2582 CGIE: Le riflessioni del consigliere Domenico Azzia (UNAIE)

20061219 14:10:00 webmaster

L’Assemblea Plenaria di fine anno del CGIE e le preoccupazioni dell’associazionismo di emigrazione nelle riflessioni del consigliere Domenico Azzia

CATANIA – Con lo spirito di chi ha perduto il piacere di stare nel CGIE, riportiamo alcune osservazioni sulla recente Assemblea Plenaria di fine anno.

La prima giornata dei lavori dedicata all’incontro con i giovani si è aperta con il discorso del Vice Ministro Danieli che ha indicato come temi del dibattito due priorità: la riforma del CGIE e la questione giovani.

L’ingresso nel Parlamento italiano degli eletti della Circoscrizione Estero – ha affermato Danieli – completa l’assetto della rappresentanza istituzionale dei cittadini residenti all’estero fino ad ora espressa solo dai COMITES e dal CGIE. Ma le esigenze di un aggiornamento richiedono un ripensamento del CGIE su una diversa dimensione.

Il Governo intende raccogliere le indicazioni di riforma da portare in Parlamento espresse dal confronto di tutti i soggetti istituzionali ed associativi ed in modo particolare le proposte che emergeranno dal dibattito del CGIE.

Passando alla seconda priorità, Danieli definisce essenziale il tema sul dibattito dei giovani affermando che su questo argomento non occorre una politica del giorno per giorno ma una politica che abbia al suo centro lo sviluppo delle persone e delle risorse, guardando al futuro, cioè ai giovani ed al loro coinvolgimento e valorizzazione.

Due argomenti certamente accattivanti e di pregnante attualità, da approfondire.

Ma dopo la prima giornata dedicata ai giovani ed una breve parentesi riguardante il programma Stato-Regioni-CGIE, i temi lanciati da Danieli sono andati a farsi benedire per il sopravvento di contrasti e di tensioni in sala che hanno portato, ad un calo verticale, il livello del dibattito e dei lavori.

Tutta colpa di un martedì nero, dedicato alle elezioni delle cariche lasciate vacanti dai consiglieri eletti in Parlamento, tra cui il Segretario generale, tre Vice Segretari generali, due componenti del Comitato di Presidenza, due componenti della Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all’estero.

Un martedì lunghissimo scadenzato dall’appello dei 94 consiglieri, otto volte chiamati a votare, in una atmosfera intossicata e pesante come cappa su una Assemblea stanca ed inquieta.

Motivo del malessere: le elezioni dei consiglieri alle cariche lasciate vuote dai Parlamentari eletti in Parlamento e la reazione dell’Assemblea messa di fronte al fatto compiuto sui risultati di una votazione che è stata solo una esercitazione formale. I nominativi dei consiglieri da eleggere si conoscevano già dal giorno prima, le designazioni venivano da fuori, blindate, senza possibilità o mediazioni alcune. Tutte appartenenti allo schieramento di maggioranza che si riconosce in una parte politica.

Per reazione, si è immediatamente ricompattata una opposizione, anch’essa legata a schieramenti di partiti politici che si è sentita inascoltata ed estromessa dalla forza dei numeri, reagendo come ha potuto. Ma di confronto sui temi della Assemblea, sui programmi tra i candidati e tra gli schieramenti non si è sentito proprio niente.

Il gruppo dei consiglieri non etichettati, non è stato né consultato, né informato prima o durante l’Assemblea sulle scelte.

Il gruppo di maggioranza, procedendo in senso unico, si è così attribuito tutte le otto cariche disponibili. Anche le Presidenze vacanti delle tre Commissioni tematiche sono state occupate dalla maggioranza.

Noi dell’associazionismo di emigrazione, quello vero, quello libero, quello autonomo e non etichettato perché di volontariato, ci siamo tirati indietro. Ci siamo astenuti. E non siamo stati i soli perché un gruppetto di altri consiglieri ha votato bianco. Tutti per manifestare disappunto alla votazione burla e non certo sulle persone. E questo la dice lunga.

Siamo convinti che in realtà la votazione, appunto perché pilotata, non ha lasciato soddisfatti nessuno, né chi ha ricevuto, né chi ha dato il voto. Il malessere in sala si coglieva a piene mani per il diffuso fatalismo dovuto al risultato scontato.

I consiglieri eletti sono tutte persone perbene. Certamente avrebbero avuto i consensi dell’intera Assemblea con una votazione aperta e rispettosa delle diverse sensibilità e con la soddisfazione di tutti. Di chi si sarebbe sentito gratificato dal voto e di chi avrebbe avuto il piacere di scegliere tra i colleghi consiglieri. Così come si conviene nei consessi civili e democratici.

Il CGIE è l’organo consultivo che rappresenta gli interessi degli italiani all’estero e ne propone le soluzioni al Governo, al Parlamento ed alle altre Istituzioni.

E’ il caso di ricordare che gli interessi degli italiani non hanno colore politico, né possono averlo. Sono interessi della comunità e basta, sono interessi veri, obiettivi e fattibili.

Questi interessi, una volta formalizzati, non possono diventare appannaggio di una maggioranza in contrapposizione ad una minoranza che rema contro.

Logica vuole che un organismo collegiale li porti con motivazioni partecipate e condivise al termine di un confronto ed una serena dialettica interna.

Non si spacca un organismo così prezioso come il CGIE con arroccamenti innaturali su schieramenti del tutto estranei alle finalità di istituto.

Consideriamo i partiti politici i pilastri necessari di uno Stato democratico. Ma una legge elettorale anomala conferisce alle segreterie politiche dei partiti uno strapotere spesso utilizzato a privilegiare la ricerca del consenso e della visibilità rispetto alle esigenze del bene comune. Conosciamo, purtroppo, le scellerate ubbidienze imposte dagli schieramenti politici.

Ci preoccupa, quindi, l’inclusione del tutto innaturale, della politica nel CGIE.

Una preoccupazione che ci porta a rilanciare con forza l’associazionismo di emigrazione, la sua autonomia e la sua centralità come presidio ineludibile degli interessi delle nostre comunità.

Le stesse indicazioni e proposte di azioni che troviamo nella relazione di Danieli per arrivare ad una Conferenza dei giovani entro il 2008, porta direttamente all’associazionismo di emigrazione come centrale operativa affidabile, in grado di organizzare la Conferenza per la sua presenza reale nel tessuto connettivo delle nostre comunità

Da più parti registriamo, ad eccezione dell’Europa, un associazionismo che si muove, cresce ed ammoderna sempre più i suoi contenuti in direzione culturale.

Sono numerose le associazioni divenute sedi e centrali di cultura, proprio per rispondere alla crescente domanda di cultura e di apprendimento della lingua che viene dalle nostre comunità di tutte le generazioni ed in particolare dal mondo giovanile. E non soltanto da loro perché, anche tra gli autoctoni cresce, nelle società di insediamento, interesse e simpatia per l’italianità e la sua cultura.

Su questo filone, su questo segno dei tempi, si stanno muovendo moltissime associazioni. Un orientamento per il quale ci battiamo e sosteniamo con forza superando antiche resistenze.

Uno spaccato che conferma ancora una volta l centralità di un associazionismo al passo con i tempi, sempre pronto a rispondere alle esigenze che vengono dalla società che cambia in forza della sua autonomia e dei valori che porta con sé.

Questa considerazione, anche in rapporto a quanto avvenuto nell’Assemblea Plenaria, ci porta a ripensare la voce e la posizione dell’associazionismo, fino ad oggi troppo compressa dall’apparato che gestisce il CGIE. Troppa sproporzione rispetto al peso di rappresentatività reale e diretta dell’Associazionismo.

Il problema del riequilibrio della rappresentanza, tra quella diretta e quella degli apparati di etichette, sarà un punto fermo da discutere con forza in sede di riforma del CGIE.

Sarà forse la ricetta giusta.

Dicevano di un associazionismo di emigrazione che ha scelto, all’interno del CGIE, una posizione assolutamente equidistante dagli schieramenti e dai partiti e che intende porre con priorità assoluta i problemi degli interessi degli italiani all’estero, e solo questi, allo scopo di individuarli, formalizzarli e sottoporli a Governo e Parlamento secondo la dizione e lo spirito della legge istitutiva.

Secondo uno stile del confronto che fa della democrazia il suo pilastro fondamentale.

(Domenico Azzia, Componente del CGIE in rappresentanza dell’UNAIE)

 

 

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