2714 Sull’orlo del burrone

20070203 19:36:00 webmaster

Antonio Padellaro (da l’Unità)

Martedì scorso, intervistato da «Repubblica», Massimo D’Alema aveva detto:«Basta con questo stillicidio di polemiche. La gente non ne può più. E noi rischiamo di pagare le conseguenze di tanto logoramento». E, a proposito della gente che non ne può più, il giorno dopo, mercoledì, il «Corriere della sera» pubblicava i catastrofici (per l’Unione) risultati di un sondaggio ritenuto «affidabile» dalla maggioranza.

Secondo questo sondaggio l’opposizione di destra ha «incrementato il suo vantaggio» giunto ormai a 13 punti sia sul proporzionale che sul maggioritario. Un quadro reso ancora più scuro dalle previsioni di voto, se è vero che soltanto il 20 per cento dell’opinione pubblica scommette su un successo dell’Unione alle prossime politiche a fronte del 57,9 per cento che punta sul centrodestra. L’altro ieri, giovedì, al Senato, ecco l’incredibile autogol del centrosinistra. Un pasticcio mai visto iniziato con l’ordine di votare contro il governo per salvare il governo e concluso con la sconfitta del governo.

Andiamo avanti. Ieri, il capogruppo dell’Ulivo alla Camera Dario Franceschini ha invitato le varie anime della coalizione a smetterla di litigare e di piantare bandierine di partito. «Tutti dovrebbero sapere», ha detto, «che i nostri elettori non ci perdonerebbero se riconsegnassimo il Paese a Berlusconi solo perché non siamo riusciti a trovare un accordo». Parole sacrosante, bellamente ignorate dagli uomini delle bandierine che hanno continuato ad accusarsi reciprocamente di volere indebolire il governo (cosa che non lo ha certo rafforzato), come potrete leggere nei resoconti della giornata. Mentre questo venerdì foscamente declina, Rutelli rivolto a Rifondazione parla di misura ormai colma; mentre per Romano Prodi si tratta di «malintesi» superabili. Niente dimissioni, soggiunge il premier, adesso è il momento di tenere la barra del timone dritta.

Da queste scarne ma significative note di cronaca si può ricavare quanto segue.

Primo. Dopo otto mesi di attività (e appena venti giorni dal vertice di Caserta che doveva rilanciare la coalizione) i maggiori leader dell’Unione accennano pubblicamente a una possibile crisi del governo Prodi nel caso non fosse subito ricomposta la frattura tra la cosiddetta ala radicale e la cosiddetta ala moderata dalla coalizione. Sulla politica estera ma non solo. Vedi il no del ministro Mastella al progetto dei ministri Bindi-Pollastrini sulle coppie di fatto. Vedi la ridda di voci e di smentite sull’incontro tra la Bindi e il segretario della Cei Betori e sulla telefonata Rutelli-Ruini.

Secondo. Preoccupazioni su una possibile situazione fuori controllo quando il Parlamento voterà il rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan sono state espresse al presidente del Consiglio dal presidente della Repubblica Napolitano.

Terzo. Un calo dei consensi della coalizione di governo è fisiologico, soprattutto quando quel governo deve farsi carico di misure impopolari, ma ritenute indispensabili di prelievo fiscale. Quando però i sondaggi, punto più punto meno, registrano distacchi profondi tra una maggioranza che oggi non sarebbe più tale e un’opposizione che si considera di nuovo maggioranza, questo significa che la crisi di consensi del centrosinistra rischia di trasformarsi da umorale in strutturale. Mentre da una parte tornano a ingrossarsi le file del partito berlusconiano in marcia con l’allegra banda mediatica (parole di Veronica, musica di Silvio), dall’altra parte si avverte, nella delusione, la crescita di un sentimento antipolitico e astensionista. Ed è un vero peccato che all’immagine delle buone cose fatte in questi mesi si sovrapponga quella dei ministri litigiosi, fonte di qualunquismi di vario genere. Di ciò ne hanno percezione i leader dell’Unione? E se sì, non dovrebbero correre ai ripari prima che il riflusso diventi non rimediabile?

Quarto. Romano Prodi fa bene a gettare acqua sul fuoco. E ha ragione Giampaolo Pansa sull’Espresso quando sostiene che se il Professore ce la farà a guidare l’Italia per cinque anni «dovrà essere fatto santo». Nondimeno la tecnica delle mediazioni continue e quotidiane può rivelarsi alla fine controproducente se invece di risolvere i problemi serve ad alimentare i diversi protagonismi partitici. C’è un momento nel quale bisogna intimare l’alt a tutti quelli che non vogliono capire qual è oggi la vera posta in gioco. E a quanto sappiamo è ciò che Prodi si prepara a fare nell’annunciato vertice dell’Unione. Consegnare il paese a Berlusconi per una bandierina in più o in meno sarebbe davvero imperdonabile.

apadellaro@unita.it

 

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EmiNews 2007

 

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