2994 BRASILE/USA: L’alleanza del bioetanolo

20070319 18:27:00 webmaster

di Leonardo Boff

Se qualcuno ha immaginato che il Presidente George W. Bush abbia visitato vari paesi dell’America Latina e specialmente il Brasile (l’8 e il 9 marzo scorsi) ispirato dagli allarmanti avvisi dell’ultimo rapporto del Gruppo Intergovernativo sui Cambi Climatici (Ipcc) sull’inarrestabile riscaldamento della Terra, si sbaglia di grosso. In questo campo, Bush è un analfabeta e il suo collega brasiliano Lula è un insensibile.

Due sono stati i motivi che hanno spinto Bush in questo viaggio: uno geopolitico e l’altro energetico, derivante dalla straordinaria abbondanza di biomassa in America Latina e in particolare nell’Amazzonia. Nel suo primo mandato, Bush non aveva dato alcuna importanza alla geopolitica latinoamericana.

Però, negli ultimi anni, i popoli della regione hanno eletto governi di centrosinistra o di sinistra con una spiccata attenzione ai temi sociali. Insieme allo sviluppo, proprio questi temi hanno acquistato una nuova centralità. E questo fatto ha risvegliato vecchi sogni addormentati sul progetto di un’America Latina sul panorama mondiale.

Il desiderio bolivariano di una Grande Patria o della Nostra America di José Marti, con un forte accento antimperialista e antinordamericano, tornano oggi ad occupare l’immaginario politico di molti cittadini.

La forza carismatica di Hugo Chávez, in buona parte, si iscrive in questo progetto continentale.

In un primo momento, il governo statunitense non si è opposto all’integrazione regionale ma ha voluto che questa si potesse realizzare con accordi bilaterali avviati nei decenni precedenti. Bush potrebbe anche accettarla sempre che sia guidata da Lula e non da Chávez, che non alimenti sentimenti antistatunitensi e che non sia contraria agli interessi di Washington.

Il secondo grande tema è quello legato alla scoperta di alternative al petrolio, che ha i giorni contati tra il 2030 e il 2040. È il sangue del sistema mondiale. Cosa potrà sostituirlo? In questo senso, il Brasile è il leader mondiale. Gran parte della sua energia è pulita, da origine idroelettrica, mentre il 29% proviene dalle biomasse (che, su scala mondiale, rappresenta solo l’11%) che sfrutta una dozzina di leguminose, specialmente nelle regioni amazzonica, pre-amazzonica e del Nordest.

Ma il grande esperimento brasiliano è quello dell’etanolo estratto dalla canna da zucchero. Nel 1975, dopo la prima grande crisi del petrolio, si avviò il cosiddetto Programma Pro-alcol, con tecnologia propria, per ottenere combustibile in alternativa alla benzina. Ci furono periodi in cui l’alcol dell’etanolo muoveva un 80% della flotta automobilistica nazionale. Quando crollo il prezzo del petrolio, il progetto si congelò. Ma con gli aumenti degli ultimi anni, è tornato a rinforzarsi.

Adesso, il Brasile produce 16 miliardi di litri, quasi tutti consumanti a livello nazionale. L’auto «flex-fuel» (che funziona con benzina o alcol) è un marchio registrato in Brasile. In dieci anni occorreranno altri 12 miliardi di litri all’anno per alimentare l’espansione della flotta di «flex fuel», la cui tecnologia è stata esportata in altri paesi, come in Giappone.

Il Brasile ha circa 90 milioni di ettari coltivabili, oltre a 200 milioni di ettari da pascolo. L’agricoltura occupa solo 62 milioni di ettari, di cui appena 6 sono dedicati alla canna da zucchero, una metà per la produzione di etanolo e l’altra per la produzione di zucchero. Esiste il potenziale per aumentare di alcuni milioni di ettari per la produzione di etanolo senza sottrarli alla selva o alle coltivazioni alimentari. Si prevede la produzione di 28,4 miliardi di litri a partire dal 2017, più di 10,3 miliardi esclusivamente per l’esportazione.

Dal 2001, gli Stati Uniti hanno puntato su bio-raffinerie con l’obiettivo di sostituire, entro il 2030, il 30% del consumo di petrolio. Ottengono l’alcol di mais e di grano con una produttività per ettaro due volte inferiore a quello della canna da zucchero. Il costo sussidiato per ogni litro è di 30 centesimi di dollaro, contro i 22 centesimi del Brasile. Questo spiega la tassa del 14% per litro applicata alle importazioni di etanolo brasiliano per proteggere i produttori statunitensi. Davanti a questa realtà, Bush si è avvicinato a Lula per offrirgli una associazione bilaterale. Non è stato firmato alcun trattato ma solo un memorandum che prevede uno scambio reciproco di tecnologie, la fissazione di uno standard tecnico comune per l’etanolo e la creazione di impianti simili in altri paesi dell’Africa, dell’America Centrale e del Caribe.

Le Nazioni Unite hanno lanciato lo scorso 2 marzo il Forum Internazionale dei Biocombustibili per fare i primi passi verso l’organizzazione del mercato internazionale di tale prodotti, per fissare regole economiche e tecniche comuni con l’obiettivo di convertirle in una materia prima a livello internazionale. Il Forum riunisce Brasile e Stati Uniti (produttori del 70% dell’etanolo), la Cina, l’India, il Sudafrica e l’Unione europea.

Bush e Lula hanno intuito il potenziale di questa energia pulita, decisiva in un futuro ormai prossimo. Stati Uniti e Brasile si propongono di essere i due grandi attori del mercato della bio-energia. Nel frattempo, rimane senza risposta una grande domanda che probabilmente non preoccupa più di tanto i due presidenti. Non sarebbe urgente cambiare l’attuale modello di civilizzazione? La soluzione incontrata da Bush e da Lula smussa i denti del lupo ma lascia intatta la sua ferocia.

Il 4 marzo, l’ex presidente brasiliano Cardoso ha pubblicato un articolo d’allerta dove afferma: «La più grande minaccia per l’umanità è l’effetto serra. Ma il problema più ampio è se le pratiche occidentali, nel momento che si diffondono in tutto il mondo, permetteranno la convivenza pacifica tra l’uomo e la natura e, al limite, tra gli uomini». Ho qui formulato la domanda di una vera rivoluzione nei cuori e nelle menti senza la quale non potremo evitare le conseguenze devastatrici dei cambi climatici in corso.

Circa questa grave minaccia, i capi di Stato, come ha annunciato il Presidente Chirac, dovranno discutere se adottare profonde trasformazioni. Questa volta non ci sarà un’arca di Noè che salverà qualcuno e lascerà morire tutti gli altri. O ci salviamo tutti o nessuno si salverà.

Leonardo Boff è un teologo della Liberazione e membro del Comitato Internazionale della Carta della Terra.

Traduzione di Leonardo Sacchetti
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EmiNews 2007

 

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