20061224 15:47:00 webmaster
Nel mondo ben 8.700.000 persone possiedono un patrimonio che supera il milione di dollari.
La quantità dei milionari è in crescita, con un incremento superiore al 6% annuo. Quanto più un Paese è povero, tanto più velocemente crescono le fortune individuali.
La compagnia di consulenza e gestione finanziaria Merril Lynch – in collaborazione con la compagnia dello stesso settore Capgemini – ha presentato la decima edizione del Rapporto sulla Ricchezza nel Mondo 2005, dove c’è la conferma che stiamo andando di male in peggio. I dati
fanno venire i brividi: nel mondo esistono 85.400 persone la cui fortuna personale oltrepassa i 30 milioni di dollari, e 8.700.000 che hanno un patrimonio superiore al milione di dollari. Inoltre, il numero dei nuovi
ricchi cresce con un incremento superiore a quello dell’economia mondiale: il 6% negli ultimi 4 anni, contro una media del 4% della produzione di tutto il globo. E come se non bastasse, la quantità di multimilionari è aumentata del 10,2% rispetto all’anno precedente.
Coloro che hanno un patrimonio superiore ai 30 milioni di dollari
vengono definiti ultra o multimilionari, invece quelli che possiedono
‘soltanto’ un milione di dollari sono detti ‘milionari’ tout court. Nel
primo caso, si tiene conto del patrimonio netto, cioè, senza
considerare i debiti; nel secondo caso, dal patrimonio vengono esclusi
la prima casa e le voci attive tangibili, come ad esempio i gioielli o
le opere d’arte.
In testa ci sono gli Stati Uniti, con 2.670.000 milionari, seguiti dal
Giappone, con 1.410.000, dalla Germania (767.000), dalla Gran Bretagna
(500.000), dalla Francia (367.000), dalla Cina, (320.000), dal Canada
(232.000), dall’Italia (198.000) e dalla Svizzera (191.000).
Le informazioni fornite dalla lettura del rapporto ci permettono di
trarre delle conclusioni attendibili, ma non per questo meno eclatanti.
I ricchi diventano ogni anno sempre più ricchi: nel 2005 essi si sono
accaparrati un patrimonio netto di 33.000 milioni di dollari, l’8,5% in
più del 2004, e si prevede che nel 2010 entreranno in possesso di 44.600
milioni di dollari.
Il rapporto mostra che il numero di nuovi ricchi è in aumento proprio
nelle regioni più povere del mondo. Ad esempio, il luogo in cui il
numero di ricchi ha fatto il maggiore balzo in avanti è l’Africa, con un
incremento dell’11,7%. E, tra i singoli Stati, è l’India a trarre i
maggiori vantaggi: adesso ha il 19,3% di ricchi in più rispetto al 2004;
segue la Russia, con il 19,3% in più.
La quantità di milionari è duplicata rispetto al 1996, quando
assommavano a 4.500.000. Inoltre, la stragrande maggioranza dei guadagni
di questa élite selezionata è dovuta a due grandi tipi di operazione che
hanno poca ricaduta sulle attività produttive: il rapporto spiega
infatti che le cause principali dell’arricchimento sono gli investimenti
presso le varie Borse valori e nel mercato immobiliario.
Poiché la quantità di ricchi cresce più di quanto cresca l’economia
complessiva, ne consegue che questa categoria si prende una fetta
maggiore della torta globale. Quindi, quando vengono avanzate richieste
per una ridistribuzione progressiva del reddito, dobbiamo porci in
questo contesto: oggi evidentemente si verifica una distribuzione
regressiva della ricchezza totale prodotta.
In America Latina, il numero dei ricchi è aumentato del 9,7%. Il
rapporto segnala come causa principale del fenomeno l’aumento dei prezzi
del petrolio. In totale, circa 350.000 di latinoamericani controllavano
un patrimonio di 4.200 milioni di dollari. Il Brasile è in testa a
questa triste classifica regionale. Nella maggiore economia del
Sudamerica, il tasso di nuovi ricchi è salito dell’11,3% rispetto al
2004. L’aumento dell’oro nero ha portato benefici anche a persone
residenti in Messico e nel Venezuela.
Da noi la situazione è analoga. Un rapporto presentato dall’Istituto di
Studi e Formazione della Centrale dei Lavoratori Argentini (CTA) spiega
che, nonostante la crescita dell’economia, la torta viene mal
distribuita. ‘La dinamica del mercato argentino del lavoro, sebbene crei
impiego, non riesce a risolvere né la povertà né la disuguaglianza nella
distribuzione dei redditi. L’attività economica maggiore ha un effetto
scarso sugli introiti della popolazione più svantaggiata. Nelle
condizioni attuali e nonostante il calo della disoccupazione, in materia
di povertà e indigenza c’è la tendenza ad attestarsi su un nuovo livello
costante sostanzialmente più alto di quello degli anni ‘90’ segnala lo
scritto succitato.
Il rapporto della CTA è stato reso noto la settimana scorsa; in esso si
sottolinea che nell’ottobre 2001 i settori popolari percepivano il 25,5%
del prodotto, mentre alla fine del 2005 la loro partecipazione era del
22,3%, di fronte a un’espansione dell’economia, nello stesso periodo,
del 30%.
Il maggiore regresso si è avuto nel 2002, quando i redditi dei settori
medio-bassi sono crollati al 23% del Prodotto Interno Lordo (PBI). Nel
2003 è iniziato un recupero, e si è ritornati al 26,2%, ma da allora la
partecipazione dei lavoratori è rimasta praticamente inalterata. ‘Da
tutto ciò balza agli occhi che l’inversione del modello di
disuguaglianza consolidatosi durante l’esperienza neoclassica degli anni
’90 continua a restare una questione in sospeso’ aggiunge il rapporto.
Alla voce ‘consumo’, il rapporto dell’Istituto diretto dal deputato
Claudio Lozano mette in evidenza che tra il 2001 e il 2005 la
partecipazione dei settori popolari al consumo privato è calata dal
45,8% al 43,8%, mentre i settori accentrati, che riguardano solo il 3.2%
della popolazione attiva, hanno elevato la loro porzione dal 54,2% al
56.2%. In conclusione – secondo il rapporto – per combattere
l’inflazione, più che stabilire un tetto all’aumento dei salari sarebbe
conveniente una riforma tributaria a base progressiva.
In Argentina e nel mondo, la linea di tendenza vede le risorse gestite
in misura crescente da un numero sempre minore di mani. E dato che il
tema è complesso, occorrono delle risposte altrettanto complesse. Perciò
non crediamo che questo dramma terribile possa risolversi semplicemente
firmando dei trattati bilaterali di libero commercio. Se fossimo
d’accordo con questa affermazione, saremmo dei veri sciocchi.
Fonte: Agencia Periodística del MERCOSUR (APM) 26 giugno 2006
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