2924 IMMIGRAZIONE: Conoscere la lingua italiana aiuta ''a salire la scala sociale'', ma…..

20070302 12:49:00 webmaster

[b]Ma le risorse a scuola diminuiscono[/b]
Parla Gianpietro Dalla Zuanna che ha diretto la ricerca sulle seconde generazioni. Significativo l’incremento di presenze alle scuole superiori: ”Non si abbandona più la scuola con la fine del periodo dell’obbligo”

PADOVA – Gianpietro Dalla Zuanna, docente dell’università di Padova, ha diretto la ricerca "Nuovi italiani crescono – Immigrazione – Prima indagine nazionale sulle seconde generazioni” con la collaborazione di numerosi ricercatori provenienti da diverse università italiane e con la Fondazione Ismu – Iniziative e studi della multietnicità di Milano. L’indagine si è svolta nel corso dell’anno scolastico 2005-06 e ha coinvolto oltre 20mila studenti italiani e stranieri tra gli 11 e i 13 anni, in più di 250 scuole secondarie di primo grado residenti in 48 province di dieci regioni italiane.

Dottor Dalla Zuanna, i numeri che ci propone in questa ricerca danno l’idea di un fenomeno che sta esplodendo anche nella nostra Italia, che sembra non essersi ancora adattata alla multietnicità.
L’impatto del fenomeno è noto da tempo, certo che è strano vedere un incremento così rapido, che tocca quasi il 20% l’anno. Ma ancora di più colpisce vedere l’incremento di presenze alle scuole superiori, dovuto a due fattori: da una parte c’è il fatto che non si abbandona più necessariamente la scuola con la fine del periodo dell’obbligo, dall’altra incide in questi dati anche l’ingresso in Italia di nuovi giovani che si ricongiungono alle loro famiglie. È bene ricordare che il ricongiungimento è l’unico modo per loro di entrare legalmente in Italia, secondo la legge Bossi Fini. Questo secondo aspetto comporta delle problematiche, soprattutto relative all’apprendimento della lingua italiana: una cosa è impararla quando si è piccoli piccoli, un’altra quando si iniziano ad avere già 10 anni. Un’ulteriore considerazione è che nelle scuole, in cui ci sono molte competenze poco valorizzate, non si capisce bene l’importanza dell’insegnare l’italiano. Tant’è che sono state ridotte le risorse per l’insegnamento della lingua italiana agli stranieri nelle scuole.

Mentre un buon italiano evita, come lei dice nella ricerca, che ci siano degli svantaggi e che si produca esclusione sociale.
L’esclusione sociale in realtà è un processo, non una cosa che avviene di colpo, e si realizza se le prospettive sociali non vengono raggiunte. Il problema grosso è che queste aspettative sono uguali per italiani e per gli stranieri, sia perché questi ultimi “bevono” le stesse cose degli italiani, sia perché i genitori proiettano su di loro la prospettiva di un proprio riscatto sociale. Ma allo stesso tempo c’è un paradosso, a causa del quale parlavo di “problema”: gli stranieri si fanno delle aspettative che non riusciranno a realizzare. E dico questo perché se è già difficile per gli italiani affermarsi, conseguentemente lo è di più per gli stranieri. E qui viene il paradosso: se l’integrazione economica è abbastanza rapida, come si deduce dai dati, quella socio-culturale non lo è altrettanto e questo comporta dei problemi nel tentativo di accedere alla mobilità sociale, che già è scarsa per noi italiani.
C’è quindi poca possibilità di questo fatidico riscatto?
Gli stranieri fanno fatica a salire di scala sociale. Ma in parte questa condizione si potrebbe modificare e consentire dunque questo salto di qualità”
E come?
Bisogna aumentare le ore di insegnamento di italiano, dando la possibilità di arrivare a livelli ottimi di apprendimento. Non sono dell’idea che sia per forza necessario fare delle classi miste divise in base alle età. In America, ad esempio, alcune ore sono comuni a tutti i bambini (come disegno o educazione fisica), ma quelle di english second language sono divise, per garantire a tutti un apprendimento adeguato. Non è discriminazione, bisogna capire che non ci sarà mai integrazione se non si capirà bene la lingua. Il problema grosso dell’Italia è che si vede, per sua storia, come paese di emigrazione e non di immigrazione.

Il rapporto dei giovani stranieri con la tecnologia fa capire che, in questo paese, subiscono una sorta di italianizzazione anche a livello culturale. Ma i genitori apprezzano questo processo o lo contrastano restando fermi alle proprie tradizioni?
Il rapporto con la televisione è davvero simile a quello degli italiani. Siccome le madri lavorano i bimbi vengono “parcheggiati” di fronte allo schermo, di più rispetto agli altri perché spesso non hanno gli amichetti con cui uscire. Dal canto mio ho l’impressione che da parte dei genitori ci sia l’illusione di mantenere nei figli il tratto nazionale, di preservare le radici: la percezione che hanno della nostra società li porta a non condividerla e a non amarla molto, ad esempio non approvano il nostro modo di dare cura agli anziani o di educare i bimbi. Dall’altro lato della medaglia, però, ci sono i ragazzini che vivono nel mondo in cui sono inseriti e si abbeverano della cultura italiana. Se a questo aggiungiamo un fisilogico distacco dai genitori conseguente all’età il gioco è fatto. Ma credo che con il tempo, come succede a tutti, riscopriranno i loro genitori, le loro origini, le loro tradizioni. Ma comunque diventeranno italiani, sperando che prendano il meglio, e non il peggio, di questa nostra società.

(Giorgia Gay – Redattore Sociale/Eminotizie)

www.redattoresociale.it

 

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EmiNews 2007

 

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