2790 Caccia F35, sì all'intesa con gli USA. Proteste di pacifisti e Prc

20070214 14:12:00 webmaster

All´Italia costerà 11 miliardi di dollari e già fioccano le polemiche. Stiamo parlando del nuovo caccia Joint Strike Fighter (Jsf) per il quale il sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri ha appena firmato un Protocollo d’Intesa al pentagono che prevede l´impegno del Belpase per produzione, supporto e successivo sviluppo. L’intesa prevede l’assegnazione ad Alenia Aeronautica della responsabilità degli studi per le modifiche al progetto del cassone alare. «In prospettiva – spiega una nota del ministero – si può affermare che la partecipazione dell’Italia al programma JSF comporterà il progressivo coinvolgimento di un numero sempre più elevato di risorse dirette ed indirette, di elevata qualificazione tecnica e professionale, sino a superare le 10.000 unità».

Ma non tutti sono d’accordo. Tant’è che la firma in calce all’intesa non ha lasciato indifferenti i movimenti pacifisti. «Con la firma del Memorandum of understanding per passare alla fase di produzione del caccia Joint Strike Fighter F35, da parte del sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri, il Governo compie un ulteriore strappo sul proprio programma elettorale – dicono in una dichiarazione congiunta la rete Disarmo e laCampagna Sbilanciamoci – Ma, cosa ancora più grave, il Governo si allontana in maniera decisa e inequivocabile dalle richieste di Pace e Nonviolenza che tutte le nostre organizzazioni da tempo chiedono con forza».

Le motivazioni di «contrarietà ed opposizione» al caccia non sono però solo dovute al mero pacifismo. Perchè quello che non va giù alle organizzazioni no war sono anche gli aspetti economici. Il nostro paese ha infatti già speso per questo faraonico progetto 638 milioni di dollari per la fase di sviluppo, che ci costerà complessivamente 1018 milioni di dollari, ai quali vanno aggiunti altri 903,2 milioni di dollari per la fase successiva di implementazione e produzione. «La ricaduta positiva sulla nostra economia non è così poi allettante come ci si è fatto credere – spiegano quindi Rete Disarmo e Sbilanciamoci – i 10.000 occupati per 45 anni sbandierati nel giugno scorso dall’ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, generale Antonio Tricarico, si sono subito sgonfiati a 1.000 occupati (200 diretti ed 800 per indotto) per 10 anni nelle nuove stime». «Bisogna dire chiaramente che i soldi che l’Italia mette in questa fase non avranno alcun beneficio diretto sull’occupazione nel territorio novarese se non dal 2012 quando si passerà alla fase di produzione – sottolinea Gianni Alioti della FIM-Cisl – Le ricadute sull’occupazione dipenderanno, quindi, dagli ingenti fondi che il nostro paese dovrà spendere per comprare gli F35 una volta conclusa la fase di sviluppo ed industrializzazione (100 milioni di euro a velivolo con le valutazioni attuali)".

Immediata la reazione anche da parte di alcune forze della maggioranza. «Siamo sorpresi e molto perplessi della firma apposta al Pentagono dal sottosegretario Forcieriin calce ad un contratto che impegna l’Italia per oltre 20 miliardi di euro per la costruzione del joint strike fighter – dice Alfio Nicotra, responsabile Pace del Prc – Perplessità tanto più forte perché Forcieri ha agito senza mandato parlamentare, nonostante il parere della camere sia espressamente richiesto dalla legge n.436 del 1988». Ma non solo. Nicotra sottolinea che non solo il nostro Paese si inserisce «in un programma di riarmo di dimensioni gigantesche per i prossimi 15 anni» ma che gli italiani, a differenza degli inglesi, non hanno neppure ottenuto l’accesso al codice sorgente del software del JSK: «In questo modo siamo totalmente in balia dei capricci delle aziende statunitensi».

Un secco no al progetto caccia è stato espresso anche dai vescovi del Piemonte. In particolare da Mons.Charrier (Vescovo di Alessandria – delegato Patorale sociale e il lavoro della Regione Ecclesiastica Piemonte) e Mons. Tommaso Valentinetti (Presidente di Pax Christi Italia) che in un comunicato riaffermavano «come comunità cristiana, la necessità di opporsi alla produzione e alla commercializzazione di strumenti concepiti per la guerra» riferendosi in particolare, alla problematica sorta recentemente sul territorio piemontese relativa all’avvio dell’assemblaggio finale di velivoli da combattimento da effettuarsi nel sito aeronautico di Cameri (Novara).

www.unita.it

 

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EmiNews 2007

 

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