2918 AMNESTY SULL'APERTURA DELL'AGENZIA EUROPEA DEI DIRITTI FONDAMENTALI

20070302 12:04:00 webmaster

‘L’Agenzia dei diritti fondamentali e’ un passo nella giusta direzione ma le sfide attuali ai diritti umani in Europa richiedono meccanismi piu’ forti’, ha dichiarato Amnesty International da Vienna in occasione dell’apertura del nuovo organismo dell’Unione europea.

Nonostante il suo nome altisonante, l’Agenzia rappresenta un’opportunita’ perduta. La riluttanza degli Stati membri nell’affrontare problemi interni riguardanti i diritti umani, emersa in tutta la sua evidenza nel corso del
dibattito sugli obiettivi dell’Agenzia, ha dato origine a un mandato minimo che contrasta profondamente con la grave dimensione e natura delle violazioni dei diritti umani nell’Unione europea.

Dick Oosting, direttore dell’ufficio di Amnesty International presso
l’Unione europea, presente a Vienna per la cerimonia d’apertura
dell’Agenzia, ha ricordato il tono che ha dominato i negoziati: ‘Cosi’
grande era il desiderio di non offendere nessuno che a volte sembrava che
l’Agenzia fosse stata creata per tutelare gli Stati membri anziche’ per
chiamarli a rispondere del loro operato nel campo dei diritti umani’.

Amnesty International auspica di fornire supporto ai lavori dell’Agenzia
nel campo del razzismo e della discriminazione, che costituiscono l’unico
grande tema di diritti umani su cui l’Agenzia potra’ effettivamente
operare. Si tratta, in ogni caso, di un tema cruciale, dato che e’
contemporaneamente causa ed effetto di altre violazioni dei diritti umani.

Amnesty International, tuttavia, e’ profondamente rammaricata per il fatto
che l’Agenzia non potra’ intervenire su altri aspetti importanti,
essenziali per la popolazione dell’Unione europea e per la credibilita’
mondiale di questo organismo, quali:

– la lotta al terrorismo: lo scandalo delle extraordinary rendition e il
rapporto tra leggi antiterrorismo e diritti e liberta’ fondamentali sono
cosi’ intimamente collegati alle questioni dei diritti umani, che
qualsiasi organo avente a che fare coi ‘diritti fondamentali’ dovrebbe
occuparsene obbligatoriamente. Cosi’ non e’, nel caso dell’Agenzia;

– comportamento delle forze di polizia: in Europa continuano a verificarsi
casi di uso eccessivo della forza da parte della polizia, maltrattamenti
in custodia e uso sproporzionato delle armi da fuoco. Tuttavia, poiche’
queste materie rimangono di competenza nazionale, sono state escluse dal
mandato dell’Agenzia;

– asilo e immigrazione: l’Agenzia potra’ commentare l’applicazione della
normativa comunitaria in materia ma non potra’ effettuare un monitoraggio
esauriente. L’uso sproporzionato e in costante aumento della detenzione
dei richiedenti asilo e dei migranti (compresi bambini, donne incinte e
persone vittime di traumi) e’ escluso dal mandato dell’Agenzia;

– processi equi: l’accesso a un avvocato, all’assistenza legale e a
servizi di interpretariato non sono ancora una realta’ assodata in Europa,
dato che alcuni Stati membri non hanno ancora attuato garanzie procedurali
adeguate. La normativa comunitaria e’ in una fase di stallo e l’Agenzia
non potra’ giocare alcun ruolo;

– violenza contro le donne: nonostante il fatto che la violenza
psicologica, fisica e sessuale contro le donne e le bambine rimanga
diffusa in tutt’Europa, l’Agenzia non ha il mandato di analizzare le leggi
nazionali ne’ tanto meno di proporre l’adozione di misure adeguate a
livello europeo;

– traffico di esseri umani: il numero delle persone vittime di traffico in
Europa e’ drammaticamente aumentato nell’ultimo decennio. Cio’ nonostante,
molti Stati non hanno affrontato il tema della protezione delle vittime.
Anche in questo caso, purtroppo, l’Agenzia non potra’ proporre soluzioni.

Considerate tutte le questioni aperte, Amnesty International chiede
all’Unione europea di lavorare insieme al Consiglio d’Europa per la
creazione di un ‘sistema europeo dei diritti umani’.

‘L’Agenzia dei diritti fondamentali diventera’ uno strumento
effettivamente potente per proteggere i diritti umani in Europa solo a
seguito di uno sforzo serio per sviluppare un sistema coerente di
protezione che preveda meccanismi efficaci per chiamare in causa l’operato
degli Stati membri’ – ha concluso Dick Oosting.

Roma, 1 marzo 2007

——————

AMNESTY INTERNATIONAL DENUNCIA L’INADEGUATEZZA DELLA NORMATIVA EUROPEA A
FERMARE IL COMMERCIO IN STRUMENTI DI TORTURA

In un nuovo rapporto che verra’ diffuso domani, Amnesty International
denuncia che la nuova normativa dell’Unione europea e’ troppo debole per
impedire il commercio di strumenti usati per torturare ed eseguire
condanne a morte. A giudizio dell’organizzazione per i diritti umani,
occorrono misure urgenti per impedire che siano sfruttate le scappatoie
attualmente presenti nelle norme.

Il rapporto di Amnesty International, intitolato ‘Unione europea: fermare
il commercio in strumenti di tortura’, illustra come il Regolamento
introdotto nel 2006 non contenga disposizioni forti e complessive per
assicurare che le aziende non portino avanti questo lucroso commercio.

‘L’Unione europea e’ stato il primo organismo regionale al mondo a dotarsi
di regole sul commercio di strumenti usati per compiere torture e
maltrattamenti. Ma se il problema dei buchi presenti in questa normativa
non verra’ affrontato, il commercio della tortura continuera” – ha
dichiarato Brian Wood, direttore della ricerca sul commercio di armi e
materiale di sicurezza di Amnesty International.

I punti deboli identificati da Amnesty International nel Regolamento sono
i seguenti:
– prodotti equivalenti a strumenti di tortura e di esecuzione, come il
‘bastone acuminato’, un bastone con tre chiodi di 7,5 centimetri, o la
‘corda da impiccagione’ usata per eseguire condanne a morte in India, Sri
Lanka e Trinidad e Tobago, sono esclusi dalla ‘lista nera’ dei prodotti
vietati;
– aziende e singole persone europee sono ancora in grado di stipulare
accordi al di fuori dell’Europa su prodotti facilmente utilizzabili per
torturare;
– la normativa non copre l’importazione o il commercio di tali prodotti
tra Stati membri dell’Unione europea nei casi in cui vi siano prove
documentate di torture e maltrattamenti compiuti da agenti statali;
– solo 12, tra cui l’Italia, dei 27 Stati membri hanno redatto leggi
nazionali o applicato sanzioni in linea con quanto disposto dai
regolamenti (*);
– il Regolamento non riesce a impedire il transito di strumenti di tortura
attraverso il territorio europeo da parte di aziende non europee.

‘In un momento in cui la sua posizione in materia di tortura viene messa
in discussione dal suo coinvolgimento nelle rendition nel contesto della
‘guerra al terrore’, l’Unione europea non puo’ permettersi di tollerare il
trasporto di strumenti di tortura attraverso il suo territorio’ – ha
commentato Helen Hughes, ricercatrice di Amnesty International sulle armi.

Altri prodotti di dubbio uso e comunque pericolosi mancano dalla lista
contenuta nel Regolamento e dunque non c’e’ modo di impedire che vengano
esportati dai paesi dell’Unione europea, nonostante esistano prove del
loro sistematico uso illegale da parte dei servizi di sicurezza dei paesi
importatori. Tra questi prodotti figurano manette usate per tenere i
prigionieri in posizioni dolorose nel corso degli interrogatori a
Guantánamo Bay e bastoni elettrici usati contro le minoranze rom in
Slovacchia e in Bulgaria.

‘E’ fondamentale che gli Stati membri dell’Unione europea rivedano in
tempi brevi l’inadeguatezza delle attuali norme e prendano provvedimenti
per rafforzarle e applicarle integralmente, se davvero intendono fare
qualcosa contro il commercio di strumenti di tortura’ – ha concluso Wood.

Ulteriori informazioni

Il 30 luglio 2006 la Commissione europea ha adottato il ‘Regolamento n.
1236/2005 concernente il commercio di determinate merci che potrebbero
essere utilizzate per la pena di morte, la tortura o altri trattamenti o
pene crudeli, disumani e degradanti’. Si tratta del primo corpo di norme
di questo genere mai adottato nel mondo.

La tortura e i trattamenti crudeli, disumani e degradanti sono
assolutamente proibiti dal diritto europeo dei diritti umani, cosi’ come
la pena di morte.

La ricerca contenuta nel rapporto diffuso oggi e’ stata condotta anche
dalla Omega Research Foundation.

(*) Il rapporto di Amnesty International fa riferimento a 11 Stati membri
anziche’ a 12, poiche’ il testo e’ stato redatto e approvato prima che
l’Italia si dotasse delle norme attuative del Regolamento (‘Decreto
legislativo 12 gennaio 2007 n. 11 pubblicato nella G.U. del 16 febbraio
2007’)

Roma, 26 febbraio 2007

 

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EmiNews 2007

 

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