2661 ROM E SINTI: UN DOCUMENTO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO

20070201 15:22:00 webmaster

Pubblichiamo di seguito le Conclusioni e le Raccomandazioni del documento finale dell’Incontro di Studio dei Direttori Nazionali della Pastorale per gli Zingari, svoltosi dall’11 al 12 dicembre scorso nel Palazzo San Calisto di Roma sugli “Orientamenti per una Pastorale degli Zingari.

VATICANO (Migranti-Press/Eminotizie) – Disamina del Documento”. L’evento ha visto la partecipazione di 27 delegati provenienti da 21 Paesi, in rappresentanza di tre continenti: Europa, Americhe e Asia.

CONCLUSIONI

Dall’analisi approfondita degli Orientamenti, nella loro dimensione antropologica, sociologica, teologica ed ecclesiale, senza tralasciare gli aspetti storici e giuridico-legislativi, nonché dalle discussioni nei gruppi di studio, è emerso quanto segue:

1. I Direttori Nazionali hanno riconosciuto l’importanza di avere finalmente un Documento (Orientamenti) che testimoni gli sforzi compiuti dalla Chiesa cattolica nella cura pastorale degli Zingari, riconosca la loro spiritualità e voglia offrire ai nomadi l’insegnamento del Vangelo nella sua totalità. Si tratta di un Documento che descrive la pastorale degli Zingari non come mera beneficenza, ma quale esigenza della cattolicità della Chiesa.

2. Gli Orientamenti sono frutto dell’impegno pastorale finora svolto e dello scambio di esperienze realizzate. Segnano, dunque, un momento importante nella storia di evangelizzazione e promozione umana a favore degli Zingari. La dichiarazione di Papa Paolo VI al riguardo: “Voi siete nel cuore della Chiesa” (Pomezia, 1965) e l’affermazione del Concilio Vaticano II che la Chiesa non fa differenze tra gli uomini (cfr. Gaudium et spes), posero fine al silenzio storico nei confronti di questo popolo.

3. Il XX secolo, comunque, ha apportato un cambiamento fondamentale nella visione del mondo degli Zingari con due eventi di valenza storica: il primo fu la beatificazione di Ceferino Jiménez Malla, umile Zingaro spagnolo, martire della guerra civile del 1936, mentre il secondo si riferisce alla richiesta di perdono a Dio per i peccati commessi, anche nei confronti degli Zingari, dai figli della Chiesa, richiesta da Papa Giovanni Paolo II il 12 marzo 2000, nell’ambito delle celebrazioni liturgiche del Grande Giubileo.

4. Fra i suddetti peccati – se non di azione certamente di omissione – può essere inclusa anche una secolare tiepidezza, anzi, la mancanza di un approccio specifico e specializzato della Chiesa e anche dei suoi pastori, sacerdoti e altri operatori pastorali, alla missione fra gli Zingari. A questo riguardo, gli Orientamenti esortano tutto il popolo cristiano ad una conversione della mente e degli atteggiamenti, al fine di instaurare un rapporto positivo con la popolazione zingara.

5. Nei suoi atteggiamenti verso gli Zingari, la Chiesa non deve soltanto “accogliere” (l’accoglienza si compiva già nell’Antico Testamento), ma deve assumere il rischio di andare verso l’altro, soprattutto verso chi è diverso, chi viene respinto, chi non è gradito, come appare dal Nuovo Testamento. E’ il Cristo dei Vangeli che infrange i tabù culturali.

6. Il Vangelo – mistero di salvezza affidato da Cristo alla Chiesa – deve essere predicato agli uomini di ogni cultura. Nell’opera di evangelizzazione degli Zingari, il processo d’inculturazione, intesa come l’incarnazione del Vangelo nelle culture e insieme la loro introduzione nella vita della Chiesa, deve ritrovare la sua validità e priorità. In questo contesto, gli Orientamenti elencano una serie di opinioni, ma mostrano altresì la possibilità di raggiungere l’equilibrio auspicato. Essenziale, al riguardo, risulta l’affermazione che, sulla scia della vera cattolicità, la Chiesa deve diventare, in un certo senso, essa stessa zingara fra gli Zingari, affinché questi possano partecipare pienamente alla vita ecclesiale.

7. La “promozione umana” e l’“evangelizzazione” sono due aspetti complementari inscindibili per la diffusione del Regno del Padre, che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace. Nell’attività pastorale a favore degli Zingari, dunque, aiuto umanitario e verità del Vangelo devono camminare insieme, ed è necessario che gli elementi di giustizia, fratellanza e uguaglianza gli siano propri.

8. Per ciò che si riferisce alla “purificazione” della cultura zingara , tale processo deve avvenire mediante il Vangelo e trovare il suo pieno compimento in Cristo. Si sottolinea, negli Orientamenti, che a fianco dell’ “accettazione” della cultura zingara, la Chiesa deve orientare la pastorale anche verso il superamento di quegli aspetti non condivisibili dalla visione cristiana della vita o che, in un modo o nell’altro, costituiscono ostacolo sulla strada della riconciliazione e comunione fra Zingari e gagé.

9. Lo Zingaro ha un sentimento di esclusione, il desiderio di conservare la propria mobilità e la propria famiglia. La solidarietà è al centro della sua mentalità. La sua concezione religiosa e la sua fede sono fondate sull’ esistenza di un Protettore potente. La Redenzione – come pienezza della solidarietà – non riguarda unicamente l’anima, ma l’uomo nella sua integralità, compresa la sua cultura, il suo tipo di relazioni, ecc. Quindi, nella trasmissione del Vangelo, è estremamente importante considerare i valori e la ricchezza della cultura zingara, conoscerne la lingua, apprezzarne tradizioni e usanze. In realtà, la condivisione della vita zingara apporta un arricchimento reciproco.

10. Comunque, un rispetto esagerato della tradizione zingara può dare adito all’isolamento o al rifiuto. Grava anche sui gagé, peraltro, la responsabilità nei seguenti ambiti: educazione, formazione professionale, uguaglianza di fronte alla legge, dignità umana, perdono reciproco, interruzione di una catena di offese che si trasmette di generazione in generazione. Il già menzionato atto della confessione delle colpe dei figli della Chiesa, in vista di una "purificazione della memoria" anche nei confronti degli Zingari, permette di migliorare le relazioni oggi. Il primo passo del dialogo sta nell’accettare di essere diversi.

11. L’assenza o l’insufficienza del riconoscimento dell’identità zingara da parte della società e/o della Chiesa comporta un processo di assimilazione e non di integrazione. Degno di lode quindi è il fatto che gli Orientamenti affermino che solo l’integrazione, intesa come inserimento armonioso nella piena accettazione della diversità, conduce verso l’ auspicata unità. Accogliere gli Zingari senza assimilarli, aiutandoli preferibilmente a conservare la propria specificità, si presenta, però, come equilibrio difficile da realizzare.

12. Gli zingari sono sopravvissuti, e continuano a sopravvivere, ad una realtà secolare di rifiuto, con reazione che è diventata parte costitutiva della loro cultura. Tale elemento culturale li fa partecipi della preoccupazione di Cristo di infrangere i tabù e del Suo amore privilegiato per i più deboli. La Chiesa, alla sequela di Cristo, ha la missione di riconoscere e stimolare questo amore.

13. La specificità propria alla pastorale zingara non può tuttavia eliminare il senso di responsabilità universale territoriale della Chiesa. Gli Zingari, interpellano in effetti tutta la Chiesa; da ciò deriva la necessità di un’articolazione tra pastorale specifica e territoriale, parrocchiale. Incombe sullo stesso Vescovo la responsabilità di incoraggiare gli Zingari a conservare la propria identità e unità. Essi devono sentirsi bene accolti nella Chiesa locale e nella comunità alla quale appartengono, nei loro spostamenti. E ciò è chiaramente indicato dagli Orientamenti.

14. Nell’attuale contesto socio-politico appaiono fenomeni nuovi che interpellano la Chiesa, e cioè:
– nuove migrazioni zingare inquietano gli Stati e fanno paura alle popolazioni, dando vita ad un rinnovato razzismo o a una xenofobia inquietante, in quanto sono la negazione dell’apertura del cuore voluta da Cristo;
– queste nuove migrazioni creano incontri di popolazioni e di gruppi che prima si ignoravano;
– parallelamente, gli zingari si sforzano di uscire dall’assistenzialismo e di affermarsi in quanto tali;

– le istanze civili tentano di dare agli zingari una voce che permetta loro di affermarsi.

III. RACCOMANDAZIONI

Considerato quanto sopra, i Partecipanti hanno attestato la necessità:

– che la Chiesa faccia sue le angosce e le speranze degli Zingari, affinché il Vangelo sia vissuto e annunciato in maniera appropriata alla loro mentalità e alle loro tradizioni. Questa preoccupazione deve avere delle conseguenze in campo liturgico e catechetico;

– che essa accetti di arricchirsi dei valori zingari, nati dalla resistenza all’assimilazione e alle persecuzioni, dato che l’universalità stessa della Chiesa lo richiede;

– di dare la priorità al compito del Promotore episcopale. La sua presenza e il suo atteggiamento sono essenziali per gli operatori pastorali che abbisognano di sostegno e sollecitudine, di premura e attenzione ai bisogni particolari;

– di richiedere maggior impegno da parte dei Vescovi, soprattutto nell’accoglienza e nel creare spazi di ascolto degli Zingari, nonché di prevenire la discriminazione. E’ da considerare l’opportunità di usare la “advocacy” ecclesiale a difesa della loro causa, dei loro diritti;

– di favorire le associazioni politiche e culturali degli Zingari, anche se ciò comporta dei rischi. È questione di dignità, condizione dell’adesione personale a Gesù Cristo;

– di rafforzare il protagonismo e la responsabilizzazione degli Zingari nella Chiesa;

– di intensificare l’impegno e la sollecitudine per le vocazioni, considerata l’importanza della presenza di sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose zingari, in questa pastorale specifica;

– di moltiplicare i luoghi in cui gli zingari possono esprimere se stessi e la loro fede, come, ad esempio, nella formazione delle Scuole della Fede, fermento di un dialogo rispettoso in cui gli Zingari esprimono la propria fede;

– di uscire dallo schema “abituale” di preparazione ai sacramenti. Occorre tener conto dell’elemento culturale ed esistenziale, dell’emotività (sentimenti) e dell’immediato, che è proprio degli Zingari. Una “continuazione” pastorale sarà da preferire rispetto a un monitoraggio episodico;

– di promuovere i pellegrinaggi, occasioni di incontro, per infrangere l’immagine ancora troppo forte che la Chiesa è dei gagé e che bisogna rinunziare alla propria identità zingara per essere un “buon cristiano”. Un’ Eucaristia “sul terreno” può significare una presenza di Cristo al cuore della vita zingara;

– di manifestare la solidarietà della Chiesa con gli obiettivi di giustizia della società civile verso gli Zingari e favorire l’emergere della cultura zingara per farla conoscere anche nella sua dimensione di fede;

– di rimarcare la convenienza del riconoscimento, da parte delle diocesi, della specificità della pastorale degli Zingari, dunque,

– di informare le Autorità religiose dell’esistenza degli Orientamenti, rilevandone le espressioni particolarmente significative, tali che suscitino preoccupazione e responsabilità pastorale;

– di adoperarsi per favorire l’accoglienza e un’appropriata applicazione degli Orientamenti. Data la diversità e complessità delle situazioni in cui vivono gli Zingari nei vari Paesi, varrà pensare ad elaborare una sorta di Direttorio nazionale;

– di coordinare meglio il ministero dei cappellani degli Zingari con quello dei parroci locali, sul territorio. Le comunità parrocchiali si aprano all’accoglienza e riconoscano ciò che di positivo fanno gli operatori pastorali;

– di progettare percorsi catechetici in funzione delle specificità locali;

– di favorire incontri organizzati tra operatori pastorali e zingari responsabili per stabilire relazioni autentiche e suscitare il “vivere insieme”. Agire secondo la massima “niente per loro ma tutto con loro”, vale a dire, sostenere ed accompagnare gli Zingari, ma non agire al loro posto per paura della sconfitta; collaborare, astenersi da giudizi morali e iniziare con amore;

– di desistere dal fare una lettura troppo “letterale” del nomadismo degli Zingari. Molte delle caratteristiche del nomadismo sono ancora valide per gli zingari. La terra è di tutti, dunque anche essi hanno diritto all’alloggio, al voto, a essere considerati come cittadini a pieno titolo;

– di affrontare lealmente la sfida che le nuove migrazioni zingare comportano per la pastorale con l’incontro con altre religioni e confessioni, vale a dire con spirito arricchente di adesione al Vangelo e alla Chiesa, e di apertura;

– di offrire più occasioni per migliorare la conoscenza reciproca dei responsabili pastorali. Si verifichino in comune le loro relazioni con gli Zingari, e quelle di questi ultimi tra di loro, per dare vita, progressivamente, ad una spiritualità pastorale comune, adattata alle nuove situazioni. Essa deve essere viva, non può essere stereotipata;

– di intensificare la collaborazione con le istituzioni civili perché diano voce agli Zingari e di considerare la possibilità di creare, nella Chiesa, dei Forum dove gli Zingari possano presentare i loro problemi, le loro istanze e qualche loro caso particolare.

– Per quanto riguarda il fenomeno delle sette vi è necessità di considerare il N. 77 degli Orientamenti come base dei nostri atteggiamenti.

 

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EmiNews 2007

 

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