2959 BRASILE, Lula: L’incontro con il gringo

20070312 10:43:00 webmaster

di Bruna Peyrot

Sul piano simbolico sembra un’inconciliablità assoluta: che il presidente metalmeccanico del Brasile Lula abbia incontrato il figlio della lobby dei petrolieri Usa, George W. Bush. Invece è successo e non è stata cosa da poco. L’impatto, a nostro avviso, soprattutto culturale che il guardarsi reciproco dei due uomini ha prodotto è ancora tutto da misurare. Essi incarnano visioni del mondo drammaticamente all’opposto. E non tanto per le parole che dicono o si possono dire oggi, quanto per il percorso umano che li ha resi ciò che sono.

Fra un metalmeccanico del nordest povero del Brasile, sindacalista e convinto nonviolento fin dai tempi in cui si opponeva alla dittatura dei generali e un figlio di presidente della repubblica, conservatore del più ricco stato del mondo e anche del più potente, portatore di una politica autocentrata e imperialista, che crede nella guerra come strumento di ordine internazionale l’abisso non potrebbe essere più grande.
Come l’idea di democrazia in cui credono: democrazia come partecipazione e multilateralismo per Lula; democrazia come strumento dietro il quale nascondere solo i propri interessi di nazione e di gruppo sociale per Bush.
Eppure si sono incontrati il 9 marzo, anche se per meno di 24 ore e con 1200 uomini armati brasiliani e 300 dell’Intelligence Usa ben appostati a difesa soprattutto del presidente nordamericano. Una ventina di feriti sono stati feriti per lo scontro con la polizia durante la manifestazione antiBush lungo l’Avenida Paulista (la più famosa e centrale) di São Paulo. Del resto è difficile dimenticare in tutta l’America latina che cosa sono stati gli Usa. E’ difficile cancellare i vari “Plan”, piani strategici che gli Usa hanno via via nel corso dei decenni inventato per sostenere prima le dittaure poi il neoliberalismo che qui non sono state parole vuote, ma soldi per avere armi, uomini pagati per inseguire dissidenti, istruttori per torturare nelle carceri speciali, e ancora soldi per i giornali dei ricchi che non vogliono mollare le loro infinite proprietà di terra incolta e per mettere su banche che transitano risparmi al sicuro a Miami. Per questo la nuova versione di Bush buonista che desidera “collaborare” non convinve le masse, soprattutto quelle che in Italia si chiamerebbero della “sinistra radicale”, quelle dei movimenti sociali e di parte dei sindacati, e anche di quelli che ancora ricordano le ferite (ma si possono rimarginare?) subite sul proprio corpo nelle retate dei famigerati corpi speciali che in ogni paese dell’America latina hanno spazzato a migliaia i dissidenti. Ecco: dietro a Bush si vede ancora questo.
Ciò nonostante Lula gli sta credendo. Perché i valori in cui crede – la mediazione, la discussione, l’apertura di un dialogo, la contrattazione, il rispetto per l’ “altro”, chiunque esso sia – sono veri e profondi, segnati dalla coerenza di una vita.
Ma perché Bush dimostra tanta amicizia nei suoi confronti? Perché gli serve. Non si può negare che oggi la sua popolarità in altre parti del mondo è piuttosto in declino! In America latina sembra – diciamo, sembra (muro messicano a parte) – esserci un momento di tranquiilità. La maggior parte degli stati sud e ora anche centro americani sono governati dal centro sinistra e molti membri degli antichi gruppi e movimenti rivoluzionari hanno scelto (tranne la Colombia) la via democratica al potere, sottoponendosi con liste proprie o in coalizione al voto come nelle democrazie occidentali. Lo ha ricordato, con rimandi un po’ provocatori, lo stesso Bush in una frase sibillina (l’oggetto della polemica era Chavez che nel frattempo non risparmiava al suo nemico numero uno pesanti arringhe tipiche del suo stile oratorio pomposo e agguerrito, molto di più delle sue vere azioni politiche ed economiche nel suo stesso paese): i paesi dell’America latina sono oggi propizi agli investimenti…soprattutto quelli che sono stati di diritto”. Lula non ha lasciato cadere, ma ha precisato: sono tutti eletti democraticamente e noi rispettiamo le scelte di ogni paese.
Ma quali sono stati i punti salienti dell’incontro Lula – Bush?
1) Etanolo. Su questo prodotto contenuto nelle vinacce (per acquavite) e nella canna da zucchero, l’aspettativa è che il Brasile entro il 2009 riesca a dominare tutta la tecnica necessaria. La produzione di etanolo di cellulosa aumenterebbe il volume già fabbricato nel paese senza neppure ampliare le attuali aree già destinate alla canna da dove oggi si estrae interamente l’etanolo. Inoltre, l’etanolo sarebbe trasformato in commodity cioè un prodotto dal prezzo definito dal mercato internazionale, con relativa quotazione direttamente in dollari, proprio come il petrolio. Infine, la tecnologia messa a punto da Brasile e Usa con scambi reciproci sarebbe messa a disposizione per altri paesi che abbiano un minimo di condizioni per sviluppare questo tipo di produzione.
Questo accordo – sottolinea parte della stampa brasilina – ha frustrato l’Unione Europea che si è sentita messa da parte da questo accordo Usa- Brasile e messo in ombra il recente lancio del Forum Internazionale del Biocombustibile della settimana scorsa a New York. Gli europei speravano invece in un accordo multiplo, sottoscritto da Usa e Brasile, ma anche da India e cina, i nuovi emergenti. Da Itamaraty (Ministero Esteri brasiliano) si obietta dicendo che proposte concrete sono arrivate solo dagli Usa e la scommessa per il Brasile sull’etanolo era troppo grande per ignorarle.
Sempre sull’etanolo, tuttavia, Lula non è riuscito a far modificare le sovrattasse pagate dal bioprodotto brasiliano che per entrare in Usa viene aumentato considerevolmente. E’ lo stesso problema che permane al secondo punto dell’accordo.
2) Agricoltura. Qui infatti la richiesta di Lula è la stessa dei “G20” paesi “in via di sviluppo” che non riescono mai a svilupparsi: i loro prodotti infatti non possono entrare sul mercato nordamericano perché non sono competitivi. Gli Usa infatti continuano a proteggere la propria agricoltura con tasse pesanti sui prodotti importati. Come a dire, il paese della massima teorizzazione del libro commercio è anche il paese che protegge di più la propria economia! Cosa chiedono i “G20” agli Usa? Continuano a ribadire quanto sancito dagli accordi di Doha (Katar, 2004): una riduzione di aiuti pari a 21,5 miliardi di dollari fissato a Ginevra nel 2001. E’ anche vero gli Stati Uniti hanno offerto tagli notevoli alle sovvenzioni rientranti nella cosiddetta categoria gialla: da 19,1 miliardi di dollari a 7,6, ma hanno aumentato la loro spesa in altre categorie di sovvenzioni, rifiutando nel contempo l’idea di
riformare tali categorie per garantire che non distorcano gli scambi. Così, i notevoli tagli alle sovvenzioni della categoria gialla nascondono una “ridistribuzione” degli aiuti statunitensi da
una categoria all’altra. In realtà, secondo i calcoli di molti economisti per un riequilibro agricolo nel mondo attraverso il libero accesso ai mercati, gli Usa dovrebbero arrivare a una riduzione media delle tariffe agricole del 51,5%.
Lula è ottimista… e dice di mirare al “Punto G” della Rodada Doha.. cioè a metà strada verso l’obiettivo… vedremo…
3) terzo punto, infine degli “accordi” fra i due presidenti riguarda la cooperazione comune in Africa, il continente verso il quale Lula ha dimostrato fin dal suo primo mandato un’attenzione particolare, nell’ambito delle privilegiate relazioni Sud-Sud.
L’incontro fra Lula e Bush solleva diverse questioni sulle quali avremo modo di tornare prossimamente. Le elenchiamo soltanto sottoforma di domanda:
1) Cosa significa per la politica sudamericana che Bush ha “scelto”Lula come interlocutore?
2) Quali interessi Usa si vanno delineando con il “nuovo” Bush?
3) Quali politiche dei nuovi governi di centrosinistra con gli Usa?
4) Come conciliare i linguaggi da guerra fredda di Chavez con la “nuova” epoca? Sono ancora politicamente fruttuosi e se sì per chi?

 

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EmiNews 2007

 

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