2834 ITALIA: E' CRISI. IL CENTROSINISTRA BATTUTO AL SENATO SULLA POLITICA ESTERA

20070221 19:34:00 webmaster

Senato, la maggioranza non c’è. Battuti sulla politica estera. Mancano 2 voti. Prodi sale sul Colle. Franco Turigliatto, senatore del Prc dissidente, si dimette.

Alla fine la maggioranza non ce l’ha fatta: per due voti il Senato non ha approvato la mozione dell’Unione sulla politica estera. La mozione della maggioranza (Finocchiaro) ha raccolto 158 voti favorevoli, 136 contrari ma la maggioranza prevista era di 160 voti. Governo battuto, dunque, per due voti rispetto al quorum richiesto.

Alla fine la maggioranza non ce l’ha fatta: per due voti il Senato non ha approvato la mozione dell’Unione sulla politica estera. La mozione della maggioranza (Finocchiaro) ha raccolto 158 voti favorevoli, 136 contrari ma la maggioranza prevista era di 160 voti. Governo battuto, dunque, per due voti rispetto al quorum richiesto.

In Aula l’opposizione chiede le dimissioni del governo. Romano Prodi convoca un vertice immediato a Palazzo Chigi a cui partecipano anche il ministro della Difesa Parisi e Santagata, il vicepremier Francesco Rutelli. E anche il ministro degli Esteri D’Alema che ha raggiunto l’ufficio del premier dal Senato, seguito dal segretario dei Ds Piero Fassino. Secondo indiscrezioni D’Alema potrebbe presentare le sue dimissioni.

Per il momento l’unica cosa certa è che il capo dello Stato Napolitano è rientrato da Bologna per ricevere Prodi, alle 19 al Quirinale. Nel frattempo il vertice si è ingrossato: vi partecipano anche il segretario del Pdci Oliviero Diliberto e i capogruppo di Ds e Margherita al Senato Dario Franceschini ed Anna Finocchiaro, insieme ai vicepresidenti Marina Sereni e Nicola Latorre. E ancora: il ministro della Giustizia Clemente Mastella, quello dell’Interno Giuliano Amato

Col passare delle ore dal centrodestra aumentano le richiesta di dimissioni. Le chiede Fini e le chiede Berlusconi sottolineando che sono d’obbligo perchè frutto di «ragioni di coerenza politica, di coerenza costituzionale, di coerenza etica». Proprio le stesse espressioni usate dal ministro degli Esteri, come ha confermato il portavoce del leader azzurro, Paolo Bonaiuti.

Ieri – e sembra passato un secolo – il vicepremier D’Alema aveva ribadito che nel caso fosse venuta meno la maggioranza sulla politica estera si sarebbe dovuti tornare alle urne, su una linea che è sempre stata anche quella del premier Romano Prodi. L’altro vicepremier Francesco Rutelli invece aveva detto: «Se il governo cade dovremmo ragionare sul da farsi». E si era dichiarato contrario a tornare al voto dopo solo un anno dalle ultime politiche: «Sarebbe il modo migliore per consegnare il paese a Berlusconi».

Della stessa opinione i segretari di Prc e Pdci. «Noi riteniamo che questo governo debba continuare a vivere – ha detto esplicitamente il segretario di Rifondazione Franco Giordano – E ha una fiducia incondizionata e il sostegno di Rifondazione comunista. Ci sono le condizioni per andare avanti». Mentre Oliviero Diliberto incalza: «Criminale sarebbe riconsegnare il Paese alle destre o procedere verso ipotesi che tradirebbero il mandato elettorale, tipo larghe intese o ipotesi neocentriste. È necessario un dibattito parlamentare e un rinnovato voto di fiducia per andare avanti». Anche le associazioni pacifiste (Arci, tavola della Pace, Gruppo Abele, Libera) chiedono al Governo Prodi di andare avanti: «Intervenendo al Senato – scrivono – il ministro degli esteri D’Alema ha evidenziato gli elementi di discontinuità che caratterizzano la politica estera del nostro governo, indicando alcuni importanti impegni e obiettivi che debbono essere portati avanti con ancora più determinazione, insieme alle organizzazioni della società civile e agli enti locali che nel nostro paese operano in tanti per la pace, i diritti umani e la giustizia».

Ovviamente in questo momento nel centrosinistra tutti gli occhi sono puntati sui "dissidenti" della sinistra radicale. La capogruppo dei senatori dei Verdi-Prci Emanuela Palermi ha parole dure per il suo compagno di partito, il dissidente Ferdinando Rossi che si è astenuto e Franco Turigliatto del Prc che si è rifiutato di partecipare al voto: «Sono degli irresponsabili e stanno dando di nuovo il Paese in mano alla destra. Nutro nei loro confronti il più profondo disprezzo», a quanto si racconta anche confermato de visu ai diretti interessati, apostrofati malamente anche dalla capogruppo verde Loredana De Petris.

Ma il Prc sostiene che la responsabilità di quanto è accaduto non va ricercata nelle proprie fila, né più in generale nella "sinistra radicale". «Si tratta di un risultato contro noi del Prc, oltre che contro il governo – ha detto il sottosegretario Alfonso Gianni – Non mi pare un incidente di percorso. Ora ragioniamoci sopra contando fino a 10 prima di prendere ogni decisione definitiva». Sarebbero state decisive le astensioni di Giulio Andreotti e Sergio Pininfarina, senatori a vita, che alla fine si sono aggiunti alle astensioni dell’Udc. È lo stesso Andreotti a spiegare la sua versione: «Io sarei stato anche disponibile a votare a favore… ma poi, questa posizione di dover esprimere comunque una discontinuità con il governo Berlusconi, di dover sempre ridurre tutto a un "pro" o "contro" Berlusconi, mi sembra davvero assurdo… io non ho votato a favore di Berlusconi… quindi ho deciso alla fine di chiamarmi fuori».

Secondo una ricostruzione degli avvenimenti fatta in Senato, nel corso della notte la Cdl sarebbe riuscita a convincere il senatore Sergio De Gregorio, ex Italia dei Valori ora nel gruppo misto, che ieri aveva annunciato il suo sì e invece oggi ha votato no. E anche il senatore a vita Giulio Andreotti. Ma il vero colpo di teatro è stato l’ingreso in aula dopo mesi di assensa di Sergio Pininfarina, altro senatore a vita, che appena entrato si è seduto nei banchi di Forza Italia per votare «secondo libertà e coscienza», respingendo i consigli del suo amico Valerio Zanone, ex liberale ora nelle fila dell’Ulivo che si era seduto accanto a lui ed è stato poi costretto in malomodo ad alzarsi dai senatori azzurri. Tanto che Renato Schifani, presidente dei Senatori di Forza Italia, rivendica l’operazione: «Pininfarina era la nostra arma segreta».

Ma non è detto che questa sia la versione più veritiera. Anche se è pur vera la sorpresa: sia Pininfarina sia il suo mentore Andreotti, nei conti dei capigruppo di centrosinistra fino a pochi istanti prima del voto, erano accreditati a favore della relazione di Massimo D’Alema. Anzi, la direzione dei Ds avrebbe avuto conferme in questo senso.

www.unita.it

 

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EmiNews 2007

 

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