2791 IMMIGRAZIONE: L'Europa cerca politiche comuni.

20070214 14:14:00 webmaster

Una ”blue card” per gli specializzati

La Commissione fa il punto sulle future direttive. Tra esse una carta speciale per i lavoratori altamente qualificati, sanzioni per datori che assumono illegali, asilo. Ma mettere d’accordo gli Stati non sarà facile

BRUXELLES – Fino a qualche anno fa l’ipotesi di una politica comune per l’immigrazione occupava i ranghi bassi dell’agenda politica europea. Ora invece, per una serie di questioni intrecciate, dalla pressione dell’opinione pubblica all’emergenza demografica con sue ricadute economiche, dalla lotta al terrorismo all’emergenza sbarchi, il controllo e la gestione dei flussi migratori verso l’Unione europea sono entrati di prepotenza negli ordini del giorno delle istituzioni comunitarie.

Franco Frattini – che tra le sue responsabilità ha le politiche migratorie – si sta adoprando per portare sul tavolo dei governi e dell’Europarlamento (ultimi decisori della legislazione comunitaria) delle proposte che possano rispondere alla necessità evidente di una politica comune su migrazione economica, asilo, lotta all’immigrazione illegale, controllo delle frontiere, collaborazione coi paesi terzi e sviluppo.

Dicevamo necessità evidente di una politica comune in quanto l’esistenza di uno spazio unico di circolazione delle persone (Schengen) ha come conseguenza diretta il bisogno di un controllo comune delle frontiere esterne, e un approccio coordinato tra gli Stati membri su questioni come l’ammissione di cittadini e lavoratori extracomunitari (da ricordare la vasta polemica dopo le regolarizzazioni massicce di Zapatero in Spagna), i criteri per i richiedenti asilo, il controllo delle frontiere (che si basa anche sul principio fondante della solidarietà tra i paesi dell’UE), e altri aspetti simili. L’ammissione in uno dei 27 paesi dell’UE significa infatti la libera circolazione dei cittadini extracomunitari in tutto il continente: per questo la creazione di punti di accesso facilitato in un dato paese ha ricadute potenziali anche su tutti gli altri, che guardano con attenzione se non con sospetto ogni iniziativa presa dai propri partner in questo ambito.

Per questo la Commissione, a cominciare dal maggio prossimo, inizierà a proporre ai Ventisette una serie di direttive e regolamenti quadro che tenteranno di portare l’Europa ad un approccio comune alle politiche migratorie. Proposte presentate oggi alla stampa da quattro funzionari di alto livello (il video della conferenza, in inglese, sarà consultabile per qualche giorno su http://ec.europa.eu/avservices/ebs/schedule.cfm, selezionando martedì 13).

L’8 maggio, almeno sulla carta, i primi a essere presi di mira da Bruxelles saranno i datori di lavoro degli immigrati clandestini: per loro la Commissione proporrà una serie di sanzioni amministrative e di disincentivi all’assunzione di manodopera illegale. Una proposta potrebbe ad esempio essere quella di rendere le imprese responsabili dei controlli sullo status legale dei loro dipendenti (cosa che farà infuriare molti, dai governi alle associazioni di imprenditori). Altra idea avanzata oggi riguarda sanzioni amministrative come il pagamento delle spese di rimpatrio del lavoratore clandestino, il versamento di risarcimenti economici allo stesso (basati sulla differenza tra quanto guadagnato in realtà e lo stipendio minimo) e alle casse di previdenza sociale (danneggiate dall’evasione dei contributi). Inoltre l’utilizzo di manodopera illegale e sottocosto viola la concorrenza tra imprese.

Sempre a maggio verranno presentate proposte su programmi di migrazione circolare, e a Potsdam (Germania) si terrà un Forum sulle migrazioni organizzato dalla presidenza tedesca dell’UE.

A giugno invece dovrebbero entrare in azione le squadre d’emergenza per il controllo comune delle frontiere esterne, dipendenti dall’agenzia FRONTEX.

Ma la proposta più corposa dovrebbe arrivare a settembre, e sarà una direttiva sull’ammissione di lavoratori con alta specializzazione (‘high skilled workers’), accompagnata da un quadro generale che definisca i diritti e le facilitazioni per questa categoria di lavoratori, la più interessante per l’economia europea, ma anche quella con più controversie, in quanto alimenta il ‘brain drain’, la fuga di cervelli dai paesi poveri verso il Nord del mondo.

Bruxelles, con il contributo delle parti coinvolte, dai governi UE e non, alla società civile, ha individuato altre tre categorie di migranti su cui nutre interesse, e che saranno oggetto di altrettante direttive nel corso dei prossimi diciotto/ventiquattro mesi: i lavoratori stagionali e i tirocinanti remunerati (direttiva nel 2008) e i trasferimenti interni alle imprese multinazionali (direttiva nel 2009).

Per quanto riguarda i lavoratori di alto livello, Frattini sposa l’idea di una ‘blue card’, su modello della ‘green card’ statunitense, che metta l’Europa al passo con il Nord America nella competizione globale per i migliori cervelli del Sud del mondo. Per contrastare però il ‘brain drain’ ed evitare la cannibalizzazione nei confronti delle politiche di sviluppo, la Commissione preparerà un piano dettagliato coi profili di ogni paese d’origine, per individuare quelli che possono offrire personale qualificato senza soffrirne (soprattutto nel settore della sanità).

Un problema che però metterà a confronto i governi quando si tratterà di ratificare all’unanimità la direttiva sarà ad esempio quello della definizione di ‘lavoratore altamente specializzato’: l’Olanda adotta ad esempio criteri meramente di censo (se uno guadagna tanto nel suo paese è bravo), mentre altri si basano sulle qualifiche professionali.

Verranno poi aperti altri Centri d’Informazione nei paesi d’origine come quello che verrà inaugurato a breve in Mali, dove i cittadini potranno essere indirizzati e informati sulle possibilità offerte dalla migrazione legale in Europa, sui rischi dell’illegalità e anche sulle possibilità d’impiego nel loro stesso paese. Ciò non riguarderà soltanto l’Africa ma tutti i Paesi ACP (Africa Caraibi Pacifico), per cui sono stati assegnati 22 miliardi in cinque anni da destinare alla definizione e al controllo dei flussi.

Per quanto riguarda i richiedenti asilo, l’approccio rimane quello di definire (tramite direttive) criteri e procedure comuni per il riconoscimento, l’ammissione e l’accoglienza, soprattutto per evitare il fenomeno dell’ “asylum shopping”, ovvero il tentativo di essere accolti nel Paese Schengen di più facile accesso.

Sull’integrazione invece il grosso del lavoro verrà svolto a livello locale, con l’UE che metterà a disposizone fondi per 800 mila euro e iniziative per la diffusione di buone prassi, come ad esempio un sito internet.

Ma le proposte della Commissione, valide o discutibili che siano, dovranno passare il vaglio tutt’altro che scontato dei Ventisette Paesi membri e del Parlamento europeo. Sulle politiche di immigrazione legale si decide all’unanimità, mentre negli altri ambiti il Consiglio co-decide col PE.

Ogni Stato ha differenti tradizioni (basti pensare alla esemplare differenza di approccio tra Francia e Germania sulla cittadinanza), una differente sensibilità dell’opinione pubblica (soprattutto a est dell’ex cortina di ferro), e una differente pressione migratoria alle proprie frontiere (come Spagna, Malta, l’Italia, o ancora – ma il fenomeno è meno evidente anche se più massiccio – i Paesi dell’Est). Frattini avrà un difficile compito nel creare unità di fronte a un problema comune e di vitale importanza per il futuro dell’economia e della società europee. (Matteo Manzonetto)

www.redattoresociale.it

 

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EmiNews 2007

 

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