20070121 13:41:00 stefy
Al via il settimo Forum sociale mondiale. Il primo organizzato in Africa, terra in cui si gioca il futuro di un movimento altermondialista in cerca di rilancio
di Joshua Massarenti (j.massarenti@vita.it)
“Basta accuse, ma proposte” sarebbe quindi la nuova parola d’ordine lanciata dal Consiglio internazionale del Fsm. Da qui al 25 gennaio, ci saranno quattro giornate di dibattiti e incontri fittissimi al termine dei quali si saprà o meno se il Forum sociale mondiale avrà ripreso lo slancio che tutti attendono. “E’ importante che il movimento ponga fine alle sue incertezze” confida un rappresentante della società civile italiana. “Non si può andare avanti con la paura di parlare a nome degli altri”. Sin qui, infatti, i summit organizzati dal Fsm si limitavano a riunire un coro di proteste di cui nessuno intendeva appropriarsi. Una scelta strategica che potremmo definire democratica, ma che sul lungo termine rischia di condurre il Forum in un vicolo cieco. “Non ci sono alternative” ammette Flavio Lotti, “la nostra capacità di cambiare le cose è vincolata alla necessità di fare rappresentanza”. Con oltre 500 presenze, la delegazione italiana prova a dare l’esempio. “C’è qualcosa che si sta muovendo” sostiene Laura Ciacci, responsabile dell’area cooperazione internazionale del Wwf Italia. “Il processo è lento, ma ci stiamo avviando verso una piattaforma collettiva che riunisce attori molto diversi fra loro, dalle ong agli Enti locali, passando per una miriade altre realtà associative e istituzionali. Questo per sottolineare che fare consenso”, il primo scoglio della rappresentanza, “non è cosa facile”. E se non lo è all’interno di un singolo paese, figuriamoci a livello internazionale. “Ma non abbiamo altra scelta” ammonisce Raffaella Bovini dell’Arci. “Gli africani ci hanno chiaramente fatto capire che senza una svolta politica da parte dell’Unione europea o degli Stati Uniti sui temi della povertà, le loro battaglie sono destinate a morire. Ciò significa che sui nostri movimenti incombono delle responsabilità enormi che dobbiamo assumerci fino in fondo. Da noi dipende la svolta che gli africani attendono da decenni”. Una sfida tra tante altre che, almeno qui a Nairobi, passa per una capacità di ascolto molto alta nei confronti di una società civile africana profondamente fragile, ma le cui richieste, tese ad estirpare milioni di esseri umani dalla povertà, non fanno una piega.
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EmiNews 2007
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