorrente in famiglia. Ma non in Italia, in un paese anglosassone, in Europa forse, ma non penso in Italia, no, l’Italia proprio no.
Le seconde generazioni di italo-venezolani, che col tempo occuperanno il baricentro delle collettività all’estero, hanno un compito sulle spalle, mostrare l’altra faccia dell’Italia fuori dall’Italia. Il passaggio dall’immagine dell’emigrato nostalgico al loro figlio cosmopolita e professionale. Molti di loro l’Italia l’hanno vista, a volte vissuta per brevi periodi, e così non temono di lanciarsi in comparazioni. – Dell’Italia invidio la tranquillità, la stabilità, forse ci sono anche più opportunità, ma qui, qui c’è il calore della gente latinoamericana.
– Ed anche il clima – interviene Riccardo Bianchi – però credo che in Italia l’educazione sia migliore, i giovani hanno una visione più ampia, possono approfondire certe inquietudini.
L’analisi più coraggiosa prova a farla Francesco Cammarano: – E’ la mentalità della gente che è diversa. In Venezuela interessa soprattutto il guadagno economico, là la classe media è più omogenea. Ma? – Ma qui voglio rimanere, là non mi divertirei tanto.
(Piero Armenti-LaVoce d’Italia/Eminotizie)
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2006-1
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