2843 ARGENTINA: POPOLO MAPUCHE versus Benetton

20070222 15:26:00 webmaster

Il 14 febbraio sono giunti prima dell’alba e hanno chiesto alle forze della natura di poter interagire con loro, si sono poi costituiti in Comunità rifacendosi agli antenati che “vivevano liberi su quelle terre e che ora sono oggetti nei musei e trofei di una cultura che distrugge il diverso”. I Mapuche tornano ad occupare la terra che reclamano da anni e che fa parte del latifondo dei Benetton nella Patagonia argentina. La storia di Rosa Nahuelquir e Atilio Curiñanco e della dignità di un popolo millenario.

"Santa Rosa è il nostro territorio, non lo lasceremo"
Di Gianni Tarquini per Selvas.org

18 febbraio 2007

“Questa terra è nostra e non la lasceremo”, dichiara il portavoce indigeno Mauro Millàn che da mercoledì 14 febbraio, insieme a un gruppo del Pueblo Naciòn Mapuche, si trova nel lotto agricolo di Santa Rosa, zona Leleque, della provincia di Chubut, a sostegno della famiglia di Rosa Nahuelquir e Atilio Curiñanco che sono tornati ad occupare la terra da cui erano stati sgomberati nel 2003 dopo che l’impresa italiana Benetton li aveva denunciati per occupazione.

"Edmundo Alex Lemun Saavedra, martire della liberazione Mapuche" -Il cartello ricorda la morte, negli scontri con la polizia del 12 novembre 2002 in Cile, del giovane indio
(Selvas.org: NewsCH0304.html)

NEWS MAPUCHE
http://www.mapuexpress.net/

Gli impresari trevigiani avevano acquistato nel 1991, dalla Compañía de Tierras del Sud Argentino S.A., 900.000 ettari di terreno a cavallo tra cinque province patagoniche (un’area simile a un rettangolo di 300 chilometri di lunghezza e 30 di altezza, poco meno della regione Marche) al prezzo, in apparenza considerevole, di 50 milioni di dollari. L’acquisto li ha trasformati in grandi proprietari, il latifondo più consistente di tutta l’Argentina come scriveva l’Espresso nel 2004, con circa 16.000 bovini da carne, 260.000 ovini, una produzione annuale di 1 milione e 300 mila chili di lana da esportazione, 80 milioni di dollari investiti in attività di diverso tipo e attività che si orientano anche verso il turismo e lo sfruttamento minerario.

Ma la terra acquistata ha, da secoli, una sua specificità essendo parte degli antichi possedimenti degli indigeni Mapuche o Araucani, la cui tenace resistenza, prima all’impero Inca e poi alla colonizzazione spagnola, ne aveva fatto l’unico popolo rimasto libero per secoli dopo la conquista dell’America e fino alla fine del XIX secolo. A sud della frontiera naturale de fiume Bio-Bio, i Mapuche, popolo della terra (Che = popolo, Mapu = terra), avevano organizzato la loro secolare difesa conservando un’economia basata sull’agricoltura, un’organizzazione sociale costruita su famiglie estese sotto la direzione di un “lonko” e di un capo militare, “toqui”(portatore d’ascia), che riuniva le diverse famiglie durante i conflitti, e mantenendo una compattezza attraverso la lingua e la religione, legata al culto degli spiriti, degli antenati e al rispetto delle forze della natura.

Attualmente i Mapuche sono circa un milione, residenti nel Cile e, 400 mila, nella Patagonia argentina; nonostante il dissolvimento della loro struttura sociale, la disgregazione e le miserevoli condizioni in cui vivono, mantengono un spirito che rivendica la loro cultura e l’autodeterminazione del loro popolo. Ad esempio, sul piano storico, si rifanno a due leggi emanate dal Governo del Cile indipendente che, nel 1823 con Ramòn Freire, riconosceva l’indipendenza dell’Araucania al di sotto il fiume Bio-Bio, mentre gli argentini rispettarono le popolazioni fino alla cosiddetta “Conquista del Deserto” di J. A. Roca iniziata nel 1878. Su tali basi considerano tutto ciò che è avvenuto in seguito come un’usurpazione senza nessun valore legale. Ed è quello il periodo storico in cui ricade la prima delle contestazioni dell’avvocato della famiglia Curiñanco: alla fine dell’Ottocento, infatti, lo stato argentino donò a dieci latifondisti inglesi le stesse terre che ora sono in mano ai Benetton; ma come poteva il Presidente di allora, José Félix Uriburu, donare delle terre di cui si era appropriato indebitamente e con l’usurpazione? Iniziano allora, nell’illegalità, secondo l’avvocato Gustavo Manuel Macayo, i certificati di proprietà che arrivano fino ad oggi, viziati, tra l’altro, per non essere stati registrati all’ufficio notarile generale del Governo, come previsto dalle leggi del tempo, e per non aver rispettato il limite massimo previsto per le donazioni di 625 ettari.

Il caso di Rosa Nahuelquir e Atilio Curiñanco è, invece, molto più recente e riguarda l’utilizzo di un piccolo, per la pampa patagonica, appezzamento, il predio Santa Rosa, di 525 ettari, che la famiglia occupò nel 2002, dopo la perdita del lavoro di Rosa e a seguito di una richiesta fatta dalla famiglia all’Istituto autarchico di colonizzazione che, secondo la testimonianza della coppia, non mise nulla per iscritto ma definì il terreno demaniale e diede l’assenso per occuparlo. Rosa e Atilio iniziarono a lavorare il lotto arandolo, creando un sistema d’irrigazione, piantando ortaggi e frutta, risistemando gli steccati, fino a quando, il 2 ottobre 2003, furono cacciati e si videro sequestrati tutti i loro averi. Era stata la denuncia della Compañía de Tierras, già della famiglia Benetton, per occupazione violenta e occulta, a provocare lo sgombero. La causa assolse gli indigeni dall’accusa di atti violenti e occulti ma ha ritenuto validi i diritti di proprietà tuttora vigenti.
Nel 2004, dopo un’iniziativa del premio Nobel Adolfo Perez Esquivel e la mediazione del sindaco di Roma Walter Veltroni, una delegazione di Mapuche si recò a Roma e ricevette la promessa, da parte dei Benetton, di “ricevere in donazione una parte dei 900.000 ettari” in suo possesso. Però la realtà fu, per loro, ben diversa, visto che fino al 14 febbraio scorso Santa Rosa è rimasta in mano alla Compañía de Tierras. A luglio del 2006 c’era stata una donazione ma allo stato argentino, governo del Chubut, e di una parte del latifondo di scarso valore (“una manciata di terra arida ed eludendo la questione principale: il riconoscimento del nostro diritto naturale” dichiaravano i rappresentanti Mapuche) e a dicembre scorso una nuova delegazione dei discendenti degli Araucani è tornata in Italia per chiedere nuovamente a Benetton di restituire loro la terra degli avi.

I Mapuche hanno così deciso di passare all’azione, rioccupando il terreno di Santa Rosa e trasformandolo nel simbolo della lotta per il recupero del territorio ancestrale e dell’identità che sentono violata dalla storia. Il 14 febbraio sono giunti prima dell’alba e hanno chiesto alle forze della natura di poter interagire con loro, si sono poi costituiti in Comunità rifacendosi agli antenati (Futakecheyem) che “vivevano liberi su quelle terre e che ora sono oggetti nei musei e trofei di una cultura che distrugge il diverso” (anche i Benetton hanno creato un museo nella zona, nonostante il parere negativo delle comunità residenti). Nel secondo comunicato, del 15 febbraio, hanno ribadito la loro volontà di rimanere a Santa Rosa e di iniziare a costruire lì le prime Ruka, case, perché “Santa Rosa è il nostro spazio territoriale” come ha affermato il portavoce del Pueblo Naciòn Mapuche, Mauro Millàn. Rosa Rùa Nahuelquir ha detto che “il fatto è storico, si è conformata la Comunità di santa Rosa di Leleque”. Domenica 18 si è festeggiato con la presenza di persone e artisti provenienti da diverse comunità della provincia. “Con questo gesto vogliamo esprimere il diritto a disegnare il nostro futuro (…) in uno spazio aperto di partecipazione per ridare valore alla nostra cultura differente. Oggi parliamo, gli azzittiti di sempre, ai sordi, simulatori, che hanno governato questo paese”, si sono espressi gli occupanti.

Intanto il deputato nazionale Carlos Alberto Tinnirello ha ribadito il suo appoggio e l’impegno per una soluzione legislativa a favore della famiglia Nahuelquir-Curiñanco e da Bariloche arriva il sostegno di vari gruppi di attivisti, Colectivo del Alto, Comunidad de Limay, Organizaciòn Ciudadana para la Defensa del Patrimonio Natural y Cultural, tutti favorevoli alla riappropriazione delle terre ancestrali da parte dei Mapuche. L’Assemblea permanente per i Diritti Umani della stessa città richiama la Costituzione argentina, nell’articolo 75 comma 17, quando si compromette a “riconoscere le preesistenza etnica e culturale dei popoli indigeni” e “il possesso e la proprietà comunitaria della terra che occupano tradizionalmente”. Anche un gruppo di italiani, presenti nella zona con una carovana a sostegno dei Mapuche argentini e cileni e dei movimenti sociali, organizzata dall’associazione Ya Basta, solidarizza con la famiglie e la Comunità indigena e si sta occupando di sostenere la prima radio comunitaria autogestita dal popolo Mapuche.

Le autorità giudiziarie locali si sono affrettate nel chiedere lo sgombero del terreno occupato ma i Mapuche hanno ribadito che non lasceranno Santa Rosa, che non si piegheranno e che le conseguenze politiche saranno a carico dei responsabili del Governo della provincia di Chubut.

Fonti
http://it.mapuches.org/

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Foto: http://argentina.indymedia.org – Javier Astrada e Sebastian hacher / sub.coop

Gianni Tarquini della Ong Terre Madri. (http://www.terremadri.it), ha scritto numerose analisi e notizie da e sul continente latinoamericano per Selvas.org. Ha curato gran parte dello speciale VII Forum Sociale Mondiale – Nairobi – KENIA 2007 (http://www.selvas.org/FSM07.html)

www.selvas.org

 

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EmiNews 2007

 

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