3030 PRODI A SAN PAOLO: “Europa, America del Sud e integrazione regionale”

20070328 21:44:00 redazione-IT

“Europa, America del Sud e integrazione regionale”: L’intervento di Romano Prodi alla Fondazione Getulio Vargas (San Paolo, 26 marzo)

“Signor Direttore, Autorità, Signore e Signori,
sono lieto di rivolgermi a questa assise prestigiosa e Vi ringrazio per avermene dato l’opportunità. Questo ritorno in America Latina, il primo dall’inizio del mio mandato di Governo, vuole testimoniare l’impegno dell’Italia nel dar voce e centralità a questa regione sulla scena mondiale e a porla tra le priorità dell’Unione europea e dei fori multilaterali di cui l’Italia fa parte. L’America Latina è legata all’Italia e all’Europa da affinità storiche, culturali, religiose che affratellano naturalmente i nostri popoli. Basterebbe questo dato di fatto per indurci a guardare ad essa come un partner irrinunciabile.

America Latina e Brasile vivono una congiuntura particolarmente positiva. Ne sono testimonianza tangibile la ritrovata stabilità politica e la crescita economica della regione.
La mia fiducia nell’America latina e nel Brasile è rafforzata dalla vostra fiducia in voi stessi. Fiducia nella vostra crescita politica, economica, e sociale. Io questa fiducia la sento, la vedo intorno a me.
Domani vedrò il Presidente Lula. Discuteremo dei programmi di sviluppo, della volontà comune di creare una partnership strategica tra i nostri due Paesi. Di affrontare insieme le sfide del terzo millennio: i cambiamenti climatici, la lotta alla povertà, alle pandemie. Parleremo del programma di accelerazione della crescita, la grande iniziativa infrastrutturale da 180 miliardi, voluta giustamente al centro del suo secondo mandato in un grande sforzo di crescita. Un’iniziativa centrata, perché non c’è sviluppo senza investimenti, soprattutto nelle infrastrutture. Parleremo anche dei mutamenti politici, economici e sociali che attraversano l’America latina.
Ma sono senza dubbio i processi di integrazione regionali il fatto più rilevante di questi ultimi anni, quello suscettibile di maggiori sviluppi.
Anche se il Mercosur, non è un mistero, sta attraversando una fase di stallo e di fermento. Ma è proprio qui – e ve lo dico sulla base della mia esperienza europea – che non bisogna mollare perché è proprio dalle crisi che i grandi progetti di integrazione regionale sanno trovare la linfa vitale per ripartire con ancora maggior vigore.
Mi aspetto che il Brasile sappia cogliere appieno le opportunità offerte dalla prospettiva regionale e sub-regionale. Perché il Brasile è il leader naturale di questo processo. Con una superficie pari a quasi la metà di quella di tutta l’America del Sud, un prodotto interno lordo (a parità di potere d’acquisto) che rappresenta i 2/3 di quello del Mercosud (anche dopo l’allargamento al Venezuela) ed i suoi 180 milioni di abitanti, il Brasile non può sottrarsi a tale leadership. Al Brasile spetta il compito particolare di fare da catalizzatore di un grande aggregato sub-continentale.
Vorrei soffermarmi su quest’ultimo aspetto, dell’integrazione regionale. Perché il mutato contesto internazionale rende questi processi – in America latina come in Europa – sempre meno una scelta e sempre più una necessità.
Non si tratta solo di unire le forze per reagire alle minacce globali: alla povertà, la fame, al terrorismo, ai cambiamenti climatici, alle pandemie… Si tratta anche e soprattutto di cogliere insieme le opportunità che il mondo globale può offrire.
Sviluppo, migrazioni, scienza, commercio internazionale, innovazione, energia, ambiente… Sono temi sui quali europei e latinoamericani devono lavorare insieme. Perché essi determinano processi di cambiamento da cui dobbiamo entrambi trarre beneficio.
In alcuni casi questo lavoro comune è già cominciato. Penso per esempio al dialogo avviato tra l’Unione Europea, l’America Latina ed i Caraibi. L’appuntamento di Lima dell’anno prossimo è un’altra tappa importante di questo dialogo cui, anche personalmente, intendo dare assieme al mio Paese un contributo.
Su altri temi dobbiamo evidentemente accelerare. Penso per esempio al lavoro che resta da fare per creare un vero mercato unico latinoamericano con il quale quello europeo potrebbe meglio confrontarsi; a quanto la prospettiva di un’area di libero scambio di 650 milioni di individui farebbe bene ai nostri continenti; a quanto per poter fare tutto ciò sia indispensabile ridare nuovo slancio al Mercosur, in vista della costituzione di un mercato unico.
Integrarsi nel proprio ambito regionale e associarsi a livello biregionale devono essere due processi che si possono sviluppare armoniosamente e sinergicamente. L’approfondimento del Mercosur, sono certo, darà slancio e certezze ai negoziati con l’Unione Europea.
Una cosa è chiara. Che Europa e America Latina, nel mondo, devono assumersi insieme più responsabilità. Per questo hanno bisogno entrambe di diventare più forti ed efficaci. Brasile e Italia, in questo, stanno dando un esempio: voi nell’operazione di pace delle Nazioni Unite ad Haiti; noi in quella in Libano, missione onusiana ed europea insieme.
Ho dedicato molti anni alla costruzione di un’Europa forte. Un’Europa che è ora riunificata, con un mercato e una moneta unica; a perfezionare un modello di integrazione che possa servire anche al di fuori del continente europeo. A Berlino, ieri, abbiamo celebrato i 50 anni dell’integrazione e posto le premesse per il rilancio del processo costituzionale dopo gli anni della pausa di lutto e riflessione.
Ci siamo fissati un termine entro il quale definire le nuove regole – il 2009, anno delle prossime elezioni europee – e costruire un’Europa ancora più unita e funzionale.
Nel mio intervento ho evidenziato come in questi primi 50 anni l’Europa abbia lavorato essenzialmente al suo interno. Ma come nei prossimi 50 dovrà operare sempre più all’esterno dei propri confini.
Questa nuova Europa dovrà aprire le sue braccia all’America latina, impegnarsi ancora di più per il suo sviluppo economico, con uno spirito nuovo, ispirato da una solidarietà convinta.
E in questo, occorre che l’Europa faccia anche i conti con il proprio passato e le proprie responsabilità. Noi non siamo qui in nome dei nostri rispettivi nazionalismi, siamo qui nella consapevolezza di un destino comune, che ci consenta di guardare con serenità al futuro.
Il mondo, oggi più che mai, ha bisogno di tutte le forze attive, nessuna esclusa: Europa, Americhe, Africa, Nazioni Unite, cooperazioni Nord-Sud e Sud-Sud. Perché solo insieme si possono governare crisi complesse. E se la comunità internazionale è unita e persegue lo stesso obiettivo – se europei, americani, asiatici e africani lavorano insieme – allora la molteplicità di attori anziché uno svantaggio diventa uno strumento straordinario di governo del mondo.
Parlavo prima di integrazione, forse sarebbe più giusto chiamarla – nell’epoca della globalizzazione – “interdipendenza”: i singoli individui sono parte di movimenti di massa che chiedono alla politica cambiamenti ed azione. I leader politici realizzano che la distinzione tra politica interna ed estera è sempre più labile. Gli uomini di impresa sono parte della politica, non in senso di parte, ma come attori significativi nel dibattito globale. Soprattutto, ci sono gli Stati che hanno bisogno di confrontarsi, lavorare per giungere insieme per dare soluzioni alle sfide globali. Il metodo è il multilateralismo. Lo ripeto da sempre, lo sapete. Non vi è alternativa.
Se penso ai negoziati commerciali del Doha Round – un esempio calzante in un paese e con una platea come questa – ritengo che il senso della nostra “interdipendenza” debba guidarci per giungere ad una soluzione condivisa. Dobbiamo credere nelle istituzioni multilaterali. Brasile e Italia, America Latina ed Europa possono divenire un asse portante di questo sistema. Dipende solo da noi e dalla fiducia che abbiamo in noi stessi e nei nostri valori.
Ogni volta che penso all’America Latina il mio cuore palpita. Ma spesso, in passato, ai sussulti è seguita la delusione. Per uno slancio annunciato, ma mai realizzatosi pienamente.
Anche oggi – in questo paese che rappresenta l’anima latinoamericana – il mio cuore palpita. Ma questa volta sento che sarà la volta buona. Che l’America Latina, anche con il lavoro di tutti voi, adesso ce la può fare davvero”.

(Romano Prodi, Presidente del Consiglio)

 

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EmiNews 2007

 

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