2900 PALLARO COME HITCHCOCK

20070228 21:18:00 webmaster

di Maurizio Chierici

Sono i giorni delle tentazioni per Luigi Pallaro, senatore italiano eletto in Argentina, abituato a navigare col portolano dell’imprenditore guardingo: per la prima volta deve dire – ma subito – < si > oppure < no >, e da quel si e da quel no dipende l’esilio di Berlusconi dal potere e forse il suo ritorno a palazzo Chigi sulle ali del ghe pensi mi.
Le parole della politica volano mentre le parole di Pallaro cercano riconoscenze concrete.

Mai personali: è un industriale prestato alla politica e appagato da ogni vanità.
Chiede vantaggi per la comunità che rappresenta, italo americani soggiogati dalla disinvoltura con la quale il loro senatore garantisce l’appoggio al governo in cambio di benefici per gli ex dimenticati di là dal mare. Adesso che votano ci siamo finalmente accorti di loro.
Pallaro vota Marini presidente del Senato: in cambio chiede qualcosa. Pallaro vota la finanziaria se arrivano 14 milioni agli italiani sparsi nel mondo.
Insomma, rispetta disciplinatamente l’autoprogramma disegnato durante la campagna elettorale: < Vado a Roma per rimediare alla disattenzione che ha ghettizato gli emigranti >. E scende in campo ( non uso l’espressione per caso ) con una lista sudamericana equidistante dai poli, ma con certe promesse sussurrate all’amico Tremaglia e a chissà quale orecchio dell’Unione. Appoggerà solo chi vince; sbrigatevi a vincere, imperativo rivolto a chi gli tira la giacca. < Non possiamo permetterci di andare contro il governo, qualsiasi governo >. I conteggi di queste ore ripetono, numero per numero, le apprensioni di nove mesi fa, eterno dubbio che tormenta: per chi voterà ? E nella quaresima romana, Pallaro si traveste da Hitchckoc, finestre che scricchiolano, nervi tesi prima della rivelazione finale. Scioglierà il < riserbo > all’ultimo minuto, forse con le stesse parole di un altro senatore anche lui presidente della Camera di Commercio Italiana, non in Argentina ma a San Paolo del Brasile: Edoardo Pollastri. Alla vigilia delle elezioni 2006, mentre correva verso il mare del week end, ha risposto al giornalista interessato a scoprire chi avrebbe scelto fra i poli che lo corteggiavano: < Dipende da cosa mi offrono >, insomma, ideologia pronto cassa. Come per Pallaro, niente di personale, solo ricadute sulla comunità. L’equidistanza di Pollastri si è subito sciolta nella Margherita, mentre Pallaro resiste nella diversità: vota contro, vota a favore, galleggia a vista per non tradire la filosofia di mediatore storico della comunità italiana d’Argentina, capolavoro di una vita cominciata < facendo il democristiano >, come racconta a Guido Rampolli di Repubblica. Cioè < compagno con gli uni e camerata con gli altri > senza tagliare il filo, sempre dalla parte del vincitore. < Non possiamo permetterci di stare con l’opposizione. E’ un gioco e si gioca così >. Lo ha ripetuto al Berlusconi affranto dopo la sconfitta elettorale. Gli telefonava dall’Italia pregando: per favore, vieni con noi. Non posso, devo stare con chi ha un voto in più per il bene della comunità che rappresento. Ma non tutti i senatori e deputati che sbarcano a Roma da lontano cavalcano lo stesso pragmatismo. Proprio in America Latina volavano parole arrabbiate tra chi predicava < non mi sono mai interessato di politica eppure non mi spiace andare a Roma >, e chi rapportava la politica ai problemi quotidiani della gente, persone da guardare negli occhi e non dall’alto dei troni padronali. Storie di un anno fa, giuochi di sponda superati: adesso Pallaro deve scegliere perché traumaticamente liberato dalla promessa di appoggiare il governo, qualsiasi governo. Il governo è appeso a un filo, con qualche apprensione aspetta il voto di fiducia e Pallaro deve cambiare filosofia. Con un problema nuovo. Per la prima volta non è garantito su chi vince e chi perde. Un po’ dipende da lui, ma non solo, ecco l’emozione estranea alla cautela finora rappresentata. Appena il governo era andato sotto, Pollari aveva annunciato di pretendere un esecutivo istituzionale e di larghe intese. Con Prodi, chiuso per sempre. Pochi minuti dopo gli arriva via mail la felicità di Gian Luigi Ferretti, segretario del Comitato Tricolore degli Italiani nel mondo, creatura inventata da Tremaglia negli anni di Almirante. Ferretti stava per consegnare l’articolo a < L’ Italiano >, gazzetta on line di Fini. Titolo a tutta pagina: < Appello a Pallaro >. Si tratta di una lettera degli affetti politici: < Caro Luigi, hai dichiarato ‘ non appoggerò mai un governo che divida’, ora non puoi più appoggiare il governo Prodi che divide e fa danni >. Mentre sta rileggendo ( è il suo racconto ) arriva una notizia di agenzia con i nuovi propositi. E Ferretti si commuove: < Il mio era un appello accorato. Bravo, caro Luigi, sono felice di constatare che non mi sono sbagliato sul tuo conto. Avanti così, per il bene degli italiani, anche quelli all’estero >. Ferretti aveva dubitato mentre Pallaro votava Prodi ma adesso é convinto che l’amicizia redime. Difende Pallaro bacchettando < certi scemi > della destra che ne parlavano male e un giornalista che lo definiva democristiano. < Lo è stato, ma se guardi il sito wwwazzurrinelmondo.it scopri che é responsabile di Forza Italia in Argentina >. Sta forse esagerando nel patriottismo della Casa della Libertà il Ferretti travolto dalla sintonia ritrovata ? E’ lo scetticismo di chi scorre le sue righe. Ma appena si fruga l’archivio degli azzurri nel mondo, dopo i < Cari Amici > di Berlusconi e la lettera del segretario organizzativo Aldo Lorenzi, l’organigramma del 20 febbraio 2007, non lascia dubbi: < Argentina- Presidente dal 21 luglio 04 Cav. Gr.Uff. Luigi Pallaro. Telefono >. Altri segni fanno capire il suo lavoro di rappresentante in loco del duetto Bondi- Cicchitto. Al Pallaro responsabile della struttura argentina, il segretario organizzativo Lorenzi comunica, come ad ogni altro azzurro sparso nel mondo, che < l’attività é ripresa a pieno regime. Al riguardo si elencano i programmi più avanzati >, assi nella manica politicamente irresistibili. Il programma numero quattro annuncia la < predisposizione di convenzioni con alcune delle primarie stazioni termali >. L’attività avanzata numero cinque contempla un < accordo commerciale con aziende operanti nella Enograstonomia >. Possibile che i forzisti palleggino gioiosi con blob mercantili mentre il paese sospira ? Forse i Bondi’s boys hanno mollato gli emigranti azzurri dopo la sconfitta: ormai non servono, chiudiamoli in cantina. Li tireremo fuori alle prossime elezioni, se ne val la pena. E il tempo passa e gli organigrammi 2006 ammuffiscono nel disinteresse. Oppure l’ aria del club Bondi vacanze nasconde una furbizia meno banale. Facciamo finta di niente, Pallaro resta il nostro presidente a Buenos Aires; al momento opportuno tornerà a casa. Bisogna riconoscere che la sua vita equilibrata è messa a dura prova dalle congiunture astrali. Gli servono consigli, a chi si aggrapperà ? Può ricorrere alla saggezza di un < principe > della città dalla quale è partito cinquant’anni fa: Treviso. L’avvocato Dino De Poli, presidente della Fondazione Cassamarca gli ha già dato una mano durante la campagna elettorale. Attraverso la Dante Alighieri ha finanziato mille borse di studio destinate ai figli degli italiani d’ Argentina, borse riservate a ragazzi di maggiore età, quindi pronti a votare; borse distribuite a Buenos Aires da una commissione presieduta da Pallaro. Opera meritevole che ha suscitato mormorii nel sospetto di strumentalizzazioni, inesauribili dietrologie italiane. De Poli è stato deputato della sinistra democristiana prima di governare da mecenate la città con la presidenza della Banca di Treviso, adesso della Fondazione della quale è il dominus assoluto. Esperienza collaudata, l’umanesimo la ispira, i suoi consigli potrebbero rasserenare Pallaro. Alla serenità del Veneto ex cattolico nella solidarietà popolare, si contrappone l’amicizia sanguigna del Luigi Ferretti, An. Prima di decidere sul < si > e sul < no >, Pallaro potrebbe dare un’occhiata a < L’ Italiano >, giornale che pubblica la famosa lettera- appello: ben tornato fra noi. Sotto il titolo grande a lui dedicato, un’illustrazione ribadisce la pacatezza di < Libero >: per gentile concessione di Feltri, mostra il Cavaliere, tappo di champagne che sorride mentre viaggia come un missile verso il povero Prodi, supino e senza pantaloni.
A Pallaro l’arduo compito di decidere tra l’eleganza di queste italie.
In quali delle due si riconoscono i suoi elettori argentini ?

mchierici2@libero.it

 

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EmiNews 2007

 

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