3007 LE CHIESE TEDESCHE SULLA POLITICA MIGRATORIA DEL GOVERNO

20070323 16:27:00 webmaster

ROMA (Migranti-press/Eminotizie) – “La modifica della legge sull’immigrazione deve migliorare davvero la situazione dei tollerati da molti anni”: è quanto sottolineato nei giorni scorsi a Berlino dai rappresentanti del Consiglio della Chiesa Evangelica Tedesca (EKD), Stephan Reimers e dal Direttore del Commissariato dei Vescovi a Berlino, Mons. Karl Jüsten, circa le trattative in corso sulla regolamentazione del diritto di soggiorno. Reimers e Jüsten hanno apertamente criticato le limitazioni al diritto di immigrazione previste con le modifiche.

La posizione delle Chiese tedesche è stata illustrata in un recente comunicato congiunto.

Migliorare la situazione degli immigrati. Le Chiese “sostengono espressamente l’intenzione di ottenere che il primo riconoscimento di un diritto di soggiorno non sia necessariamente condizionato all’esercizio di un’attività professionale. È da auspicare che il riconoscimento del permesso di soggiorno fino a fine 2009 e l’accesso illimitato al mercato del lavoro si traduca in un miglioramento effettivo per le persone coinvolte”, afferma il documento. Viene sollecitata tuttavia anche una regolamentazione “umana e socialmente equa” del diritto di soggiorno; essa deve “favorire e non ostacolare l’integrazione sociale ed economica delle persone finora tollerate”, ha detto Reimers, che ha propugnato l’ipotesi di un diritto di soggiorno permanente anche nel caso la persona non sia in grado di provvedere autonomamente al proprio sostentamento, specie “persone anziane, malate e bisognose di assistenza”.

La famiglia innanzitutto. Le Chiese hanno sottolineato, come priorità, le necessità di tener conto del benessere del bambino: “ai giovani cresciuti in Germania e qui ben integrati deve essere riconosciuto un diritto di soggiorno autonomo”, che “non può in nessun caso essere condizionato ad un previo espatrio dei genitori”. Inoltre, un comportamento erroneo di singoli membri della famiglia non può causare l’esclusione al diritto di soggiorno di tutta la famiglia, si osserva. Reimers e Jüsten hanno esternato “grandi perplessità” nei confronti della possibilità di escludere le persone di determinate nazionalità al diritto di soggiorno permanente, ad esempio agli iracheni. “In considerazione della crisi in Iraq, che interessa anche molti cristiani, deve essere fatto di tutto per aiutare i profughi provenienti da quel Paese”, ha dichiarato Jüsten. I rappresentanti delle Chiese hanno espresso “preoccupazione” anche per le restrizioni previste nel progetto di legge attualmente in discussione, particolarmente per quanto concerne il ricongiungimento famigliare. Così Reimers e Jüsten: “in particolare è da respingere il requisito previsto per cui il coniuge che effettua il ricongiungimento dovrebbe possedere conoscenze linguistiche giù prima dell’ingresso nel Paese”. Una condizione che, secondo i timori delel Chiese, ben pochi potrebbero soddisfare “in considerazione delle realtà nei propri Paesi di origine. Anche in questi casi deve essere garantita la tutela del matrimonio e della famiglia”.

Allinearsi agli standard UE. Reimers ha giudicato “deplorevole il fatto che l’attuale bozza di legge rappresenti un atteggiamento di rifiuto nei confronti degli standard minimi elaborati dall’UE in considerazione della tutela dei rifugiati. Dal punto di vista delle chiese è particolarmente importante realizzare pienamente gli obiettivi dell’UE per una miglior tutela dei rifugiati perseguitati per motivi religiosi”, ha aggiunto. “Lo stesso vale per la tutela dell’espulsione anche per i profughi di Paesi in cui vi siano guerre civili. Una clausola-tetto, secondo cui i rifugiati di guerre civili sarebbero accolti solo nel caso in cui i Ministri degli Interni dei Länder dispongano uno stop alle espulsioni fa temere notevoli lacune nella tutela ed è oltretutto incompatibile con il dettato del diritto UE”, ha osservato Reimers. Da parte sua, Jüsten ha espresso il timore che “con le modifiche alla legge attualmente discusse vengano parzialmente vanificate le finalità positive della legge sull’immigrazione e gli sforzi compiuti nell’ambito del piano di integrazione nazionale. Una politica per l’integrazione può dirsi riuscita se comprende l’immigrazione e l’integrazione quali opportunità per la nostra società. Essa non può essere caratterizzata dalla richiesta di sanzioni o addirittura gravata da aspetti attinenti alla politica sulla sicurezza”, ha concluso.

 

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EmiNews 2007

 

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