2835 D'Alema in Senato: a Kabul per il nostro ruolo di pace

20070221 19:30:00 webmaster

E su Vicenza promette dialogo

«Sono qui per chiedere un forte consenso politico». Così Massimo D’Alema, intervenendo al Senato sulle linee di politica estera apre il suo discorso ricordando che il dibattito di mercoledì «è stato preparato da un confronto pubblico assai animato nel corso del quale» sono state poste anche «trappole senza uscita». «Io sono ben consapevole di quanto sia giustamente accesa la discussione – dice D’Alema – ma vorrei contribuire ad un dibattito il meno possibile strumentale, il più possibile aperto e libero».

D’Alema spiega che «questo dibattito ha il carattere di un dialogo. Il governo è qui non solo per illustrare la sua azione ma anche per ascoltare le considerazioni che verranno poste nella discussione per tenerne conto anche allo scopo di arricchire e precisare la nostra piattaforma». E poi, Iraq, Afghanistan, Libano e Israele e Palestina: D’Alema indica le zone “calde” del Medio Oriente e sottolinea la necessità di battere il terrorismo soprattutto lavorando con gli altri Paesi: «È l’Onu la fonte di legittimità delle scelte internazionali» e ha ricordato come la politica italiana, ma non solo, si sia divisa sull’opportunità dell’intervento militare in Iraq: un dibattito, ha evidenziato il ministro degli Esteri, che oggi si è aperto anche negli Stati Uniti. «Dopo le soluzioni unilaterali portate avanti dopo gli attacchi dell’11 settembre – ha detto D’Alema – è forse giunto il momento di un nuovo multilateralismo».

«Il rafforzamento dell’Unione Europea e il rilancio delle Nazioni Unite sono gli interessi strategici» della politica estera italiana. Il vicepremier ha sottolineato che «solo istituzioni multilaterali forti riusciranno a promuovere la pace, la democrazia, i diritti umani e lo sviluppo economico da cui dipende a lungo termine anche la sicurezza internazionale». Multilateralismo e rilancio del ruolo delle Nazioni Unite, insomma, sono un binomio intangibile che deve guidare ed ispirare le relazioni e l’approccio alle crisi internazionali. Binomio, spiega, che fino ad oggi non è stato difeso anche a causa di scelte unilaterali che hanno caratterizzato il recente passato e che portano la firma degli Stati Uniti. Ma oggi, sottolinea in Senato il ministro degli Esteri, «il contesto è diverso» ed è «più favorevole ad un multilateralismo efficace. Tutti – scandisce senza citare la svolta di Blair avvenuta nella notte sull’Iraq – hanno imparato qualcosa dalla dura lezione della storia, inclusa la difficoltà ad imporre soluzioni unilaterali».

Poi, Afghanistan e Medio Oriente. «Quella in Afghanistan è una missione politica e civile», dice D’Alema intervenendo su quello che lui stesso introduce come il capitolo più delicato e controverso della politica estera italiana. «Si tratta di una missione Nato con l’appoggio di altri 13 paesi che operano su mandato dell’Onu». Ma è soprattutto sulla «componente civile» che il ministro degli Esteri insiste spiegando che si tratta della parte «più importante della missione che è innanzitutto una missione politica e civile». E su quest’ultimo aspetto D’Alema ricorda l’impegno preso dal governo annunciando che «l’aumento delle risorse destinate dal Governo crescerà ancora».

D’Alema ha quindi voluto precisare che «la pacificazione dell’Afghanistan non è compito che spetta alla Nato, ma alle Nazioni Unite». «L’Italia è tornata ad essere un Paese amico sia di Israele sia degli arabi – ha poi detto D’Alema parlando della questione mediorientale – e in questo contesto può esercitare un ruolo fondamentale sulla strada della pace», ricordando la tradizione italiana dei buoni rapporti con tutte le nazioni dell’area del Mediterraneo, in parte abbandonata negli anni del governo della Cdl. E ha evidenziato la necessità di isolare il terrorismo all’interno del mondo arabo. L’assunzione del comando della missione Unifil in Libano, secondo D’Alema, è poi «un ulteriore riconoscimento del nostro nuovo ruolo politico internazionale».

Sull’altra questione spinosa, la base Usa a Vicenza, il capo della diplomazia, come annunciato, non vuole dedicare un capitolo del suo discorso: «Non ho previsto e non avevo previsto – ha affermato D’Alema – di parlare di Vicenza anche perché non avrei nulla da aggiungere a quanto ha detto il presidente del Consiglio, ma è del tutto evidente che, se nel dibattito del Senato emergeranno interrogativi, questioni o proposte io non mi sottrarrò a rispondere, precisando gli intendimenti del governo». Non si voterà comunque su Vicenza, la mozione che dovrà approvare la relazione di Massimo D’Alema non comprende questa questione. C’è già abbastanza "carne al fuoco".

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La replica di D’Alema: dialogo su Vicenza

Massimo D’Alema in Senato sulla politica estera, foto Ansa

«Si profila un voto un po’ strano», comincia così la replica di Massimo D’Alema in Senato prima del voto. Il capo della Farnesina sottolinea infatti che anche la mozione della Cdl approva la sua relazione – in realtà ce n’è anche una terza presentata da Giulio Andreotti a favore dei soldati israeliani rapiti in Libano ndr -, segno che la politica estera del governo Prodi ha un ampio consenso, anche nel Paese, come confermano i sondaggi. «Sarebbe assurdo – dice – che di fronte a questo ampio consenso e all’interesse internazionale, non trovasse il consenso del Senato». D’Alema premette che non intende «minacciare nessuno» ma vuole sottolineare con forza la discontinuità della politica della Farnesina da lui inaugurata e casomai riannoda una continuità più antica, con i governi pre-Berlusconi che non avrebber secondo lui mai approvato una guerra preventiva come quella della politica neocon dell’amministrazione Bush.

D’Alema ribadisce anche nella replica la presenza italiana in Afghanistan con un ruolo di pace. Ma si dilunga sulla questione di Vicenza, come era atteso dal dissidente di Rifondazione Turigliatto che però alla fine resta sulle sue posizioni e annuncia le sue dimissioni da senatore. D’Alema inquadra la questione di Vicenza in un più largo impegno degli Usa di ridimensionare la presenza dei militari americani in Europa e la necessità di concentrare le truppe per dismettere altre basi come la Maddalena e altre in Germania. Un ridimensionamento che, dice en passant, andrà avanti anche in Italia, dove già la presenza dei soldati americani è passata dopo la fine della Guerra fredda da 20mila agli atuali 12mila. Quindi, pur confermando l’impegno del governo ad approvare il progetto di allargamento della base vicentina, si sofferma sul rapporto con le perplessità dei comitati locali e l’opposizione non pregiudiziale al Dal Molin. «Abbiamo chiesto agli americani una valutazione più approfondita a queste perplessità e di tenerne conto– scandisce D’Alema – e intendiamo aprire un dialogo anche con i movimenti e i comitati». Alla fine i dissenzienti sono abbastanza soddisfatti, la maggioranza trova i suoi numeri e il leghista Roberto Calderoli è costretto, dopo una telefonata di Berlusconi a Fini, a prendere atto che la mozione-trabochetto della Cdl non ha fatto breccia, per cui viene ritirata e trasformata in una mozione d’opposizione dura alla relazione di D’Alema.

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EmiNews 2007

 

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