3047 Ventisei miliardi di dollari dal Venezuela all’Italia

20070329 15:23:00 redazione-IT

A tanto ammontano gli appalti, già sottoscritti o in via di negoziazione, assegnati dal governo di Caracas alle imprese della penisola. Ne parliamo con l’ambasciatore Carante, che anticipa l’arrivo del sottosegretario Craxi e del pg antimafia Grasso

Enrico De Simone
(da la Voce d’Italia – Caracas)

CARACAS – Ventisei miliardi di dollari: a tanto ammontano gli appalti assegnati alle imprese italiane dal governo venezolano, tra contratti già conclusi e contratti in via
di definizione. Il dato è fornito dall’ambasciatore
d’Italia in Venezuela, Gerardo Carante, in un’intervista
concessa alla Voce d’Italia nel corso della quale viene annunciato l’imminente arrivo in Venezuela di due alti esponenti dello Stato italiano: il viceministro Vittorio Craxi, che da lunedì sarà impegnato in un tour nei Caraibi
per promuovere la candidatura di Milano come sede alla Expo 2015; e il pg antimafia Pietro Grasso, che firmerà “importanti accordi” di cooperazione nella lotta alla criminalità col governo venezolano.

Qual è lo stato delle attività
delle imprese italiane
in Venezuela?

– Da quanto abbiamo comunicato
ufficialmente a
Roma possiamo stimare i
contratti già firmati dalle
imprese italiane negli ultimi
due o tre anni sicuramente
superiori ai dieci
miliardi di dollari. Ci sono
poi 7-8 miliardi in contratti
‘disattivi’, cioé in via di
finalizzazione: sono pronti
ma non sono ancora stati
firmati. E abbiamo contratti
per altri 7-8 miliardi sui
quali già il presidente
Chávez si è pronunciato a
favore e che sono in via di
negoziato. Speriamo di poter
riprendere il negoziato
una volta che la situazione
politica si stabilizzi. Come
è noto, c’è una nuova squadra
di ministri, a cominciare
dal vicepresidente Jorge
Rodríguez, che si occupa
delle pratiche commerciali.
E’ cambiato anche il presidente
di Iafe (Instituto
autonomo de Ferrocarriles
del Estado, ndr), l’istituto
che si occupa delle ferrovie
con i cui funzionari le nostre
imprese devono contrattare.
Abbiamo di fronte
tutti uomini nuovi, tanti
nuovi ministri ognuno dei
quali ha portato con sé
nuovi funzionari; per di più
ci troviamo in una situazione
politica nella quale mi
pare ci sia, a differenza della
fine dell’anno scorso,
una maggiore attenzione
verso l’aspetto politico –
l’unificazione dell’opposizione,
l’unificazione dei
partiti di governo, la riforma
della Costituzione, le
leggi abilitanti -. Tutto questo
ha un po’ bloccato, secondo
me, la trattativa economica.
Ho avuto modo di
accennare la cosa anche al
vicepresidente Rodríguez,
il quale mi ha detto che sarà
suo compito riprendere,
appena possibile, il filo del
negoziato.
Quali sono gli appalti
andati alle ditte italiane?
-Fondamentalmente riguardano
il settore delle
infrastrutture. Innanzitutto
le ferrovie, su cui ci sono
contratti firmati, contratti
finalizzati ma ancora non
firmati, contratti in via di
negoziazione. Poi ci sono i
metrò. Le imprese italiane
stanno lavorando, o direttamente
o inquadrate in
consorzi, praticamente a
tutte le nuove linee del paese.
L’ultimo contratto firmato
è il raddoppio della
linea per Los Teques, che è
stata inaugurata solo pochi
mesi ‘one way’.
Siamo presenti nel settore
delle dighe, negli stati Amazonas-
Bolívar. Siamo
presenti nel settore dei porti,
con appalti per porti d’acque
profonde (a Maracaibo,
ndr). Il contratto è pronto,
non è ancora stato firmato,
c’è stato anche lì un cambiamento.
Il governo ha affidato
a un altro ente, Corpo
Zulia, la gestione della
materia. Il presidente di
Corpo Zulia mi ha assicurato
che è solo questione di
tempo. Poi ci sono i contratti
negli ospedali, e questi
sono stati finalizzati direttamente
dal vicepresidente.
Mi ha detto che in
questo campo le cose si rimetterranno
in moto appena
possibile. Fino a ora, comunque,
ci siamo aggiudicati il maggior pacchetto
d’appalti per Barrio
Adentro 4 (l’ultima fase di
sanità popolare, quella in
cui si attivano ospedali e
ambulatori, varata dal governo
Chávez – ndr), di cui
siamo il primo contractor.
E poi ci sono negoziati in
essere per tantissimi settori,
dalle joint venture per
autobus a gas alle forniture
in campo navale alle joint
venture nel settore dell’industria
pesante, dall’acciaio
all’alluminio.

Quali sono attualmente
le attività italiane in
Venezuela nel campo dell’energia?
– Snam progetti ha qui una
fabbrica di fertilizzanti,
l’Eni mantiene una grossa
concessione nel settore del
gas assegnata un anno fa e
ha la proprietà – assieme ad
altre società – di una concessione
petrolifera nell’oriente
del paese. Si tratta
di attività che restano importanti,
pur avendo perso
alla fine dell’anno scorso la
concessione del maggior
pozzo petrolifero del paese,
il pozzo Dacíon, che era
in grado di produrre 60-70
mila barili al giorno, con
punte di 90 mila barili al
giorno. Non è stato trovato
l’accordo, tra Eni e Pdvsa,
nel passaggio alla società
mista, perché la Pdvsa aveva
sottostimato, secondo
noi, il valore del pozzo. Eni
ha ritenuto di dover adire
a un arbitrato internazionale,
accolto presso un organismo
della Banca Mondiale,
e i negoziati si sono completamente
fermati perché
Pdvsa, a torto o ragione, ritiene
che con un arbitrato
di mezzo non abbia più
niente da discutere con
Eni. Eni, da parte sua, afferma
di essere pronta a riaprire
il negoziato, ma la
chiusura della controparte
mi fa pensare che il contenzioso
possa essere risolto
solo a livello politico, come
ritiene anche il ministro
Ramírez. A livello tecnico,
ormai, resta solo la via dell’arbitrato,
che darà il suo
responso all’inizio di maggio.
Eni ha naturalmente
tutte le ragioni, perché
Pdvsa aveva sottoscritto un
contratto, un contratto da
rispettare.

Quali sono a suo avviso i
settori nei quali, in prospettiva,
il sistema Italia
dovrebbe insistere per
entrare ancor di più un
Venezuela?

– L’industria pesante: è l’unico
settore importante dove
il Venezuela ha quello che
si definisce ‘vantaggio
comparato’ rispetto ai paesi
potenziali concorrenti.
Qui il prezzo dell’energia è
bassissimo e sarà sempre
più basso, perché la produzione
di energia aumenterà
anche col potenziamento
del settore idroelettrico.
Questo è vero soprattutto
nell’oriente, nello stato Bolívar,
dove le industrie italiane
risultano particolarmente
avvantaggiate dalla
presenza di una folta comunità
italo-venezolana. Il
Venezuela ha poi quantità
incredibili di ferro e carbone,
non in miniere – come
si sente purtroppo in questi
giorni in Russia – che si
addentrano per centinaia di
metri nel terreno, ma in superficie:
i costi di estrazione
sarebbero stracciati. Ha
risorse umane a prezzi ovviamente
non comparabili
a quelli dei paesi sviluppati,
e anche a quelli dei grandi
paesi dell’Asia. Di conseguenza,
è questo, secondo
me, il settore dove investire.
E si comincia a vedere,
si cominciano a vedere
imprese italiane interessate
oltre ad imprese italiane
che agiscono qua già da parecchio
tempo, come la
Danieli. Questo è un settore
in cui l’Italia può fare
ben di più. Ricordiamoci
che furono gli italiani ad
inventarsi Puerto Ordaz, e
a costruire la più grande
acciaieria che esiste in
Venezuela; e che una famiglia
italo-argentina, i Rocca,
è proprietaria della
Sidor, la più grande impresa
siderurgica del paese.

Altri paesi hanno iniziato
a sfruttare queste opportunità,
magari sopravanzando
l’iniziativa italiana?

– Naturalmente tanti paesi
sono interessati, ma relativamente
allo stato Bolívar,
l’Italia ha il grande vantaggio
che Puerto Ordaz è praticamente
una comunità
italiana, sono loro che sono
arrivati per primi portando
l’Innocenti e le acciaierie.
E poi c’è una particolare
predisposizione del
presidente Chávez verso
l’Italia, decisamente migliore,
debbo dire, che rispetto
a tanti altri paesi europei.
Certamente Italia e
Spagna sono, e lo si vede,
le grandi beneficiate nel
campo delle opere pubbliche
pagate dal governo.
In generale, qui l’industria
è in gran parte da sviluppare.
Il Venezuela vende materie
prime, manca il passaggio
al lavorato e al semilavorato.
O meglio, si fa ma
si fa poco. Sviluppare l’industria
è proprio quello che
vogliono fare le autorità.
L’istituto delle imprese di
Stato, il Conipa, si occupa
proprio della trasformazione
delle materie prime da
parte dell’industria pesante;
il suo presidente, tra l’altro,
è un italo-venezolano
di origini venete, Carlos
Valter Bettiol, già viceministro
degli Interni. E’ una
persona capace e assolutamente
felicissima di fare
affari… naturalmente con
tutti, e in particolar modo
con gli italiani.

Sono in programma visite
ufficiali Italia-Venezuela?

– Sì. Lunedì arriva a Caracas
il sottosegretario agli Esteri
Vittorio Craxi. Sempre
lunedì arriva una persona
molto importante, il procuratore
generale antimafia
Pietro Grasso; si fermerà tre
giorni, nel corso dei quali
firmerà con il fiscal general
Isaias Rodríguez un accordo
di cooperazione contro
il crimine organizzato. Il
viceministro Craxi si fermerà
un giorno a Caracas,
poi partirà per un giro dei
paesi caraibici. Scopo della
visita, promuovere la candidatura
di Milano come
sede dell’esposizione mondiale
del 2015. Di questo
parlerà Craxi con il vicecanciller
suo omologo qui a
Caracas e con i governi
caraibici, si tratta in tutto
di 15 voti (14 paesi del Caricom
più Venezuela, ndr)
in seno all’Ufficio delle fiere
internazionali, organismo
dell’Onu con sede a
Parigi.

Qual è la situazione della
cooperazione italiana
in Venezuela?

– Col Venezuela non c’è cooperazione,
perché questo
paese ha un Pil pro-capite
di 5.500 dollari. Tuttavia
qui operano quattro Ong
italiane, i cui progetti – tutti
a carattere umanitario,
quali aiuti ai bambini abbandonati
o affetti da Aids
o sessualmente sfruttati –
sono finanziati dal Mae.
Oltre a questo, eravamo arrivati
a conclusione di un
accordo del valore di 10
milioni di dollari per la ricostruzione
dei laboratori
dell’Università Simón
Bolívar; però il penultimo
ministro dell’Istruzione superiore
non ha ritenuto di
utilizzare questo denaro,
per motivi poco chiari.
Adesso è arrivato un nuovo
ministro, ho proposto di
riprendere in mano il discorso
e vediamo cosa ci
dirà lui. Ho l’impressione
che non fossero interessati
a sviluppare l’USB, però l’accordo
generale era stato fatto
in un certo modo e non
si può cambiare. Non è che
si possono prendere quei
dieci milioni di dollari
messi insieme per i laboratori
dell’USB e farci qualcos’altro,
che so, viviendas
nel Mato Grosso. I progetti
di cooperazione sono specifici,
i fondi vanno utilizzati
per ciò per cui sono stati
concessi. Dobbiamo ringraziare
queste Ong, che
lavorano qui e che sono
l’unico aspetto concreto
della cooperazione italiana
in Venezuela.

Ditte e appalti
Il dettaglio su appalti e imprese
italiane impegnate in
Venezuela è fornito dal
consigliere Nicola De Santis,
addetto commerciale
dell’ambasciata italiana a
Caracas.
Ferrovie: le ditte italiane
che operano nel settore
ferroviario sono Astaldi,
Ghella e Impregilo, unite
nel consorzio “GEI – Grupo
Empresas Italianas”. Si
sono aggiudicate la tratta
Caracas-Puerto Cabello,
lunga poco più di 200 km.
I primi 50 km di questa tratta,
la Caracas-Cua, sono
stati inaugurati in pompa
magna da Chávez pochi
giorni prima delle elezioni.
Adesso resta da completare
la tratta Cua-Encrucijada,
denominata “Ezequiel Zamora”:
si prevede che sarà
ultimata per il.
LA GEI si è aggiudicata altri
due appalti, lungo la direttrice
Nord-Sud del paese:
quelli per le tratte San Juan
de Los Morros-San Fernando
de Apure e Chaguaramas-
Cabruta. Tutte queste opere
si inquadrano nel piano generale
per le ferrovie, che
punta a dare al Venezuela
entro il 2030 una rete ferroviaria
ragionevolmente estesa.
“Si tratta di appalti molto
ricchi – precisa De Santis –
ma diluiti in diversi anni”,
però “con importanti possibilità
di crescita”: sia per la
possibilità di aggiudicarsi altre
tratte, sia per l’assistenza
da fornire sulle tratte esistenti.
Metropolitane: in questo
campo opera la ditta Coe-
Clerici, con sede in Venezuela,
di proprietà della famiglia
italo-venezolana Clerici.
Dighe: l’Impregilo è in consorzio
con la brasiliana Odebrecht
nella costruzione
della diga di Tocoma, un appalto
del valore di circa un
miliardo di dollari.
Sanità: appalti già assegnati
a ditte italiane – la GEI più la
fiorentina Inso – per la costruzione
di due banche del
sangue e due ospedali. I venezolani,
spiega De Santis,
chiedono ospedali “chiavi in
mano”, vale a dire che alla
consegna devono già essere
dotati di apparecchiature
mediche e personale. Quest’ultimo
punto è il più delicato:
in Venezuela c’è scarsità
di personale medico, soprattutto
nel settore pubblico,
dove i salari sono molto
bassi (in media, un milione
e mezzo di bolivares, al cambio
ufficiale 700 dollari). In
ogni caso l’Italia si offre di
collaborare alla formazione
di personale; in questo senso,
ci sono diversi accordi in
fase di discussione.
Trasporti: “C’è un interessamento
delle aziende italiane”,
in particolare della Iveco,
a collaborare al “piano di
trasporto pubblico” annunciato
dal governo venezolano,
che prevede di sostituire
i mezzi esistenti con
mezzi a gas non inquinanti.
Un progetto ambizioso,
che avrà bisogno di migliaia
di nuovi autobus ecologici,
“campo in cui l’Italia è
all’avanguardia”. Diversi
mesi fa, Chávez, con parole
entusiaste, prospettò
l’idea di costruire teleferiche
di trasporto pubblico,
ad esempio dai barrios di
Caracas: si risolverebbe a
“costi sostenibili”, spiega
De Santis, il problema di dotare
di mezzi di trasporto
una popolazione che vive
in schiere di case tanto fitte
da rendere praticamente
impossibile trovare lo spazio
per una strada, in zone
spesso dalle pendenze pronunciatissime
(si pensi a
Carapita, o a Petare). Un
campo, quello delle teleferiche,
in cui l’Italia è fortissima;
ma su questo punto,
al momento – sottolinea De
Santis – non c’è nulla di
concreto. EDS

Espropriazioni
Una precisazione dell’ambasciatore
Carante in merito alle cinque torri di proprietà
italo-venezolana espropriate a
Caracas con un decreto del consiglio comunale:
“Stiamo operando con l’alcalde mayor
Barreto per cercare un’intesa con le compagnie
italovenezolane che hanno avuto
degli edifici espropriati. Il sindaco ha istituito
una commissione incaricata di cercare
questa intesa, starà alle imprese valutare
se le offerte che presenterà l’amministra-
zione comunale siano vantaggiose oppure
no, e se ricorrere o meno alle vie legali.
Altri problemi specifici nel settore economico
non ne vedo. Col governo credo che
l’unico contenzioso che non abbiamo risolto
è proprio quello dell’Eni. Però, anche
qui, il governo di Caracas ci ha assicurato
di essere disponibile a discutere la questione
a livello politico; sta all’Eni decidere cosa
più le convenga, se una soluzione di questo
genere o procedere sul piano legale”.
EDS

www.voce.com.ve

 

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EmiNews 2007

 

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