2662 CONVEGNO SU IMMIGRAZIONE E LAVORO NERO

20070201 15:23:00 webmaster

“Immigrati e lavoro nero”: è stato questo il tema di un seminario di studio svoltosi il 26 gennaio u.s. e promosso dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI, dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Migrantes.
Il lavoro nero rappresenta oggi “un vero e proprio mercato parallelo, che contribuisce a generare e consolidare – ha detto Laura Zanfrini docente di sociologia delle migrazioni, e della multiculturalità alla Cattolica di Milano, introducendo i lavori – molto spesso nuove disuguaglianze a discapito del rispetto dei diritti e della dignità della persona umana”.

ROMA (Migranti-press/Eminotizie) –
“Immigrazione e lavoro sono due indicatori – ha aggiunto mons. Paolo Tarchi, direttore dell’Ufficio nazionale della Pastorale del Lavoro della CEI – dei profondi cambiamenti della società in Italia, che, dovendo fare i conti con i più bassi tassi di natalità d’Europa, richiede una crescente presenza di lavoratori stranieri”. Mons. Tarchi ha ricordato alcuni dati riportati dal Dossier Immigrazione Caritas/ Migrantes secondo il quale gli immigrati regolari nel 2005 hanno superato di poco i tre milioni. A questi si aggiungono gli irregolari che vivono nel sommerso (fra i 500.000 e gli 800.000). La ragione principale che “induce i datori di lavoro, i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi a partecipare all’economia sommersa è di natura economica. Lavorare nell’economia informale offre l’opportunità di accrescere i propri guadagni e di evadere l’imposta sul reddito e i contributi sociali. Per gli imprenditori l’incentivo è dato dalla riduzione dei costi”. La realtà del sommerso, secondo mons. Tarchi, “riduce il livello di protezione sociale delle persone. Esso va inoltre contro gli ideali europei di solidarietà e di giustizia sociale”. Per mons. Tarchi, vi è anche un “sommerso” che consiste nelle “attività vietate dalla legge che però non viene preso in considerazione dalle indagini statistiche perché di difficile quantificazione”. Queste attività coinvolgono spesso “organizzazioni criminali”. “Il lavoro irregolare ha forti implicazioni sulla vita dei singoli e della collettività”.
Il nostro Paese fa parte del G7, il gruppo dei Paesi più industrializzati del mondo, ma ciò – ha affermato Franco Pittau, coordinatore del Dossier Immigrazione Caritas/Migrantes, giunto quest’anno alla XVI edizione – “non la esonera da un posizionamento molto negativo per quanto riguarda l’ampiezza assunta dal lavoro nero, una realtà negativa che caratterizza anche le economie moderne ma, in maniera del tutto particolare l’Italia. Il lavoro nero ha accompagnato in larga misura lo sviluppo dell’Italia ma ora, che siamo costretti a misurarci sempre più con la concorrenza internazionale, sta evidenziando vistosamente i limiti del nostro modello di sviluppo”.
“Nelle pieghe del lavoro nero sono coinvolti gli italiani e in misura ancora più preoccupante, gli immigrati. Questi sono una sorta di specchio che mostra pregi e difetti della società di accoglienza e, in particolare, la strutturazione sempre meno lineare del sistema produttivo, che ha reso più difficili i controlli e i sistemi di tutela e più precari i meccanismi di collocamento e la durata dell’impiego”. La storia dell’immigrazione in nero in Italia è stata “ciclicamente connessa – ha spiegato Pittau – con la creazione di sacche di irregolarità e poi con il loro svuotamento a seguito di provvedimenti straordinari di regolarizzazione”. “Per ben più della metà degli adulti stranieri soggiornanti in Italia – ha aggiunto Pittau – la storia migratoria è contrassegnata da queste due fasi, ma ciò non giustifica l’accondiscendenza verso tale fenomeno, che, pur connesso con le esigenze di produttività, presenta caratteristiche assolutamente inaccettabili come sfruttamento, assenza di tutela, gravissime limitazioni della libertà personale”. In realtà, questi lavoratori “sono più preparati dal punto di vista culturale; la loro voglia di affermarsi è estremamente più marcata; la loro capacità di sopportare anche livelli retributivi bassi è più grande; ma il loro impegno per restare nell’ambito della legalità, da presupporre nella maggior parte di essi, è stato reso vano dalle politiche deficitarie finora condotte in materia di ingresso e di inserimento”. Secondo Pittau anche senza trascurare i controlli alle frontiere e le sanzioni in caso di inadempienze, l’impegno maggiore per superare “il primato del sommerso è di natura culturale” al quale va unito “un impegno sul piano legislativo, che in larga misura bisogna auspicare trasversale agli schieramenti politici” ma non meno importante è “l’impegno sul piano amministrativo, innanzitutto per quanto riguarda i permessi di soggiorno, perché la lentezza burocratica spesso allontana dalle vie della legalità e invita a rivolgersi al più celere mercato del lavoro irregolare”. (R.Iaria/SIR/Migrantes)
55) CONVEGNO SU IMMIGRAZIONE E LAVORO NERO (2)

ROMA (Migranti-Press) – Il seminario di studio su “Immigrati e lavoro nero”, promosso dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI, dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Migrantes, si è concluso con un intervento di p. Gianromano Gnesotto, Direttore della Pastorale per gli Immigrati della Fondazione Migrantes. Tirando le conclusione il sacerdote. ha fatto notare che giustizia e cultura della legalità sono stati il filo rosso che ha legato tutti gli interventi del seminario collocando in tal modo il tema particolare delle politiche migratorie all’interno del più generale tema delle politiche sociali. L’entità delle sanzioni per chi occupa irregolarmente lavoratori stranieri – ha affermato – è rilevante (pena congiunta dell’arresto, da tre mesi ad un anno, e dell’ammenda di cinquemila euro per ogni lavoratore impiegato), ma “la scarsa effettività dei controlli, cagionata da evidenti limiti strutturali, ne attenua certamente la portata pratica”.
P. Gnesotto ha richiamato al fatto che “a fronte di una consistente richiesta di lavoratori da parte di alcuni settori dell’economia o sociali sono necessari decreti flussi che consentano un effettivo incontro tra domanda e offerta. Sono pertanto necessarie quote più realistiche di ingresso, altrimenti l’alternativa è costituita dall’arrivo per vie illegali, ricerca di lavoro in nero e successiva pressione per sanatorie. Si pensi – ha concluso – ai provvedimenti di regolarizzazione che si sono succeduti nel nostro Paese dal 1986 ad oggi, per comprendere come scelte irrealistiche nella programmazione degli ingressi possano svuotare di contenuto il concetto stesso di politiche dell’immigrazione”.
Durante il convegno non sono mancate le testimonianze e anche uno sguardo internazionale al problema con un intervento di Barbara Fridel dell’IOM (Organizzazione Internazionale per le migrazioni) secondo la quale le migrazioni sono “un fenomeno positivo quando riescono a sanare disquilibri. I Paesi sviluppati che hanno bisogno di manodopera spesso fanno fatica ad accogliere grandi numeri di migranti. Per questo – ha aggiunto Fridel – occorre sviluppare una collaborazione bilaterale tra i Paesi d’origine e quelli di destinazione”. Tra le strategie indicate dalla rappresentante della IOM l’aumento di possibilità di ingressi legali e “favorire processi di sviluppo nelle aree di origine che valorizzino il ruolo del migrante”. (R.Iaria/SIR/Migrantes)

 

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EmiNews 2007

 

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