2780 Iran, la guerra comincia

20070213 14:05:00 webmaster

di John Pilger da New Statesman –
(Tradotto per Megachip da Eleonora Iacono)

Gli Stati Uniti stanno progettando un attacco catastrofico contro l’Iran. Per la combriccola di Bush, l’attacco sarà un modo per “guadagnare tempo” per il disastro compiuto in Iraq. Annunciando quello che ha definito “un incremento” di truppe americane in Iraq, Gorge W. Bush ha identificato l’Iran come suo reale obiettivo. “Interromperemo il flusso di aiuti [all’insurrezione in Iraq] provenienti dall’Iran e dalla Siria” ha dichiarato.

“E scoveremo e distruggeremo le reti che forniscono armi sofisticate e addestramento ai nostri nemici in Iraq”.

“Le reti” vuol dire “l’Iran”. “Ci sono prove certe” ha affermato un portavoce del Dipartimento di Stato il 24 gennaio, “che agenti iraniani sono coinvolti in queste reti, che stanno lavorando con singoli individui e gruppi in Iraq e che sono mandati lì dal governo iraniano.”. Come già era accaduto quando Bush e Tony Blair rivendicarono di avere prove inconfutabili in merito al fatto che Saddam Hussein armi di distruzione di massa, le “prove” sono prive di qualsiasi credibilità. L’Iran ha un’affinità naturale con la maggioranza sciita dell’Iraq e si è opposto strenuamente ad al-Qaeda, condannando gli attacchi dell’11 settembre e sostenendo gli Stati Uniti in Afghanistan. Lo stesso vale per la Siria. Indagini svolte dal New York Times, dal Los Angeles Times e da altri, tra cui funzionari militari britannici, hanno evidenziato che l’Iran non sta fornendo armi attraverso i suoi confini. Il generale Peter Pace, Capo degli Stati Maggiori Riuniti dell’esercito statunitense, ha affermato che tali prove non esistono.

Dal momento che il disastro americano in Iraq è sempre più evidente e l’opposizione interna ed estera cresce inesorabilmente, “neo-con”-fanatici come il vicepresidente Dick Cheney ritengono che la possibilità di controllare il petrolio iraniano andrà perduta a meno che non si agisca entro la primavera. Ad uso e consumo dell’opinione pubblica sono stati creati potenti miti. D’accordo con Israele e le lobby cristiane fondamentaliste e sioniste di Washington, gli uomini di Bush affermano che la loro “strategia” è quella di porre fine alla minaccia nucleare iraniana. In realtà l’Iran non possiede neanche un’arma di distruzione di massa, né ha mai minacciato di costruirne una; la Cia ritiene che, anche se ci fosse la volontà politica di farlo, l’Iran non sarebbe in grado di costruire armi nucleari prima del 2017.

A differenza di Israele e Stati Uniti, l’Iran ha osservato le regole del Trattato di Non Proliferazione Nucleare, di cui è stato uno dei primi firmatari, e ha consentito ispezioni di routine rispettando i suoi obblighi legali – fino a che misure punitive gratuite non sono state aggiunte nel 2003, su ordine di Washington. Nessun rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ha mai citato l’Iran per avere deviato il suo programma nucleare civile verso usi militari. L’Aiea ha affermato che per la maggior parte degli ultimi tre anni i suoi ispettori hanno potuto “andare dovunque e vedere ogni cosa”. Hanno ispezionato gli impianti nucleari di Isfahan e Natanz il 10 e il 12 gennaio e vi faranno ritorno dal 2 al 6 febbraio. Il capo dell’Aiea, Mohamed ElBaradei, sostiene che un attacco contro l’Iran avrà “conseguenze catastrofiche” e spingerà soltanto il regime a diventare una potenza nucleare.

A differenza dei suoi due castigatori, gli Usa e Israele, l’Iran non ha attaccato altri paesi. L’ultima volta che è entrato in guerra è stato nel 1980 a seguito dell’invasione di Saddam Hussein, che era appoggiato ed equipaggiato dagli Stati Uniti, che gli fornivano armi chimiche e biologiche prodotte in uno stabilimento del Maryland. A differenza di Israele, la quinta potenza militare del mondo – con le sue armi termonucleari che mirano ad obiettivi mediorientali ed un primato indiscusso nell’opporsi alle risoluzioni dell’Onu, in quanto autore dell’occupazione illegale più lunga del mondo – l’Iran ha una storia di obbedienza al diritto internazionale e non occupa nessun territorio che non sia il proprio.

La “minaccia” proveniente dall’Iran è interamente inventata, con l’aiuto e la complicità del linguaggio mediatico familiare e compiacente che parla delle “ambizioni nucleari” dell’Iran, così come il lessico relativo all’inesistente arsenale delle armi di distruzione di massa di Saddam era diventato di uso comune. A ciò si aggiunge una demonizzazione che sta diventando pratica di uso diffuso. Come ha sottolineato Edward Herman, il presidente Mahmoud Ahmadinejad “ha reso un servizio da manuale nel facilitare [questo processo]”; tuttavia un attento esame del suo ben noto commento su Israele dell’ottobre 2005 rivela quanto in realtà esso sia stato travisato. Secondo Juan Cole, un professore americano di storia moderna mediorientale e dell’Asia del sud presso l’Università del Michigan, e secondo altri esperti di lingua Farsi, Ahmadinejad non ha auspicato che Israele fosse “eliminato dalla carta geografica”. Egli ha detto: “Il regime che occupa Gerusalemme deve svanire dalle pagine del tempo”. Questo, sostiene Cole, “non implica affatto un’azione militare o l’idea di uccidere qualcuno”. Ahmadinejad ha paragonato la fine del regime israeliano alla scomparsa dell’Unione Sovietica. Il regime iraniano è repressivo, ma il suo potere è diffuso ed esercitato dai mullah, con cui Ahmadinejad è spesso in conflitto. Senza alcun dubbio un attacco li unirebbe.

La opzione nucleare

L’unica “prova inconfutabile” è la minaccia rappresentata dagli Stati Uniti. Un potenziamento delle forze navali americane è in corso nel Mediterraneo orientale. Ciò è quasi certamente parte di quello che il Pentagono chiama CONPLAN 8022-02, vale a dire il bombardamento aereo dell’Iran. Nel 2004 è stata emanata la Direttiva Presidenziale per la Sicurezza Nazionale n°35, intitolata “Autorizzazione per il Dispiegamento delle Armi Nucleari”. Ovviamente tale direttiva è secretala, ma già da molto tempo si ritiene che essa autorizzi lo stoccaggio e il dispiegamento di armi nucleari “tattiche” in Medio Oriente. Ciò non vuol dire che Bush le utilizzerà contro l’Iran, ma, per la prima volta dai terribili anni della Guerra Fredda, l’uso di quelle che allora erano chiamate armi nucleari “limitate” è oggetto di aperta discussione a Washington. Ciò di cui si sta discutendo è la possibilità di altre Hiroshima e di caduta di materiale radioattivo nell’intero Medio Oriente e in Asia centrale. L’anno scorso Seymour Hersh ha rivelato nel New Yorker che bombardieri americani “hanno compiuto simulazioni di missioni aeree con armi nucleari […] a partire dalla scorsa estate”.

In Kuwait il ben informato Arab Times sostiene che Bush attaccherà l’Iran prima della fine di aprile. Uno dei più anziani strateghi militari della Russia, il generale Leonid Ivashov, sostiene che gli Usa utilizzeranno armi nucleari rilasciate da missili cruise lanciati dal Mediterraneo. “La guerra in Iraq” ha scritto il 24 gennaio, “è stato soltanto il primo di una serie di passi di un processo mirante alla destabilizzazione della regione. Si è trattato soltanto di una fase di un progetto che vuole portare alla resa dei conti con l’Iran e altri paesi. [Quando inizierà l’attacco all’Iran] Israele è certo che diventerà bersaglio dei missili iraniani […] Presentandosi come delle vittime, gli Israeliani […] soffriranno alcuni danni del tutto accettabili e successivamente gli Stati Uniti, indignati, destabilizzeranno l’Iran definitivamente, facendola apparire una nobile missione punitiva […] L’opinione pubblica è già sotto pressione. Ci sarà una crescente […] isteria anti-iraniana, […] fughe di notizie, disinformazione, eccetera […] Continua […] a rimanere dubbio […] se il Congresso statunitense autorizzerà la guerra”.

Interrogato su una risoluzione del Senato statunitense che disapprova l’incremento delle truppe statunitensi in Iraq, il vicepresidente Cheney ha dichiarato: “Questo non ci fermerà”. Lo scorso novembre, la maggioranza dell’elettorato americano ha votato a favore del Partito Democratico affinché controllasse il Congresso e ponesse fine alla guerra in Iraq. Eccezion fatta per qualche insipido discorso di “disapprovazione”, ciò non è avvenuto ed è improbabile che avvenga. Democratici autorevoli, come il nuovo leader della Camera dei Rappresentanti, Nancy Pelosi, e gli aspiranti candidati alla presidenza Hillary Clinton e John Edwards, hanno dato mostra di sé davanti alle lobby israeliane. Nel suo partito Edwards è considerato “liberale”. Egli faceva parte del gruppo di rappresentanti americani d’alto livello ad una recente conferenza israeliana a Herzliya, dove ha parlato di “una minaccia senza precedenti nei confronti del mondo e di Israele [sic]. Al vertice di queste minacce si trova l’Iran … Non si esclude nessuna misura pur di assicurare che l’Iran non entri mai in possesso di un’arma nucleare”. Hillary Clinton ha affermato: “La politica statunitense deve essere chiara … Dobbiamo lasciarci aperta ogni strada”. Pelosi e Howard Dean, un altro liberale, si sono distinti attaccando l’ex presidente Jimmy Carter, colui che svolse opera di mediazione per raggiungere gli Accordi di Camp David tra Israele ed Egitto e che di recente ha avuto l’impudenza di scrivere un libro veritiero in cui accusa Israele di essere diventato uno “stato apartheid”. Pelosi ha dichiarato: “Carter non parla a nome del Partito Democratico”. E la Pelosi ha ragione, ahimé!

In Gran Bretagna, Downing Street ha ricevuto un documento intitolato “Risposte alle accuse” del professore Abbas Edalat, dell’Imperial College di Londra, a nome di altri che cercano di denunciare la disinformazione sull’Iran. Blair rimane in silenzio. A parte le solite onorevoli eccezioni, anche il Parlamento rimane vergognosamente in silenzio. Tutto ciò può davvero ripetersi nuovamente, a meno di quattro anni di distanza dall’invasione dell’Iraq, che ha causato la morte di circa 650.000 persone? Io ho scritto un articolo praticamente identico a questo all’inizio del 2003; per l’Iran adesso, per l’Iraq allora. E non è strano che la Corea del Nord non sia stata attaccata? La Corea del Nord ha le armi nucleari.

In molti sondaggi, come ad esempio in quello reso noto il 23 gennaio dalla Bbc World Service, “noi”, la maggioranza del genere umano, abbiamo espresso chiaramente la nostra repulsione nei confronti di Bush e dei suoi vassalli. Per quanto riguarda Blair, egli attualmente ci appare politicamente e moralmente allo scoperto. Allora chi leva la propria voce per dire le cose come stanno, a parte il professore Edalat e i suoi colleghi? Giornalisti privilegiati, studiosi e artisti, scrittori e attori, che a volte parlano di “libertà di pensiero”, sono silenziosi come un oscuro teatro del West End. Che cosa stanno aspettando? La dichiarazione di un altro Reich millenario, o un fungo atomico in Medio Oriente, o entrambe le cose?

da New Statesman

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EmiNews 2007

 

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