2759 PAC (DICO): UN PAPA DA EMENDARE

20070210 15:36:00 webmaster

I Dico fanno impazzire papa Ratzinger e Ruini
Toni apocalittici e appello alla responsabilità dei parlamentari cristiani: «È una minaccia alla società italiana». Sulla Chiesa cala il «pensiero unico» di Ruini
Mimmo de Cillis*

L`EDITORIALE DEL MANIFESTO DEL 10 FEBBRAIO
di Mariuccia Ciotta

L`EDITORIALE DEL MANIFESTO DEL 10 FEBBRAIO
di Mariuccia Ciotta

L’attacco vaticano del giorno dopo va al di là delle attese e non solo perché il disegno di legge sulle innominabili coppie nasce già «indegno», carta di diritti percepiti come peccati, ma perché introduce quella «minaccia alla società» che i vescovi attribuiscono ai Dico.
Le aspirazioni di un «giusto sviluppo economico e di un’appropriata qualità della vita», dichiara infatti Ratzinger, derivano da un unico istituto giuridico, la famiglia, ed escludono qualsiasi altra forma di convivenza. Famiglia come luogo di lavoro produttivo e riproduttivo da tenere sotto controllo. Immaginiamo così una società talebana guidata dall’uso strumentale della religione dove si perde ogni impulso etico e dove la seduzione del sacro cede il passo alla violenza dell’interdizione.

Non sembra più la morale cattolica a guidare questo papa che fa appello a Dio per imporre leggi che «esprimano sempre i principi e i valori conformi al diritto naturale».
Ratzinger non si smentisce. Già nei suoi primi giorni di pontificato ha gettato una fatwa contro chi mette «al centro della vita» filosofie e politiche diverse dalla sua, descritte come pratiche da illusionisti. E ora scatena la sua potenza mediatica per intimorire, non fa appello al fascino del matrimonio, ma istiga all’anatema Radiovaticana, i vescovi e l’Osservatore romano. Scomunica e non comunica nulla che tocchi la sensibilità dei «conviventi», amanti, uomini e donne, anzi li spinge verso la zona d’ombra di «convivenze sessuate» e quindi «ambigue». Fa degli affetti, etero e omosessuali, una massa di manovra per un potere della Chiesa che taglia fuori il dissenso cattolico, impone le sue gerarchie ecclesiastiche e si schiera con i teocon proprio quando perdono le loro guerre di civiltà.
Il papa ha parlato ieri dei rischi derivanti dagli ex Pacs «come pastore della chiesa universale» all’ambasciatore colombiano Juan Gomez Martinez per interposta persona, quando il suo interlocutore non era né un prete né un devoto, ma il governo italiano, da «mandare a casa» se insiste nell’«ingerenza» sul suo potere terreno.
«È necessario appellarsi alla responsabilità dei laici presenti negli organi legislativi e nel governo e nell’amministrazione della giustizia» ha detto per «promuovere l’autentico bene comune», che addirittura può trovarsi nel matrimonio civile «istituzione sociale che merita rispetto e tutela». Appello che suona come un ricatto rivolto a una maggioranza tremante, tacciata di atti di ostilità contro il Vaticano dalla Casa delle libertà, e che si affanna a ripetere che i Dico non sono per nulla un’equiparazione alla famiglia, come se fosse davvero il regno dell’armonia.
Così il disegno di legge nel suo iter parlamentare rischia di arrivare svuotato al traguardo. Maledetto prima ancora di nascere e paradossalmente letale anche per le unioni «regolari», con le quali condivide l’impalpabile sostanza dell’amore. Il diritto individuale infatti è destinato a stravincere sulla coppia, che dovrà recarsi all’anagrafe «disgiunta». Viva i single. E se il papa si rivolge ai laici, che siano i credenti a rivolgersi a lui con la speranza di emendarlo.

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I Dico fanno impazzire papa Ratzinger e Ruini
Toni apocalittici e appello alla responsabilità dei parlamentari cristiani: «È una minaccia alla società italiana». Sulla Chiesa cala il «pensiero unico» di Ruini
Mimmo de Cillis*

Toni apocalittici della chiesa sui Dico. La pressione e l’ingerenza nelle scorse settimane sono state fortissime, a tutti i livelli, dal papa ai vescovi, fino al solenne (quanto esagerato) «non possumus» del quotidiano della Cei Avvenire. Il giorno dopo l’annuncio del ddl Bindi-Pollastrini, la retorica non cambia: «famiglia ferita», «matrimonio scalfito», «minacce sulla società italiana». Per un testo che, invece, sembra aver cercato una sintesi fin troppo ossequiosa della posizione cattolica. In ogni caso, la chiesa di Ratzinger e Ruini non intende abbassare la guardia e assumere un atteggiamento più costruttivo e conciliante. «Non possumus», si dice con lessico altisonante, non possiamo digerire un tale strappo all’antropologia cristiana dei diritti naturali, né subire in silenzio un tale vulnus alla famiglia italiana.
Ha iniziato papa Ratzinger a puntualizzare, per l’ennesima volta, il suo pensiero, mostrando un’attenzione al contesto italiano che è sempre maggiore di quella riservata ad altre nazioni. Ieri il papa aveva un incontro ufficiale con il nuovo ambasciatore della Colombia e in altre occasioni avrebbe parlato di politica internazionale, di lotta al narcotraffico, di pace e rispetto dei diritti umani. Invece ieri, nel discorso al malcapitato Juan Gomez Martinez, ha voluto esprimere la sua grande preoccupazione per l’avanzata di leggi che «riguardano questioni molto delicate come la trasmissione della vita, la malattia, l’identità della famiglia e il rispetto del matrimonio». Ribadendo la missione della chiesa di proclamare la verità, Benedetto XVI ha sottolineato: «E’ necessario appellarsi anche alla responsabilità dei laici presenti negli organi legislativi e nel governo e nell’amministrazione della giustizia, perché le leggi siano sempre espressione di principi e di valori conformi col diritto naturale e promuovano l’autentico bene comune». A spiegare allarmato il colpo mortale inferto alla famiglia, ci ha pensa invece l’Osservatore Romano, titolando «Famiglia ferita: arrivano i Dico». Il quotidiano vaticano prevede per il provvedimento un cammino accidentato in Parlamento, registrando, con un certa soddisfazione, la contrarietà espressa dal centrodestra e la difficoltà a trovare un accordo bipartisan.
Visto il vertice, tutti gli altri commenti sono stati sulla stessa lunghezza d’onda, segno dell’imposizione del pensiero unico ruiniano che sembra ormai aver soffocato la vivacità e il pluralismo nella chiesa italiana. E se i vescovi dicono ufficialmente che si non si pronunceranno «fintanto che non avranno letto il testo» (ma allora perché finora tanto can-can?), una nota stizzita del Sir, l’agenzia di stampa della Cei, non manca di profetizzare in modo pessimistico: i Dico produrranno «sul cruciale piano delle politiche sociali e di solidarietà problemi più gravi di quelli che ci si ripromettono di affrontare». Un giudizio dunque «che non può che essere nettamente negativo» per un testo che «minaccia di incidere pesantemente sul futuro della nostra società, dal punto di vista giuridico, a livello culturale e di costume, che nella concreta ricaduta sulla vita delle famiglie italiane». Infine una coda polemica: «Si parla di Dico ma si pensa a Pacs, e soprattutto si prefigura una escalation legislativa in questo senso».
«Una ferita nei confronti del matrimonio», per Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona e membro della Commissione episcopale per la Famiglia che considera la rovinosa cultura relativista alla base della legge e richiama alla propria responsabilità i parlamentari cristiani. «Il Dico vuole istituzionalizzare le convivenze sessuate: per questo appare alternativo rispetto al matrimonio», afferma Francesco D’Agostino, presidente dei Giuristi Cattolici, ai microfoni di Radio Vaticana, sottolineando il rischio di « fortissimi elementi di squilibrio perché le future coppie si porranno l’alternativa tra Dico e matrimonio».
Più obiettivo e sereno, invece, il giudizio della Tavola Valdese, che parla di «buon inizio»: «Riteniamo – ha detto il pastore Eugenio Bernardini – che il ddl sui Dico si ponga in una prospettiva di laicità. E, senza nulla togliere alla specificità del matrimonio, esso tutela diritti fondamentali delle coppie di fatto, anche omosessuali», difendendo la parte più debole della coppia.

* lettera 22

 

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3534

EmiNews 2007

 

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